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Spezzano Albanese dopo l’Unità d’Italia

8 minuti di lettura

Raggiunta l’Unità, nel 1861, il Sud Italia iniziò ad essere interessato dal fenomeno del brigantaggio dal quale Spezzano Albanese non fu indenne come i tanti paesi della provincia di Cosenza. Sempre più numerose bande di briganti, quasi sempre legittimate dal vecchio regime, iniziarono a tenere sotto scacco le popolazioni meridionali terrificandole con furti, taglieggiamenti, estorsioni e violenze di ogni genere. Allo scopo di arrestare il fenomeno, che certamente danneggiava la visione di una Italia ormai unificata, il nuovo governo cercò di attivare tutte le strategie possibili per soffocare il continuo perpetrarsi degli illeciti ed allo scopo vennero inviati nell’Italia Meridionale numerosi soldati, ricorrendo anche alla costituzione dei tribunali militari.

Per quanto riguarda la storia post-unitaria non si segnalano vicende di una certa importanza se non quanto accadde nel resto della Calabria uscita dall’esperienza di unificazione con sul groppone il triste fenomeno del brigantaggio, tanta povertà e coinvolta per mancanza di lavoro nelle grandi ondate migratorie.

L’inizio del XX secolo, come per l’intera nazione, anche per Spezzano sarà ricordato per la tragedia della Grande Guerra che in tutte le famiglie portò infiniti lutti a cui seguì l’avvento del fascismo nel 1921 che impedì i pur minimi tentativi di ripresa economica e l’esplosione della seconda Guerra Mondiale, che anche questa volta interessò Spezzano per aver lasciato sul campo molti morti tra i suoi concittadini. Al riguardo un interessante passo dell’analisi storica riportata dal sito web del Comune mette in evidenza come si riuscì a organizzare la vita della comunità dopo il cessare delle attività belliche.

Ecco quanto viene riportato: «[…] La notizia dello sbarco degli alleati e della sottoscrizione dell’armistizio, arrivò come un fulmine a ciel sereno, mentre un sospiro di sollievo sembrò uscire dai cuori angosciati della popolazione. Allorquando queste notizie furono ufficializzate, i tedeschi accampati nelle terre del maggiore Forte presto si organizzarono per ripartire verso nord. Il 14 settembre 1943 tre autoblindo alleate giungono a Spezzano, mentre la popolazione usciva dai balconi ornati di coperte rosse in segno di accoglienza per i nuovi arrivati. In seguito a ciò il paese per diversi giorni restò senza una guida, finché venne nominato commissario prefettizio l’avvocato Giovanni Rinaldi il quale con la caduta del fascismo stava organizzando la fondazione del partito comunista a Spezzano. Tre correnti politiche si contrapponevano a quella di Rinaldi: quella fascista delle famiglie vicine al regime, quella di pochi Socialisti e la corrente dei Democristiani. Questi ultimi non avevano un personaggio di spicco, come poteva vantare la sezione provinciale di Cosenza nella persona dello spezzanese avv. Gennaro Cassiani, (figlio dello storico avv. Ferdinando). Quest’ultimo ricevette nel 1943 da Alcide De Gasperi l’oneroso incarico di organizzare il movimento della Democrazia Cristiana» (9).

L’economia del luogo, per la conformazione del suo territorio, è prevalentemente rivolta con interesse all’agricoltura. In gran parte coltivata a frumento, la vasta area ricade nella zona di bonifica della pianura di Sibari. Copiosa e di ottima qualità risulta la produzione di olio, vino e agrumi, per la presenza di estesi oliveti, vigneti e agrumeti. Si producono anche frutta, cereali e foraggi ed è presente anche la lavorazione della liquirizia.

Non meno importante è l’allevamento, in particolare di bovini di razza pregiata dal quale si ricava latte e apprezzati latticini. Per quanto riguarda l’artigianato sono da registrare la presenza di piccole aziende addette alla trasformazione di prodotti agricoli e del legno. Interessante, invece, è l’attività termale risalente alla seconda metà del XIX secolo quando, nel 1851, vicino al fiume Esaro e in prossimità di Spezzano venne individuata una sorgente di acqua minerale sulfurea dagli effetti salutari che da subito attirò l’interesse delle autorità amministrative e di studiosi allo scopo di approfondirne, attraverso la ricerca, le caratteristiche dell’acqua e la possibilità del suo impiego in campo termale.

