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Il vino senza alcol: eresia o rivoluzione?

3 minuti di lettura

VACCARIZZO ALBANESE — Il vino senza alcol è una moda effimera o una geniale intuizione? Il seminario tenutosi a Cosenza, promosso dall'Arsac, ha messo al centro del dibattito questa nuova frontiera dell’enologia. Con produttori, sommelier, ristoratori e tecnici del settore riuniti, la discussione ha toccato tasti sensibili: qualità, mercato e tradizione.

Un mercato in espansione e una normativa in movimento
Negli ultimi anni, il consumo di bevande a basso contenuto alcolico è esploso, trainato da nuove sensibilità salutistiche e regolamenti più permissivi. L’Unione Europea ha ufficializzato la categoria dei vini dealcolati, prodotti con una gradazione inferiore allo 0,5% o ridotti di almeno il 20% rispetto all’originale.

Paesi come Stati Uniti e Spagna investono già pesantemente in questo settore, mentre in Italia il decreto ministeriale del dicembre 2024 ha finalmente regolamentato la produzione, aprendo nuove opportunità per i produttori nazionali.

Flavia Caligiuri, Direttore Generale dell'Arsac ha rinnovato il suo apprezzamento a tutti coloro che stanno investendo nel comparto del vino, sottolineando l'impegno costante a fianco del Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria in questo settore. 

«Abbiamo alle porte tante iniziative: ci rivedremo ad aprile a Verona, poi riconfermiamo Vinitaly, a Sibari ci sarà il Merano Wine Festival e a Cirò. Voglio ringraziare i professionisti del vino e i produttori presenti a questo Seminario per la loro apertura nell’affrontare una tematica che potrebbe sembrare urticante per chi produce vino, ma nello stesso tempo potrebbe ampliare l’orizzonte su nuove sfide ed opportunità».

Gennaro Convertini, presidente dell’Enoteca Regionale e promotore del seminario, ha invitato ad un approccio pragmatico: «È essenziale conoscere lo scenario attuale senza preconcetti. Non dobbiamo affrontare il fenomeno con l’atteggiamento da Bastian contrario, ma da osservatori attenti d’un mondo in continua evoluzione. Questo cambiamento non riguarda solo la Calabria o l'Italia, ma ha una portata globale. Sarà solo una bolla di sapone? O diventerà un prodotto con cui dovremo confrontarci sempre più spesso? La risposta arriverà solo col tempo».

La sfida della qualità: tecnologia e gusto
Ma come si ottiene un vino dealcolato senza snaturarne il carattere? Il punto critico è la perdita di struttura e aroma con l’eliminazione dell’alcol. Marco Tebaldi ha illustrato le tecnologie disponibili: la distillazione sottovuoto, che permette di evaporare l’alcol a basse temperature preservando gli aromi; la più sofisticata distillazione a coni rotanti, che prima cattura gli aromi e poi li reintroduce; e infine l’osmosi inversa, che filtra selettivamente l’alcol.

«Negli anni ‘90 volevamo vini strutturati e alcolici. Oggi facciamo il contrario. Il mercato cambia, e la tecnologia si adegua», ha osservato Tebaldi.

Tiziana Lisanti ha offerto una prospettiva storica e sensoriale: «A Barletta, terra di vini da taglio, il prezzo del vino è sempre stato proporzionale al grado alcolico. Ma il consumatore si evolve mentre il riscaldamento globale fa alzare naturalmente il grado alcolico medio. La dealcolazione diventa quindi anche una risposta a un cambiamento climatico». Secondo le sue ricerche, una riduzione dell’alcol entro il 20% è spesso impercettibile per i consumatori. Oltre questa soglia, emergono squilibri gustativi, compensati spesso con aggiunta di dolcezza.

Vino dealcolato: opportunità o ripiego?
Giuliano Boni ha posto una questione economica rilevante: «Nel mondo, milioni di persone non bevono alcolici. Per loro, il vino non è una bevanda "normale". Se a questo aggiungiamo che ogni anno restano invenduti circa 30 milioni di ettolitri di vino, ci chiediamo: che farne? In Francia si estirpano vigneti, ma la maggioranza distilla, creando ulteriore alcol che deve essere venduto da qualche parte. E se invece provassimo a trasformare l’eccedenza in una nuova bevanda?».

Ma chi sono i veri destinatari dei vini dealcolati? «Non certo i puristi del vino che si accapigliano sulle differenze tra la collina X e la collina Y» ha aggiunto Boni. «Il target sono i non consumatori di alcol: chi beve Coca-Cola, succhi di frutta e soft drink. Se troviamo il pubblico giusto, il mercato può decollare».

Il futuro del vino: una questione d’Identità
Il vino senza alcol è una rivoluzione o un tradimento? Il dibattito non è solo tecnico e normativo, ma anche culturale. Da un lato, risponde alla richiesta di consumi più responsabili. Dall’altro, solleva interrogativi sul valore identitario del vino.

Da sacerdote, sollevo una questione per stimolare ulteriormente la riflessione: è possibile utilizzare vini dealcolati per la celebrazione della Messa? Uno dei primi miracoli di Cristo è stato proprio trasformare l’acqua in vino. In attesa che la Chiesa si pronunci, è importante ricordare che il vino è un prodotto culturale e non puramente naturale: senza l’intervento dell’uomo non avremmo il vino. La gradazione alcolica, inoltre, non è esplicitamente normata dalla disciplina dei sacramenti. La condizione di vino genuino potrebbe essere soddisfatta anche da un vino con gradazione alcolica inferiore, ma la questione resta aperta, sollevando interrogativi sul giusto equilibrio tra fede, tradizione e le necessità pastorali di oggi. 

Con l’Italia pronta a livello normativo a entrare in questo nuovo mercato, la sfida sarà mantenere un equilibrio tra innovazione e tradizione. Ma forse il futuro del vino non dipende solo dalla sua gradazione alcolica, quanto dalla sua capacità di raccontare una storia. Di territorio, di cultura e – perché no – anche di fede.
 

Elia Hagi
Autore: Elia Hagi

Studia a Roma filosofia e teologia e comunicazioni sociali e oggi svolge a Vaccarizzo Albanese il suo ministero sacerdotale. Diventato sommelier, segue con passione la rinascita del vino calabrese con un particolare interesse rivolto ai vini identitari Arbëreshë.