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Il Feudo di Scala Coeli, borgo dell'antica Calabria Citra

3 minuti di lettura

Ai confini tra le provincie di Crotone e Cosenza, a Sud-Est del territorio del Basso Jonio Cosentino, dell’antica Calabria Citra, messo al riparo sopra un aspro sperone che si affaccia sull’argine sinistro del fiume Nicà, ad un’altitudine di 370 m sul livello del mare troviamo il borgo di Scala Coeli. 

La sua popolazione, nell’arco del XVI secolo, secondo le informazioni reperite, passò dai 175 Fuochi (875 ab.) del 1532, ai 212 (1.060 ab) del 1545, ai 215 (1.075) del 1561, ai 258 (1.290 ab.) del 1595. Alla metà del XVII secolo i Fuochi registrati nel 1648 erano 293 (1.465 ab.), mentre nella seconda metà del secolo si ebbe una drastica caduta e questi passarono nel 1669 a 112 (560 ab.). Altri dati parziali sulla popolazione riferiscono che alla fine del Settecento la popolazione era costituita da 1.300 unità, nel 1815 questi erano 1.670, nel 1825 (2.061) e nel 1849 (2.032). (Cfr. GIUSTINIANI, Tomo VIII, p. 355).      

Imprecise, inoltre, risultano le conoscenze storiche e letterarie circa le sue origini, anche se alcuni storici tra cui Gustavo Valente non escludono che nel suo territorio possano esserci stati stanziamenti umani di età preistorica. 

Conclusa la dominazione bizantina Scala Coeli come tutti i paesi del circondario subì il controllo dell’autorità normanna e intorno alla metà del XIII secolo (1250) come Casale si trova ad essere dipendente della Contea di Cariati della quale nel tempo ne accompagna anche le numerose vicende feudali sin quasi la fine del XVII secolo. Pertanto, per i dovuti approfondimenti è possibile anche consultare quanto già pubblicato relativo al Feudo-Contea di Cariati.   

Nel 1407 la Regina Giovanna 2a, con privilegio del 7 maggio, riconobbe a Polissena Ruffo, rimasta vedova di Giacomo de Mailly, Grande Siniscalco, la delega, quale feudatario, dell’esercizio dei poteri assoluti nell’amministrazione della giustizia (mero e misto imperio) su alcuni paesi e terre fra cui, appunto, Scala Coeli. Terra che dopo la morte di Polissena, de jure, insieme al vasto patrimonio feudale, passò alla sorella Covella e poi al figlio Marino Marzano.  

Durante il regno di re Alfonso alcuni sui militi, come riconoscimento ricevettero alcune concessioni. Fra questi si vuole ricordare il rossanese Antonello Interzati al quale venne dato (Cfr. GRADILONE, nota 13, p. 307) il Feudo di Pipino nel territorio di Scala Coeli, Feudo sul quale qualche anno più tardi nel 1485 otteneva l’investitura Aquilante Interzati, figlio di Antonello. (Cfr. GRADILONE, p. 316). 

Con l’arrivo di re Ferdinando, conosciuto come Ferrante I, sul Regno di Napoli, nel 1487 buona parte delle Terre facenti parte del Principato di Rossano tra cui la Contea di Cariati, della quale facevano parte Scala Coeli e Terravecchia furono confiscate a Marino Marzano, principe di Rossano, per le note vicende della Congiura dei Baroni. Attraverso una nota del Gradilone, il quale fa riferimento al Maone, si riescono in qualche modo a ricostruire le vicende feudali di Scala Coeli. In relazione così viene ricondotto: «Il Maone (op. cit.) elenca i rapidi trapassi della contea prima (1479) a Geronimo Riario, nipote del papa Sisto IV, poi (1482) a Girolamo Sanseverino, e successivamente (1486) a Francesco Coppola, che ne avrebbe preso il possesso, tramite il tesoriere di Calabria, Vinceslao Campitelli. Ma anche il Coppola ne fu privato per avere preso parte alla seconda Congiura dei Baroni, per cui, nel 1497, la contea da re Federico fu concessa a Goffredo Borgia d’Aragona, e nel 1505, venne ad impinguare il già forte stato del principe Giambattista Spinelli, che comprendeva le terre di Verzino, Savelli, Scala, Campana, Bocchigliero, ecc. Questo Stato fu molto tempo dopo frazionato, e difatti nel 1668 Carlo Antonio Spinelli vendette Savelli e Verzino a Leonardo Cortese, e nel 1678, Scala a Maurizio Cassinelli, e Campana e Bocchigliero ad Alessandro Labonia, i cui eredi rivendettero le due terre ai principi Sambiase, conservandone tuttavia il titolo di barone»1. 

Il Cassinelli lo amministrò per circa un secolo, per la precisione sino al 1754, anno in cui passò poi ai Vitilio per successione femminile che lo governarono fino al 1768. Successivamente, tali possedimenti furono acquistati dai Parisano Bonanno, che ne detennero la feudalità fino all’emanazione delle leggi sulla eversione. 

Nel corso del periodo feudale un certo Annibale Pismataro del luogo, insieme ad altri del territorio del rossanese fu insignito dal re del titolo di Guardia d’Onore. (Cfr. GRADILONE, nota 22, p. 705). 

Con l’inizio del decennio e la riforma amministrativa avviata dai Francesi tramite i decreti 8 agosto e 8 dicembre 1806, il Distretto di Rossano per effetto della legge 4 marzo 1807 venne a comprendere Scala e Terravecchia. A seguito quindi della riorganizzazione dei Comuni, nel 1807 Scala Coeli come Comune viene assegnato alle competenze del Governo di Cariati e qualche anno dopo, nel 1816, ingloba nella sua giurisdizione amministrativa la frazione di San Morello.     
     
BIBLIOGRAFIA
  A. GRADILONE, Storia di Rossano, [Nota (36) p. 324], Editrice MIT, Cosenza 1967.
Consulta anche 
Franco Emilio CARLINO, La Sila Greca Tra Storia e Feudalità. I Feudi del suo territorio, conSenso publishing, Rossano 2023.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica