Don Giuseppe Torrente (1919-1998), insegnante e sacerdote rossanese, autore del volumetto Mysterium Fidei
«Ricordato da molti per la sua umanità e per la sua testimonianza di fede. Con la preghiera, il breviario e la corona del rosario trascorreva molto del suo tempo»
Non è affatto facile parlare di una persona che in qualche modo ti richiama alla mente tramite la memoria e il sentimento, il ricordo ancora presente del proprio percorso di formazione. È il caso di don Giuseppe Torrente, sacerdote molto conosciuto e apprezzato dalla comunità rossanese. Ovviamente cercherò di farlo, per ricordarlo, con la massima semplicità ed anche con il dovuto pudore, soffermandomi solo ed esclusivamente su una sua pubblicazione, forse poco conosciuta: Giuseppe Torrente, Mysterium Fidei, Tipografia Edizioni Cantagalli, Siena 1959, che ho ritrovato nel mio archivio durante i lavori di catalogazione, e che don Peppino, permettetemi di chiamarlo ancora così, mio professore di Religione durante gli studi superiori all’ITIS di Rossano, mi regalò come ricordo alla conclusione del corso nel 1969.
Avere tra le mani qualcosa che aiuta a ripensare e a riflettere su una parte del proprio vissuto, ormai lontano, ti coinvolge e ti pone in uno stato di visibile commozione, soprattutto quando il ricordo va a persone che in qualche modo hanno contribuito alla crescita e alla tua formazione. Il solo fatto di aver avuto nuovamente tra le mani, a distanza di anni, il volumetto, mi ha sollecitato a scrivere queste poche righe per ricordare e ringraziare un uomo, un insegnante, un sacerdote. Tre qualità di don Peppino Torrente, tra loro complementari, che affiorano compiutamente dal contenuto della sua monografia, di cui si propone una breve sintesi.
Si tratta di un volumetto che l’autore ha inteso pubblicare in occasione del decennale della sua Ordinazione Sacerdotale, nel 1959, “grato a Dio per il gran dono concessomi”. La monografia è dedicata a S. Ecc. Reverendissima Mons. Giovanni Rizzo, già Arcivescovo di Rossano. Il titolo della pubblicazione anticipa quello della Lettera Enciclica Mysterium Fidei, che Sua Santità Paolo VI scrisse sulla Dottrina e il Culto della SS. Eucaristia ai Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e agli altri Ordinari dei luoghi in pace e comunione con la Sede Apostolica, e al clero e ai fedeli di tutto il mondo cattolico.
In questo modo scriveva Torrente all’inizio della sua riflessione. «‘La sapienza umana alcune volte è tormentata dall’ambizione di compendiare un libro intero in una sola pagina, quella pagina in una sola frase e quella stessa frase in una sola parola’. Così un moderno scrittore russo, Arkadij Timofeevič Averscenko, si esprimeva per far rilevare l’importanza della parola nel tradurre il pensiero umano.
Ebbene, questo grande, immenso desiderio che le forze dell’uomo giammai potranno pienamente incarnare nella realtà, – continuava ancora Torrente – si trova attuato dall’Uomo-Dio, Cristo, centro dell’umanità, che ha riscattato se stesso in poco pane e poco vino. Le forze dell’uomo, consumate dal lavoro della giornata, hanno bisogno che un alimento riparatore rinnovelli la vita man mano che essa si logora. Così avviene nella vita spirituale. Generata nel battesimo, accresciuta nella Cresima, essa ha bisogno di un alimento riparatore e conservatore. Questo alimento Cristo l’ha posto in un Sacramento ammirabile che si può chiamare il suo capolavoro: l’Eucarestia…L’Eucarestia!!! Suprema testimonianza della sua potenza, della sua sapienza, suprema testimonianza del suo amore. […] Ma l’Eucarestia, ancora secondo la dottrina del Concilio di Trento, è non solo il più grande Sacramento, ma il vero e perpetuo sacrificio del Nuovo Testamento. […] Un Dio non si annienta, non si immola ogni giorno sui nostri Altari che per divenire il pane dell’uomo, il divino alimento della sua vita divina. Questo alimento è l’Eucarestia, […] che secondo il pensiero di Agostino: “Si fa madre per nutrire i suoi figli”. Accipite et manducate. pp. 7, 11, 14».