Gli studi prodotti portarono alla pubblicazione di un dettagliato rapporto sui risultati conseguiti e a distanza di quasi un secolo, nel 1928 la struttura termale di Spezzano, dalle acque sulfuree salso-bromo-iodiche, fu aperta al pubblico. Al riguardo, come si apprende dal sito del Comune «[…] Tutto ebbe inizio dopo la Prima Guerra Mondiale, quando “l’acqua” attirava a se la gente sofferente, e tra questi vi fu Vincenzo Piro di Aprigliano. La cura effettuata con quest’acqua lo guarì e lo legò tanto a questo luogo che decise di fondare un centro termale acquistando i terreni antistanti e dove costruì la struttura grazie ad una valida squadra di muratori.

Da un controllo effettuato vennero riscontrate quattro tipologie di acqua: l’Acqua delle Grazie; l’Acqua di Sant’Antonio; l’Acqua del Principe; l’Acqua della Mensa. Ognuna di queste acque aveva delle caratteristiche terapeutiche proprie» (10). Oggi le sue acque curative sono punto di riferimento per tanta gente bisognosa di salute. La storia delle acque termali spezzanesi però sembra avere una storia più antica.

Per quanto ci tramanda il Gradilone, storico rossanese, a parlare delle terme pare sia stato Ateneo nel suo libro che così riporta: «[…] queste acque possedevano virtù terapeutiche e che i Sibariti nei pressi avevano fatto costruire magnifiche terme, alle quali le acque del fiume venivano addotte per mezzo di canali sotterranei, detti appunto Lusiadi. I Cavalieri sibariti, nei giorni di maggiore arsura, si recavano negli antri delle Ninfe Lusiadi, dove si trattenevano a diletto. [19 Il racconto di Ateneo, – scriveva il Gradilone nella sua nota 19 – se veritiero, autorizza a ritenere che le acque termali, utilizzate dai Sibariti fossero quelle minerali, ancora esistenti presso Spezzano Albanese, le cui virtù terapeutiche sono collaudate da secoli]» (11).

Come tutti i paesi della Calabria anche Spezzano vanta una eredità archeologica e monumentale di grande interesse. Oltre al sito archeologico della Torre del Mordillo con il relativo Parco nel quale è presente un stanziamento risalente all’Età del Ferro e una necropoli, di cui si è già ampiamente esposto, Spezzano possiede anche un ulteriore sito che è quello di Torre Scribla, conosciuto anche come Castello di Scribla e noto pure come Castello di Sant’Antonio di Stridolo o di Stregola, posizionato su un rilievo collinoso dove è possibile osservare i resti di una installazione militare normanna, formata da due torri, secondo le fonti storiche, utilizzata verosimilmente per impedire l'ingresso alla vallata dell’Esaro.

In relazione ecco quanto di interessante viene riportato dal sito mondi medioevali: «Nel 1044 Guaimaro, principe di Salerno e Guglielmo Braccio di Ferro, figlio di Tancredi d’Altavilla, intrapresero insieme una spedizione in Calabria e gettarono le basi per la costruzione di un forte-castello, chiamato Stridula, prospiciente l’imbocco della valle dell’Esaro. Ancora oggi, sull’ampio spiazzo di una collina isolata che sovrasta la stazione ferroviaria di Spezzano Albanese, insistono i ruderi del castrum attualmente chiamato Scribla, con tracce di fortificazioni dell’XI secolo circa, che dagli scavi effettuati sembra essere stato frequentato anche anteriormente, ai tempi di Ottone I di Sassonia (962-973).

Poco più avanti è un vecchio mulino che porta il nome di Sant’Antonio e da un documento di età sveva si rileva che i confini di Sant’Antonio di Stridula si estendevano da questa parte fino alla terra di Conca, in tenimento Sagittae, l’odierna contrada Saetta nel comune di Spezzano Albanese. In una carta latina del 1094 si ricorda la colonia di deportati saraceni, fatti prigionieri da Roberto il Guiscardo in Sicilia e qui accolti e si riferisce che, morto il Guiscardo, il duca Ruggero Borsa donò il castrum quod Stregola dicitur, unitamente a tutti i suoi vassalli, cristiani e saraceni, al monastero della Trinità, cioè all’abbazia di Cava. Nel 1276 il villaggio di Stridula contava 210 abitanti e negli itinerari di Carlo d’Angiò risulta come palatium il che indica la sua perdita d’importanza come luogo fortificato.

La vita del villaggio sembra spegnersi già nel XV secolo e nel 1531 si ricorda di esso "una torre e yglesia la qual està ruinada.". Fu feudo poi dei Sanseverino di Bisignano (1622-1668) e poi degli Spinelli (1668-1806)» (12).

Sette il numero degli edifici sacri facenti parte del patrimonio storico-architettonico. Tra questi troviamo il Santuario di Santa Maria delle Grazie, posizionato nella zona più bassa del paese. Si tratta di una chiesa del XV secolo, la più rilevante oltre che la più vecchia dedicata alla Patrona della cittadina nella quale è custodita la Statua della Madonna. Non si esclude che l’edificio possa essere stato costruito su un precedente impianto di origine basiliana. Nel corso del XIX secolo subì alcune modifiche come quelle riguardanti l’ampliamento delle due navate laterali.

Al riguardo, alcune conferme relative alla storia spezzanese si hanno dalla consultazione del sito del Santuario, secondo il quale pare che «[…] Il primo documento finora reperito, che parla di Spezzano Albanese è una richiesta fatta dagli eremiti di S. Agostino di Terranova da Sibari, che volevano abitare la chiesa diruta della "Beata Vergine di Spezzano". Molto probabilmente si trattava di una laura basiliana, o di un eremo, attorno al quale sorgeva anche un casale popolato da contadini al servizio dei principi di Bisignano, signori di questo territorio» (13); la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, Matrice del luogo e ‘Collegiata Insigne’, aperta al culto nel 1607. Durante il XIX secolo anche questa venne sottoposta ad alcuni lavori di ristrutturazione che ne determinarono l’allargamento.

Nella Chiesa sono conservate alcune tele come riportato dalla seguente nota: «raffiguranti i Santi Pietro e Paolo, dell’artista calabrese Francesco Angaria da Cassano, del 1769;  una pittura tonda della Madonna Addolorata di autore ignoto, risalente al XVIII secolo; una tela delle Anime del Purgatorio di autore ignoto, del 1713; una tela raffigurante San Francesco da Paola di autore sconosciuto, del 1850;  una pittura raffigurante i miracoli di San Francesco da Paola di Umberto De Maria, del 1912; un coro ligneo del XVIII secolo; una statua del Cristo morto del 1889» (14); della Madonna del Carmine risalente alla prima metà del XVIII secolo (1735), al cui interno sono custoditi alcuni dipinti tra i quali, per come si apprende dal sito comunale, quelli della Madonna del Carmine, di Luigi Veltri, del XIX secolo; di San Giovanni Bosco, di Gesù Risorto, di Santa Rita di Cascia, di Santa Maria Ausiliatrice e del Sacro Cuore, una tela del XVII secolo dedicata alla Madonna e due statue: la prima di San Giuseppe e l’altra della Madonna; di Santa Maria di Costantinopoli, un edificio a tre navate con tre rispettive porte di accesso, dotato di campanile.

La Chiesa verosimilmente venne costruita su una precedente struttura eremitica basiliana. Subì alcuni restauri nel XVIII secolo ed accoglie al suo interno preziose statue processionali; di San Salvatore. Si tratta di una chiesa sconsacrata molto probabilmente costruita fra il 1581 e il 1585 al tempo del papas don Martino Barbato; di San Biagio, risalente al periodo medioevale e di San Luigi Gonzaga sita nella località dello Scalo.

All’interno dell’urbanistica comunale si annoverano alcuni edifici di rilevanza storica come palazzo Chefalo, nel quale si dice abbia pernottato Giuseppe Garibaldi durante il suo passaggio da Spezzano, palazzo Luci dove attualmente viene ospitato il museo Torre Mordillo, ma che originariamente fu la casa natale del garibaldino Vincenzo Luci e la villa Serena Domus appartenente alla famiglia Cassiani alla quale appartennero: Ferdinando Cassiani, storico e Gennaro Cassiani, suo figlio, saggista e uomo politico della DC. Questi fu deputato dell’assemblea costituente, senatore della Repubblica Italiana, più volte Sottosegretario e Ministro nei dicasteri delle Poste, delle Telecomunicazioni e della Marina Mercantile. Tra gli altri edifici troviamo Palazzo Marini, Palazzo Longo e Palazzo Cucci. Spezzano è anche sede di un anfiteatro dedicato al concittadino Vincenzo Pesce, di professione regista, prematuramente scomparso e della villa comunale nella quale è custodito il busto di bronzo di Giorgio Castriota Skanderberg, il monumento ai caduti in guerra. 

 

Bibliografia

9 La storia - Comune di Spezzano Albanese, in http://www.comune.spezzano-albanese.cs.it › Page469

10 La storia - Comune di Spezzano Albanese, in http://www.comune.spezzano-albanese.cs.it › Page469

11A. GRADILONE, Storia di Rossano, Editrice MIT, Cosenza 1967, pp. 26-27.

12https://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/cosenza/provincia002.htm#scribla,%20http://www.guzzardi.it/arberia/mappa/calabria/spezzano/pagine/monumenti.htm

13 La Storia - Santuario-Spezzano Albanese.it https://sites.google.com/site/santuariospezzanoalbit/our-company

14 Spezzano Albanese: cosa vedere e fare, dove andare, idee di viaggio https://www.calabriaportal.com/spezzano-albanese/544-spezzano-albane...

 

(foto di Emanuele Armentano)

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica