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Francesco Gurgo, il duca di Castelmenardo che visse a Rossano. Un uomo straordinario del nostro tempo

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CORIGLIANO-ROSSANO - Per cogliere sempre le diverse positività e le motivazioni che caratterizzano la vita di ognuno di noi e quanto importanti risultano essere le persone che nel tempo hanno influenzato la successione di fatti aventi tra loro un nesso più o meno profondo circa la propria formazione e la propria affermazione credo sia necessario andare, con la memoria, molto indietro nel tempo. 

Per quanto mi riguarda, a parte la famiglia, molti sono stati i miei punti di riferimento e fra questi certamente in primo piano affiora la figura dell’Ingegnere Francesco Gurgo, che ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare. Mio ex professore di Elettrotecnica all’Istituto Tecnico Industriale Statale di Rossano, negli anni ’60, allora Sezione staccata di Cosenza, di Lui mi porto dietro un indelebile ricordo non solo della sua completa preparazione ricca di conoscenze, competenze, esperienza e professionalità, ma soprattutto il suo garbo, la gentilezza e il comportamento sempre accompagnato o motivato da propositi virtuosi, elementi che hanno inciso profondamente nella mia maturazione. Processo, che ebbi la fortuna di consolidare con Lui anche con l'inizio della mia formazione di Docente. 

Era il 1969 e mi ero appena diplomato all'ITIS di Rossano conseguendo il titolo di Perito Industriale per la Meccanica. In me vi era tanta voglia di lavorare per cui molte furono le domande per un’assunzione nel settore industriale, più consono al mio titolo di studio, oltre che alle mie aspirazioni. Purtroppo, le assunzioni tardavano ad arrivare in quanto proprio in quegli anni l'industria iniziò a subire i primi contraccolpi di una crisi energetica e di sviluppo che si consolidò con l’andare avanti nel tempo. Tuttavia non mancarono le occasioni per entrare nel mondo del lavoro, poiché frattanto si spalancarono le porte per partecipare ad un Concorso di Abilitazione e a un successivo Concorso a Cattedra nella Scuola, per l'insegnamento di Educazione Tecnica nella Scuola Media, allora Applicazioni Tecniche Maschili, che superai ambedue brillantemente, con il massimo dei voti. 

Entrare nella scuola, allora, era molto più selettivo e la preparazione scolastica non era sufficiente a garantire alcuni spazi occupazionali, pertanto mi rivolsi al mio ex professore di Elettrotecnica, il compianto professore Francesco Gurgo chiedendogli se era possibile avere qualche lezione privata anche di Meccanica e Macchine in preparazione dell'Esame di Abilitazione e così da quel momento anche la splendida struttura architettonica di palazzo Labonia-Gurgo, lo studio del mio professore, il cortile di casa, e quell'angolo della bella e suggestiva Rossano, che conduce al portone d'ingresso, entrarono a far parte definitivamente della mia vita. 

In attesa di partecipare al Concorso, per tre mesi, durante i caldi pomeriggi estivi, andai avanti e indietro tra Mandatoriccio e Rossano per preparare l'esame. Tre mesi che riempirono la mia vita di conoscenze e competenze spendibili e che in seguito risultarono necessarie e importanti per la mia professione. Ma furono anche tre mesi nei quali si accrebbe il rapporto umano tra il discente e il professore avuto all'ITIS per tre anni. In quel momento, però, era un'altra cosa, si trattò di un rapporto tra due uomini, uno maturo e affermato, l'altro in crescita che iniziava ad affacciarsi alla vita e al mondo del lavoro con consapevolezza ma che aveva bisogno di una guida. Quella guida la porto con me ancora nel mio vissuto, il professore, il grande maestro che quotidianamente cercava di darmi gli elementi necessari in modo che io potessi camminare con le mie gambe. Grazie Ingegnere per quanto mi ha dato, ogni volta che passo sotto casa sua mi ricordo di lei e della sua splendida figura. 