Una riflessione quella di don Peppino Torrente, sulla Dottrina e il Culto della SS. Eucarestia, concentrata in quindici pagine, che non lascia dubbi sul suo apostolato, la sua devozione totale alla Chiesa, il suo amore profondo per Cristo, che ne mostrano la sua testimonianza di uomo, d’insegnante e sacerdote.
Relativamente alle poche informazioni biografiche, che è stato possibile reperire e che di seguito riporto, mi preme ringraziare l’amico e collega Tonino Pirillo per essersi gentilmente prestato alla mia richiesta fornendomi alcune necessarie conoscenze sulla figura di don Peppino Torrente, aiutandomi così a conoscere meglio la sua straordinaria figura di uomo, insegnante, sacerdote, sulla quale in precedenza mi ero già soffermato anni addietro con un articolo dato alle stampe.
Perché la mia richiesta proprio a Tonino si evince dal prosieguo della narrazione. Anche lui, come me, suo ex alunno, ma soprattutto conoscente e persona molto vicina al Nostro, come parrocchiano e suo autista, sollecitato dallo stesso don Peppino, perché lo accompagnasse per celebrare Messa nella piccola chiesetta di S. Maria delle Grazie, poco fuori Rossano e nelle campagne rossanesi di Colognati e Piano Russo, essendo il Nostro sprovvisto di patente di guida.
«Don Peppino Torrente – risponde alle mie domande Tonino – nasce a Rossano il 27 marzo 1919. La madre, Beatrice Accattatis, era di nobile casato, di origine spagnola, ed un certo Domenico Accattatis, intendente in Rossano, compare nella storia della nostra città, nei primi anni dell’Ottocento. Il padre, don Ciccio, di origine lucana, era stato mandato qui a Rossano a dirigere l’ufficio postale del tempo. Tra i parenti più vicini, nel tempo, i familiari di don Peppino menzionavano il giudice ed accademico prof. Andrea Torrente, già autore di uno dei testi di diritto privato su cui si formarono e si formano pure oggi migliaia di giovani studenti di materie giuridiche. Da parte di madre, ricordavano con affetto l’ex provveditore agli studi di Siena, prof. Giulio Accattatis, cugino di primo grado di don Peppino, perché figlio del fratello della madre e con il quale trattenevano affettuosi rapporti.
Frequentandolo per le suddette ragioni – racconta Tonino Pirillo – ho conosciuto meglio e pian piano le qualità di quest’uomo prete, che prima di essere prete era uomo e la sua umanità era ben impastata di profonda spiritualità. Era espansivo, franco, a volte brusco, ma sempre pronto a rincuorare e spingere all’ottimismo, a pregare, ad affidarsi a Dio. – Non fa mistero, inoltre l’amico Tonino Pirillo nel rispondere ad alcuni miei solleciti, sul ruolo avuto da don Peppino nella sua vita. – In molti mi chiedono cosa è stato questo prete per me.
La risposta è molto semplice: non è stato solo il mio professore di Religione ed il mio parroco; è stato per me un amico, un fratello, un padre, un prete. È stato per me una figura davvero importante negli anni della mia formazione. – Continua ancora Tonino nella sua affettuosa narrazione – Si sentiva un privilegiato ed ogni giorno, ma in particolare il 12 agosto, ricorrenza della sua ordinazione sacerdotale ringraziava Gesù Cristo per questa grazia. Don Peppino è ricordato da molti per la sua umanità, per la sua testimonianza. Con la preghiera, il breviario e la corona del rosario trascorreva molto del suo tempo. ‘Pregate diceva spesso perché la preghiera ha le capacità, quando è vera ed è sentita, di metterci in connessione con lo Spirito che ci ha generato’» (1).
L’uomo, l’insegnante, il sacerdote, dopo una vita intensamente vissuta e dedicata al servizio del Signore e della Chiesa ritornava alla casa del Padre il 14 luglio 1998. Le sue spoglie riposano nella cappella del Rosario del Cimitero di Rossano insieme a quelle di altri sacerdoti.
Bibliografia
[1] T. PIRILLO, Nota scritta di propria mano, Rossano, Giugno 2019.