Rossano "capitale" del Mezzogiorno bizantino
Un breve saggio storico, in due puntate, del Prof. Gioacchino Strano, associato di civiltà bizantina all'Unical e tra i maggiori bizantinisti esistenti, sul ruolo strategico di Rossano nei secoli del dominio di Costantinopoli
Nei giorni scorsi sulle pagine del nostro web journal è maturata una provocazione: perché a Rossano (oggi Corigliano-Rossano) che è stata culla della civiltà Bizantina in Calabria e nel Meridione, conservando ancora intatte le tracce di quel passaggio, è sparito il Rito religioso di matrice Greca? E perché – qui la provocazione – non lavorare affinché in questa grande città plurale, multietnica e pluriconfessionale, con una profondissima radice Cristiana, non si insedi una comunità Ortodossa per la salvaguardia e il rilancio, su tutti, di chiese monumentali come il San Marco e il Patire o di oratori come la Panaghia? Una provocazione, dicevamo, che ha suscitato interesse ma che, come ogni cosa umana, per essere portata a compimento, ha bisogno di un cammino di consapevolezza e maturazione. Ancor più in una società che, pur cosciente del proprio passato, ne ha perso, di fatto, anima e memoria. Per questo, ci siamo rivolti al Prof. Gioacchino Strano, associato di civiltà bizantina presso il Dipartimento di studi umanistici dell'Università della Calabria e oggi tra i maggiori bizantinisti viventi. Al prof Strano abbiamo chiesto di raccontarci quei cinque secoli di magnificenza vissuti da Rossano sotto il dominio Bizantino ma soprattutto di parlarci di quella particolare convivenza tra la Chiesa Latina e la Chiesa Greca che questa città, questo territorio, accolse in straordinaria comunione. Il prof. Strano, come ogni buona personalità di cultura, non se lo è lasciato dire due volte e ha prodotto per l’Eco dello Jonio e per i suoi lettori un breve saggio sul perché Rossano rimane “capitale” del Mezzogiorno bizantino. Un racconto spogliato di tanti "intingoli" e presunzioni che nella narrazione ufficiale locale hanno anche un po' sminuito il vero valore della storia. Uno scritto semplice, per tutti, narrato in modo diretto e informale, ma soprattutto obiettivo e senza partigianerie ed entusiasmi di sorta, che vi proporremo in due puntate: questa e la successiva che sarà pubblicata sabato 6 maggio. Buona lettura affinché diventiamo tutti più consapevoli del nostro passato!
di Gioacchino Strano
Rossano è conosciuta con l'appellativo di 'bizantina', e tale fama viene di solito collegata alla presenza nella città calabrese del celeberrimo 'Codice purpureo', che attira l'attenzione di turisti e studiosi provenienti da tutto il mondo. È indubbia l'importanza di questo manufatto, unico al mondo, che è la parte superstite di un tetravangelo preziosamente miniato, datato al VI secolo e la cui origine - con buona approssimazione - è posta dagli storici dell'arte nell'area siro-palestinese. Ma Rossano è stata testimone nella sua storia di una presenza bizantina costante e duratura che ne ha plasmato il carattere. Ma chi erano questi Bizantini? Credo che sia utile per i Lettori chiarire i termini del nostro discorso, giusto per fugare incertezze e ambiguità terminologiche. Ebbene, i Bizantini non erano altro che i continuatori dell'Impero romano d'Oriente. Nei nostri libri di storia leggevamo (e leggiamo) che l'Impero d'Occidente si concluse con la deposizione di Romolo Augustolo nel 476 d.C., anno con cui si fa finire tradizionalmente l'età antica.
Come tutte le date, essa ha un valore solo approssimativo e simbolico che non spiega certo le grandi trasformazioni che travagliarono l'area mediterranea in quel torno di tempo. In realtà l'Impero romano continua la sua esistenza nei territori balcanici dell'Europa, in Asia Minore e nell'Egitto mediterraneo, fino alla Cirenaica. Quella parte d'Impero (chiamato Pars Orientis o 'Impero romano d'Oriente' e poi semplicemente 'Impero bizantino') aveva come sua Capitale Costantinopoli, la città sul Bosforo che esisteva già con il nome di Bisanzio e che venne rifondata da Costantino e inaugurata ufficialmente l'11 maggio del 330. L'impero bizantino era nato come impero cristiano e il suo imperatore - chiamato basileus - era protettore dell'ortodossia, ovvero della 'retta fede' che si basava sugli scritti dei Padri della Chiesa e sulle determinazioni dei diversi concili 'ecumenici' (universali).
