Il Feudo di Crosia, dal dominio dei Mandatoriccio ai Sambiase
In questa seconda parte del nostro viaggio dedicato a Crosia, scopriremo anche dei dettagli su quello che è sempre stato considerato il “Castello di Mirto”, realizzato da Giovan Michele Mandatoriccio all’inizio del 1600
Abbiamo conosciuto l'inizio della storia che riguarda uno dei Feudi più forti, desiderati e contesi, del Regno di Napoli (per approfondire leggi "Il Feudo di Crosia, dai Ruffo al Ducato dei Mandatoriccio". Ora ecco di seguito la seconda parte.
Dopo il dominio di Maria d’Aragona subentrarono i Mandatoriccio, che come riferito nel 1593 alienò Crosia in favore del rossanese Giovan Michele Mandatoriccio per 20.650 ducati. Fu il 1° barone di Crosia e amministrò il Feudo dal 1593 al 1622. Giovan Michele, figlio di Nicola agente feudale dei domini della Sibaritide di Maria d’Aragona, abile mercante, gestore del Fondaco di Sant’Angelo a Rossano, in aggiunta, qualche anno dopo (1596), comprava da Laudomia Grisara il fondo Mirto. Si unì in matrimonio con Vittoria Toscano dalla quale ebbe tre figli: Francesco, Teodoro Dionigi e Ottavio. Quest’ultimo diede origine ad una breve linea Mandatoriccio con il possesso della Baronia di Felline ed Alliste in Terra d’Otranto.
Alla morte di Giovan Michele sugli estesi possedimenti feudali gli subentrò il figlio Francesco Mandatoriccio nato nel 1594. Fu il 2° barone di Crosia (1622-1624). Nel 1615, Francesco sposò Giulia Valcarel dalla quale non ebbe prole. Morì giovanissimo, all’età di trent’anni, il 10 febbraio 1624, per una accidentale caduta da cavallo. La significatoria di relevio per la morte del padre relativa il vasto territorio comprendente anche Caloveto, Calopezzati e Pietrapaola con le rispettive giurisdizioni arrivò dopo la sua morte il 30 maggio 1624. Poiché non aveva figli, a subentrargli fu il fratello Teodoro Dionigi Mandatoriccio, col titolo di 3° barone di Crosia, nato nel 1595. Teodoro ebbe significatoria di relevio il 13 febbraio 1625, con la registrazione delle varie terre Crosia, Calopezzati, Caloveto e Pietrapaola che furono riportate per intestazione nel Cedolario della Calabria Citra, volume 73, f. 29t.
Con privilegio dato in Madrid il 18 maggio 1625, da parte di re Filippo IV, a Teodoro, venne concesso per sé e la sua famiglia di godere del titolo di duca. Fu il 1° duca di Crosia e il suo dominio durò ben ventisei anni dal 1625 al 1651. Nel corso della sua amministrazione, nel territorio di Pietrapaola costruì un Casale con relativo castello al quale diede il suo nome: Mandatoriccio. Come ci tramanda il De Lellis, sposò Giovanna Frezza, figlia di Andrea, cavaliere napolitano, dalla quale ebbe due figli: Francesco e Vittoria di cui non si conosce la data di nascita. Non esistono documenti al riguardo, ma verosimilmente, Teodoro, in seconde nozze o da una relazione extraconiugale con Isabella Cotrona ebbe altri due figli: Ippolita e Lucrezia. Figlie che vennero legittimate come risulta dal loro cognome. La prima Ippolita Mandatoriccio sposò Giacinto Palopoli e la seconda Lucrezia Mandatoriccio si unì in matrimonio con Domenico Teutonico.
Morto Teodoro, il 25 aprile 1651, nel vasto territorio feudale delle cinque terre, come in seguito definito dallo stesso Francesco, suo figlio, comprensivo dei Feudi di Crosia, Calopezzati Caloveto, Pietrapaola e Mandatoriccio, gli successe il figlio Francesco Mandatoriccio, col titolo di 2° duca di Crosia, (1651-1676). Questi si unì in matrimonio con Caterina Rocco da Cosenza dalla quale non ebbe prole. Dopo venticinque anni di regno morì in Calopezzati il 19 gennaio 1676.
