Rossano perla della cultura bizantina in Calabria dove non c’è più traccia del rito greco
Uno dei paradossi più stridenti del nostro glocal è aver perso l’anima della tradizione. Restano in piedi gli “scheletri” delle tracce: chiese e monumenti unici al mondo. Manca la consapevolezza di esse perché è assente lo spirito che le muove
CORIGLIANO-ROSSANO - Rossano perla della cultura bizantina in Calabria dove non c’è più traccia del rito greco. È un pensiero, una chiacchiera nata in una conversazione da bar (perché vivaddio ai tavoli dei bar si parla ancora di cose alte), tra amici, tra persone con interessi e passioni diverse ma che, da buoni figli di questa terra, guardano con estrema attenzione le evoluzioni e le involuzioni della loro città. Le Chiese del Patire, del San Marco, del Pilerio; gli oratori della Panaghia e di San Vito; edicole votive; percorsi; documenti: tutte tracce, più o meno visibili e vivibili, che si trovano nel cuore del centro storico di Rossano, quel luogo che per quasi cinque secoli visse sotto l’influenza diretta dell’impero di Bisanzio assorbendone anima e corpo.
Oggi e non da oggi, è rimasto lo scheletro del corpo; mentre l’anima è volata via, lontanissima. Lo ricordava bene il professore Burgarella, il più grande degli studiosi di storia e civiltà bizantina, non molti anni fa, prima della sua scomparsa: da quei fastosi cinque secoli di storia ai giorni nostri è arrivato solo il gene del bizantinismo. Quella capacità, quasi maniacale, di trovare la spigolatura capziosa nell’argomentare, nel discutere; che poi altro non è che l’atteggiamento tipico di eccede in sottigliezze e complica inutilmente i problemi. Un atteggiamento che, ad esempio, continua ad incarnarsi anche nelle ultime vicende politiche e sociali che stanno interessando la città.
È vero, nessuno può cambiare il destino delle cose; al contrario, però, intervenire per modificare il corso della storia, soprattutto quando la storia, le tradizioni e la cultura di un popolo rischiano di essere totalmente cancellate, sembrerebbe non solo un dovere civico ma un vero e proprio obbligo.
Nel periodo della globalizzazione imperante, la tutela dell’identità rappresenta un presidio forte contro l’avanzare dell’omologazione. E forse, perché no, sarebbe arrivato il momento di riguardare indietro e trovare uno spunto per riportare l’anima di quel lungo e affascinante pezzo di lungo cammino, nella cittadella bizantina. Perché – questa la provocazione di quella conversazione da bar – non favorire il ritorno di una comunità ortodossa, custode di cultura, riti e tradizioni, nel centro storico di Rossano?
Ovviamente, è una provocazione che rimane nei ranghi della cultura, nessuno vuole travalicare i confini della fede e del culto religioso. Ma “restaurare” la convivenza tra quelle che un tempo erano la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente, a Rossano, lì dove per le prima volta si incontrarono e convissero più o meno pacificamente, nel nome di San Nilo, sarebbe un evento straordinario che riporterebbe unicità a questa grande città e al suo territorio. E questo, a tutto vantaggio di quel maestoso patrimonio storico e monumentale che oggi rimane quasi intatto rispetto a mille anni fa.
Una proposta che, a dire il vero, già più volte, nel passato, era stata perorata alla Chiesa Diocesana dal mondo della cultura rossanese. Fu l'allora sindaco Franco Filareto, l'ultima volta nei primi anni 2000 e ancor prima a metà degli anni '80, ad avanzare l'idea agli arcivescovi del tempo affinché invitassero alla convivenza in città una comunità ortodossa niliana del monastero di Grottaferrata o del rito cattolico bizantino. Non se ne fece nulla.
Una nuova comunità ortodossa, come quelle che animano i centri dell’arberia e a Corigliano-Rossano quella di Cantinella, alla quale potrebbe essere affidata la cura delle Chiese storiche di origine normanno-bizantina che restano meta di sporadici gruppi turistici quando invece potrebbero essere vissute ogni giorno, in una comunione di beni tra le due Chiese, oggi non solo è possibile ma è anche auspicata da Papa Francesco.
Una provocazione che potrebbe non rimanere tale se si lavorasse in sinergia - mondi ecclesiastici, istituzioni e società civile – per favorire il ritorno della cultura bizantina nella nostra città. Del resto, l’interesse verso Rossano e il suo territorio è sempre stato rivolto per quel segno indelebile che la storia ha lasciato qui tra il sesto e l’undicesimo secolo. Rimettiamo l’anima in quel corpo.