La Chiesa greco-ortodossa o bizantina era ancora in comunione con la Chiesa di Roma (poi chiamata 'cattolica') anche se con il tempo si fecero più evidenti le differenze e le incomprensioni, dettate sia da motivazioni liturgiche e linguistiche sia da questioni giurisdizionali, essendo le due sedi (Roma e Costantinopoli) interessate entrambe ad affermare e ad accrescere la propria sfera di influenza sia nell'area mediterranea sia in quella 'continentale' europea.
Luogo privilegiato d'incontro fra mondo greco e orientale e mondo 'latino' è stata l'Italia meridionale, dove tradizionalmente le due culture e le due lingue si sono incontrate e hanno convissuto. I 'Romani d'Oriente' (i Bizantini) rioccuparono la Sicilia e l'Italia sotto il regno di Giustiniano (nel VI secolo) ed essi rimasero stabilmente per secoli nel nostro paese, pur con il susseguirsi di stravolgimenti e di nuove invasioni. In realtà già alla fine del VI secolo entrarono in Italia i Longobardi che spezzarono l'unità italiana (da intendere non ancora come nazione, ma come area geografica e culturale nell'alveo del più vasto Impero bizantino) e occuparono sia la pianura padana (chiamata poi Lombardia) sia le aree centrali della penisola sino alle sue propaggini meridionali, coi ducati - poi principati - di Salerno e di Benevento. I Bizantini rimasero nell'antico Bruzio e nella Puglia meridionale (Terra d'Otranto e Salento), che ad un certo punto vennero unificati in un unico ducato chiamato ducato di Calabria. Non a caso proprio in questa fase (VII sec.) vi fu il cambio di denominazione per cui il nome Calabria (prima applicato alla Puglia meridionale) passò ad indicare l'antico Bruzio e quindi la nostra regione. La città più importante fu Reggio, ma Rossano deteneva un ruolo di primo piano, anche perché essa succedette come sede vescovile all'antica diocesi di Thurii / Copia. La città, peraltro, a partire dal X secolo, ospitava di frequente le autorità legate alle nuova istituzione amministrativa e militare creata dopo la perdita della Sicilia, caduta in mano araba nei decenni precedenti. Si trattò del cosiddetto thema di Calabria, una sorta di circoscrizione politica, amministrativa e militare a capo della quale era lo stratego. Capitale del thema era Reggio, ma Rossano in più occasioni ospitò lo stratego, i giudici e altre autorità, forse in considerazione del fatto che il territorio di Reggio era sovente minacciato dagli Arabi (aghlabiti e kalbiti), che dall'isola muovevano frequenti attacchi e razzie contro le coste calabresi. Rossano - a differenza di altre località calabresi - non venne mai espugnata dagli Arabi nel corso dei loro raids e certo questo era in qualche modo dovuto - secondo la mentalità dell'epoca - anche alla protezione celeste della Madonna, onorata nella cattedrale, dove era conservata la miracolosa icona Achiropita, 'non fatta da mano umana'. La tradizione ne attribuisce l'origine all'età dell'imperatore Maurizio (fine VI secolo), ma certamente il culto dell'icona achiropita dovette essere più tardo.
Rossano fu patria di monaci di grande fama, come san Nilo che si mosse fra il territorio rossanese e le zone circostanti (con la chiesa di S. Adriano) fino al Mercurio che, ad un certo punto, fu affollato di monaci eremiti e di cenobi. Non si deve pensare tanto a una repubblica monastica sul modello dell'Athos (il cui monastero più grande, la Meghisti Lavra, fu fondato nella seconda metà del X secolo); piuttosto, l'eparchia del Mercurio fu una circoscrizione amministrativa fra Calabria e Lucania, assai ricca di monasteri fondati sia dai monaci calabresi sia da quelli siciliani fuggiti dinanzi all'invasione araba. Ne danno testimonianza i testi agiografici (dal greco hagios = 'santo'), opere devozionali scritte originariamente in greco per onorare la memoria dei santi monaci eremiti o cenobiti (che vivevano nei cenobi, i monasteri greci). Molti di questi santi erano di origine siciliana e si trasferirono nel territorio delle Saline (piana di Gioia Tauro) e nell'eparchia del Mercurio. Menziono, fra tutti, Elia da Enna (detto 'il Giovane'), i santi Cristoforo, Macario e Saba (da Collesano, presso Palermo), e molti altri rimasti sconosciuti. A Reggio nacque Elia lo Speleota, chiamato così perché fondò il monastero presso una grotta (spelaion in greco) nel territorio di Melicuccà (vicino a Palmi). Ma il santo più noto resta il rossanese Nilo, morto nel 1004 fuori dalla Calabria, dopo aver fondato il monastero di Grottaferrata, alle porte di Roma.
...continua Sabato 6 maggio 2023