Alla sua morte dopo una lunga e spinosa controversia per via dell’eredità gli successe la sorella Vittoria Mandatoriccio159, con il titolo di 3ª duchessa di Crosia, che dominò il Ducato per ben venti anni (1676-1696). Significatoria di relevio per il corposo e vasto patrimonio feudale intestato a Francesco suo fratello pervenne a Vittoria il 10 luglio 1677 come si evince dal Registro Significatorie 77, f. 29t. e dalla conseguente intestazione del 24 novembre 1679 presente nel Cedolario74, f. 465t. dal quale si ricava anche che Francesco suo fratello era succeduto al padre Teodoro. Nel 1666, Vittoria si unì in matrimonio con Ruggero Sambiase, patrizio cosentino, figlio di Scipione, con il quale generò molti figli. Nel 1696, in Calopezzati, moriva Vittoria Mandatoriccio, 3a duchessa di Crosia e per successione femminile i possedimenti della sua famiglia passarono ai Sambiase.
Bartolo Sambiase primogenito, figlio di Vittoria Mandatoriccio e Giuseppe Ruggero Sambiase fu il 4° duca di Crosia ed anche 1° principe di Campana, (1696-1705). La significatoria di relevio per il Ducato di Crosia gli pervenne il 30 giugno 1698 e si intestò il tutto il 18 settembre dello stesso anno, come risulta dal Cedolario 5, f. 48t. Informazioni più accurate sul ramo Sambiase è possibile reperirle sui paragrafi dedicati ai Feudi di Campana, Calopezzati, Bocchigliero.
Successivamente, nell’ordine, a Bartolo Sambiase, senza prole, successe il fratello Felice Nicola Sambiase, 5° duca di Crosia e 2° principe di Campana, (1705-1724), Giuseppe Domenico Sambiase, 6° duca di Crosia e 3° principe di Campana, (1724.1776), Vincenzo Sambiase, 7° duca di Crosia e 4° principe di Campana, (1777-1784), Giuseppe Maria Sambiase, 8° duca di Crosia e 5° principe di Campana, (1784-1797), Ferdinando Sambiase, 9° duca di Crosia e 6° principe di Campana (1797). Ferdinando Sambiase, in realtà, fu l’ultimo feudatario di Crosia, senza però intitolarsi il Feudo, danneggiato dai provvedimenti legislativi resi operativi tra il 1806-1808, con i quali il re di Napoli Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, soppresse la feudalità nel Regno di Napoli. A lui, per legge, successe la sorella Giustina Sambiase che divenne 10ª duchessa di Crosia, 7ª principessa di Campana, contessa di Bocchigliero (1797-1833). Quest’ultima, nel 1795, si unì in matrimonio con il duca di Fiano, Marco Boncompagni Ottoboni, pertanto, alla sua morte il titolo per successione materna passò nelle mani del figlio Alessandro Boncompagni Ottoboni, 11° duca di Crosia e 8° principe di Campana, al quale successe poi il figlio Marco Boncompagni Ottoboni come 12° duca di Crosia e 9° principe di Campana. Quest’ultimo, Senatore del Regno, sposò Giulia Boncompagni dalla quale ebbe due figlie: Costanza Boncompagni e Luisa M. Boncompagni. Costanza sposò in prime nozze Mario Ruspoli dalla cui unione nacque il figlio Augusto Ruspoli che divenne 13° duca di Crosia e 10° principe di Campana. Alla morte del marito, Mario Ruspoli, Costanza si risposò con Alessandro Cittadella Vigodarzere dal cui matrimonio venne alla luce Andrea Cittadella Vigodarzere. Morto il primo figlio di Costanza, Augusto Ruspoli, il titolo passò ad Andrea Cittadella Vigodarzere, 14° duca di Crosia e 11° principe di Campana.
In seguito il titolo passò al figlio di questi Alessandro Cittadella Vigodarzere, nato dall’unione con Elisabetta Poli, che divenne così il 15° duca di Crosia e 12° principe di Campana. Questi ultimi tre conservarono oltre al titolo di principe di Campana anche quello di duca di Crosia e di barone di Caloveto, Calopezzati, Mandatoriccio e Pietrapaola. Intestazione che non venne riconosciuta, invece, al fratello di Alessandro, Giorgio Vigodarzere, secondo genito di Andrea Vigodarzere ed Elisabetta Poli.
Sul litorale jonico le vicissitudini che riguardarono gli Spinelli, delle quali si è dato conto nell'articolo dedicato al Feudo di Cariati, determinarono le premesse della fortuna dei Sambiase di Campana, ormai imparentati con i Mandatoriccio, per via del matrimonio di Giuseppe Ruggero con Vittoria Mandatoriccio, duchessa di Crosia e al cui patrimonio si andarono ad aggiungere le Terre di Campana e Bocchigliero acquistate dal barone rossanese Alessandro Labonia. In seguito, al già vasto patrimonio dettato dal Ducato di Crosia e dalle terre suddette, si aggiunsero anche solo sotto il profilo amministrativo e quindi senza intestazione, le terre di Cariati e Terravecchia. Tale situazione rimase immutata fino al 1806 ossia fino all’entrata in vigore delle leggi eversive sulla feudalità.
Ritorno stringatamente su quello che oggi è considerato il moderno sito della frequentatissima frazione di Mirto al quale si deve il più elevato sviluppo urbanistico degli ultimi decenni oltre a quello demografico che secondo le ultime rilevazioni supererebbe le 10.000 unità, ancora oggi consistente e interessante centro di richiamo turistico, economico e finanziario del Basso Jonio Cosentino, se non altro per evidenziare la sua importanza anche al tempo di Giovan Michele Mandatoriccio, quando questi lo comprò come fondo alla fine del XVI secolo, da Laudonia Grisara, trasformandolo, se così si può considerare, nel centro direzionale della Baronia dei Mandatoriccio e successivamente del loro vastissimo Ducato. Un fondo, quello di Mirto, sul quale poi sorgerà l’articolato e robusto complesso architettonico della fattoria fortificata contenente l’azienda rurale, in ogni tempo considerata come il “Castello di Mirto”, realizzata da Giovan Michele Mandatoriccio all’inizio del 1600 allora barone feudatario e adoperata anche come residenza temporanea soprattutto nel corso della stagione estiva, struttura che successivamente passò nei possedimenti dei Sambiase, ed in ultimo, insieme a gran parte del Feudo a Carlo Messanelli della nobile Casa Normanni.
Il Castello come per molti è conosciuto, per alcuni è ritenuta una costruzione ricavata sul basamento di un precedente costrutto normanno. La sua edificazione, molto complessa per il numero e la pluralità degli ambienti predisposti (trappeto, cantine, depositi vari, ricoveri per animali, scuderie, locali per le maestranze), è da individuare fondamentalmente in quelle che erano le necessità degli estesi territori coltivati, presenti nei possedimenti feudali delle cinque terre e alle quali si faceva fronte con una molteplicità di mansioni e attività per la lavorazione e la conservazione dei diversi prodotti come olio, vino, cereali. Al riguardo si vuole far notare che la maggior parte della terra, come voleva l’antichissima tradizione mediterranea era predisposta per la coltivazione dell’olivo da cui si ricavava una enorme quantità di olio e dei cereali da avviare nei mercati del Regno per la commercializzazione.
Bibliografia
4 Cfr. F.E. CARLINO, I Toscano. Patrizi rossanesi. Storia, genealogia e feudalità, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2020.
5 M. FALANGA, La nobile famiglia Mandatoriccio di Rossano, estratto da Calabria nobilissima, Periodico di Arte, Storia e Letteratura calabrese, Anno XXXVIII (1986), N. 84-85, Edito 1989, p. 98; Calopezzati. Memorie storiche e documenti, Bari 1986.
6 F. E. CARLINO, Mandatoriccio, storia, costumi e tradizioni, Ferrari Editore, Rossano 2010; F. E. CARLINO, Trame di continuità, La Calabria e lo Jonio cosentino sino alla nascita del Casale di Mandatoriccio, Ferrari Editore, Rossano 2013; F. E. CARLINO, Mandatoriccio. Storia di un Feudo. Dal nobile Casato dei Mandatoriccio di Rossano alla blasonata famiglia dei Sambiase di Cosenza. Dai Toscano-Mandatoriccio fino all’Unità d’Italia, Imago Artis, Rossano 2016; F. E. CARLINO, Mandatoriccio. Il Feudo dell’Arso e la Torre Stellata, L. Pellegrini, Cosenza 2022.
Cfr. Franco Emilio CARLINO, La Sila Greca. Tra Storia e Feudalità, conSenso Publishing, Rossano 2024.