Ma, a parte i miei personali ricordi, chi era veramente l’ingegnere, il professore, l’uomo Francesco Gurgo? Una breve risposta, per iniziare, la si può trovare nelle poche note storiche che seguono che ne determinano la sua discendenza, in quanto appartenente a Nobile famiglia di Napoli con titolo nobiliare di duca di Castelmenardo Rieti derivante da Flavio Gurgo per meriti di toga riconosciutogli da Carlo VI d’Asburgo-Austria nel 1718. 

Al riguardo, ecco una breve nota di riferimento estratta dal sito nobili napoletani.
«La Famiglia Gurgo, originaria della Lombardia, da Pavia si diramò nel 1400, in Terra di Bari, con Chiarello Gurgo. Ha goduto di Nobiltà nelle città di Udine, Vicenza, Gorizia, Napoli dove nel 1705 ottenne la dichiarazione di nobiltà fuori Piazza, e Salerno dove nel 1742 fu aggregata al Patriziato Salernitano nel Seggio di Campo. I Gurgo hanno posseduto vari feudi: Accola, Armeola, Borgo Collefegato (in Abbruzzo Ultra, posseduta nel 1795 dalle famiglie Gurgo di Napoli e Ciampella dell’Aquila col titolo di ducato), Collemaggiore, Colleorso, Lanza, Longara, Poggiovalle (villaggio dello stato di Montorio in Abbruzzo Ultra), Viati, Villalta, Villetta. Girolamo Gurgo nel 1478 fu Capitano della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1547 Luigi fu creato cavaliere aurato da Ottavio Farnese, duca di Parma. Nel 1600 Vittadino si recò a Roma, insieme a Fernando Ruiz de Castro, conte di Lemos e Vicerè di Napoli, a prestare omaggio al Papa per il re di Napoli, Filippo III d’Asburgo-Spagna. La linea primogenita si estinse con Claudio Gurgo nel 1698. Il feudo di Castelmenardo (oggi frazione del Comune di Borgorese in provincia di Rieti) nel Catalogus Baronum risulta appartenere a Gentile Vetulo, che per esso doveva fornire un milite. Il feudo divenne proprietà della famiglia Cesarini Sforza sino a quando il duca Gaetano lo vendette alla nobile famiglia degli Invitti. Agli inizi del XVIII secolo, Chiara Invitti dei marchesi di Prata, feudo in Terra di Lavoro, sposò Flavio Gurgo (⟊ 1720), portando in dote la terra di Castelmenardo. Detto Flavio Gurgo (⟊ 1720) fu cavaliere di Alcantara, giudice della Gran Corte della Vicaria, Reggente del Consiglio di Santa Chiara in Napoli, fù decorato nel 1718 dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo-Austria col titolo di duca di Castelmenardo. Le sue ossa riposano in pace in Napoli nella cappella gentilizia di famiglia insieme al figlio Francesco Saverio, morto nel 1715 all’età di 19 anni».
  
La linea del Nostro ebbe origine con don Camillo Gurgo nato il 30 novembre 1814, di questi però non si conosce la data di morte. Duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno, il 29 giugno 1846 Camillo sposò donna Beatrice Monticelli della Valle dei Duchi di Ventignano nata l’8 aprile 1826 e morta il 27 settembre 1863. Dal loro matrimonio, il 20 marzo 1850, nacque a Napoli, don Francesco Saverio, duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno che continuò la suddetta linea sposandosi con la nobile Giuditta Tortora Brayda nata a Foggia il 14 dicembre 1857 e il cui decesso avvenne a Napoli il 16 dicembre 1945. Don Francesco morì a Napoli il 23 febbraio 1940. Dalla loro unione nacquero donna Beatrice (Napoli 17 gennaio 1890 - ⟊ Roma 20 settembre 1960); donna Antonia (Napoli 15 aprile 1891 - ⟊ Napoli 9  gennaio 1981) che sposò Francesco Antonio Casella di Collalto (Napoli 4 dicembre 1894 - ⟊ Napoli 12 agosto 1930);  don Camillo (Napoli 19 dicembre 1892 - ⟊ Roma 13 giugno 1962), duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno, il quale il 9 febbraio 1931, in Napoli, si unì in matrimonio con Maria Idria dei marchesi Avati nata a Napoli il 21 giugno 1900 e deceduta nella strage di Bologna il 2 agosto 1980, ambedue genitori del Nostro. Dal loro matrimonio, quindi, vennero alla luce donna Giuditta (Napoli 6 febbraio 1932), suora e poi docente; don Ugo Gurgo, morto infante; don Francesco (Napoli 12 aprile 1933), duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno; don Ottorino, giornalista, (Napoli 23 novembre 1940), Patrizio di Salerno il quale, il 12 dicembre 1965 sposò in Roma Ayla Kamil Mohamed Ali. 
       
Relativamente alla figura della mamma del Nostro, Maria Idria Avati in Gurgo, una breve Biografia delle vittime predisposta dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna ne traccia un breve profilo che così riporta: «Maria, 80 anni, abitava a Rossano Calabro da dove era partita per recarsi in Trentino. Avrebbe voluto partire di mattina, per poter guardare il panorama dai finestrini, ma accettò la proposta di viaggiare di notte assieme alla figlia. Il treno su cui erano madre e figlia era in ritardo di due ore e arrivò alla stazione di Bologna solo verso le dieci. Maria Idria si sedette in sala d’aspetto e la figlia si incamminò verso la toilette per rinfrescarsi un po’ dopo il lungo viaggio. L’esplosione travolse Maria Idria che fu gravemente ferita. La figlia ritornò sui suoi passi, trovò la madre ancora in vita, l’aiutò a salire sull’ambulanza. Il ricovero all’ospedale Maggiore non riuscì a salvarla».

Ritornando alla figura di don Francesco Gurgo, questi iniziò il suo percorso di studi e formazione (1939-1943) frequentando la scuola elementare all'Istituto “Pontano” di Napoli, sua città natale alla quale era fortemente legato. In seguito, dopo la guerra, quando la sua famiglia si trasferì a Roma, frequentò prima l’Istituto Massimo, guidato dai Padri Gesuiti e quindi il collegio San Gabriele, un Istituto religioso maschile di diritto pontificio dei Missionari Montfortiani della Compagna di Maria, i quali, seguaci di questa Congregazione clericale antepongono al loro nome la sigla S.M.M. (Societas Mariae Montfortana). Istituto dell’Ordine religioso nel quale Francesco Gurgo conseguì la maturità scientifica e dove negli studi oltre che all'Italiano brillò particolarmente - cosa che all'apparenza può forse apparire contraddittoria - in Matematica e in Filosofia. 

Conseguita la Maturità, Francesco Gurgo si iscrisse alla facoltà di Ingegneria scegliendo la specializzazione in Ingegneria Elettrotecnica frequentando dapprima l'Università La Sapienza di Roma e poi quella di Pisa dove conseguì la Laurea.
Francesco Gurgo, fu particolarmente legato ai luoghi nei quali visse, Roma, Napoli e Rossano dove si trasferì sul finire degli anni Sessanta, per seguire la proprietà di famiglia, in compagnia di sua madre, Maria Idria Avati, figlia di Ugo dei Marchesi Avati e di Labonia Gabriella, della nobile famiglia dei Labonia di Rossano, i cui nonni erano Giovanni Labonia e Giovanna Gaetani dell’Aquila d’Aragona. Giovanni era discendente del barone rossanese Alessandro Labonia feudatario delle Terre di Campana e Bocchigliero acquistate, per alienazione dai principi Spinelli di Cariati e successivamente vendute ai principi Sambiase di Campana. 

A Rossano continuò ad esercitare la libera professione di Ingegnere, nel settore dell’edilizia, come progettista. La Città, però, offrì a Francesco Gurgo anche l’opportunità dell’insegnamento nel quale si impegnò come docente all’Istituto Tecnico Industriale Statale “A Monaco” Sez. Staccata di Cosenza, insegnando Elettrotecnica, Meccanica e Macchine. 

Amò anche i due piccoli paesi, Collemaggiore dove erano presenti la villa e alcuni terreni di famiglia e dove visse con la stessa prima dell’occupazione dell’esercito tedesco; Castelmenardo, ai confini tra il Lazio e l'Abruzzo. Qui ebbe stretti contatti con i contadini fondati sull’affetto e sul rispetto reciproco. Ed era questa una delle sue principali peculiarità: ossia quella di avere sempre totale considerazione per i più umili. Non a caso, alla sua morte, un muratore, parlando di lui, disse: «Non possiamo dimenticare che la mattina, quando arrivava al cantiere, era sempre lui a salutare per primo, anticipando noi operai». 

Il 12 aprile 1973 si unì in matrimonio con Maria Antonietta Caccuri. Unione celebrata a Roma e dalla quale ebbe origine la nuova linea genealogica con la nascita di donna Maria Idria nata a Cosenza il 1° maggio 1974 e di don Giancamillo nato a Napoli il 3 giugno 1975, attuale detentore del titolo di duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno. 
       
L’essenzialità della sua vita e punto di riferimento costante per cui dedicò tutto se stesso, fu prima di ogni cosa la famiglia, sia quella d'origine, composta da suo padre Camillo Gurgo, noto avvocato penalista, da sua madre Maria Idria dei marchesi Avati e dai fratelli Giuditta e Ottorino, sia quella specificamente sua, composta dalla moglie Maria Antonietta Caccuri e dai figli Maria Idria e Giancamillo, quest’ultimo divenuto recentemente padre di un bimbo al quale è stato dato il nome del nonno, Francesco Saverio Gurgo, e che in futuro erediterà il titolo di duca di Castelmenardo e Patrizio di Salerno. 

La sua semplicità e la predisposizione d’animo lo portarono a intrattenere sempre ottimi rapporti anche con i suoi amici sia del liceo che dell'Università ai quali fu molto legato, e che lo ricambiarono di eguale amicizia e affetto. Fra le sue importanti amicizie giova ricordare quella frequentata con don Pietro Joele, anche Lui ingegnere e in quel periodo Vice Preside dell’ITIS a Rossano, pure Lui mio professore di Disegno meccanico nonché collega dello stesso Francesco Gurgo.   

A Rossano fu molto rispettato per la sua preparazione, per la sua raffinatezza e per le qualità di uomo straordinario. Frequentò l’Associazione privata "La Casina dell’Unione", nata dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia e il Rotary di Rossano di cui fu Presidente.  

Tra i suoi hobby si vogliono ricordare quello per il gioco del calcio che praticò ovviamente a livello dilettantistico da ragazzo e la passione per la squadra della Roma, ma anche il positivo sentimento per il ciclismo e per uno dei suoi grandi protagonisti quale fu Fausto Coppi. 

Noto per chi lo ha conosciuto e praticato anche per la sua dolcezza, per l’acuta sensibilità e per l’ironia, attraverso la quale spesso sottolineava la realtà dei fatti mediante l’apparente dissimulazione della loro vera natura, si dilettava nella scrittura di aforismi che, dopo la sua morte, sono stati pubblicati in un volumetto dal titolo: “Il rovescio della medaglia”, nel quale sono riportati alcuni suoi pensieri e dal quale ho inteso estrarre i seguenti sull’amicizia: «Amici per la pelle – La tribù “Pellirossa del tridente” l’ospitò, lo cibò come un bel micio, ma poi lo scotennò: prova evidente che ogni amicizia esige un sacrificio!». «Gli amici si riconoscono nel momento del bisogno – Pressante era il bisogno, non lo nego… Al mio amico più caro, ambientalista, ch’era con me nel bosco, chiesi: “Procura un po’ di carta, te ne prego!” Sentenziò: “Crepa! L’amicizia di chi, come te, inquina la natura, io disconosco!”».
Il Nostro, dopo aver illuminato con la luce del cuore le elevate doti dell’intelletto, lasciava nella sua famiglia e in quanti lo conobbero un grande vuoto il 26 gennaio 2005, data della sua morte. Il suo corpo riposa nella tomba di famiglia nel cimitero di Rossano. 
 
 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica