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Lo Sport: specchio della società e del nostro tempo

3 minuti di lettura

di MARTINA CARUSO

Vi siete mai posti questa domanda? Se sì, qual è la risposta? Ma state tranquilli, non siete sottoposti ad alcun test. Non vi diremo quale lavoro svolgerete, a quanti anni troverete la vostra anima gemella, o quale sarà il vostro destino. Eppure, tutto parte da qui: da un gioco. Da una metafora che lascia trapelare l’immagine di una società nella quale i confini e i riferimenti sociali si perdono e i poteri si allontanano dal controllo delle persone. Ma immaginate di dover dare una risposta. State ripercorrendo quella linea sottile, lunga, tormentata oppure costante, che vi ha condotto fino a dove siete ora? Niente paura, questa metafora trascina con sé tante memorie del passato, ma anche tante speranze nel futuro.  E’ un’avventura, però, che richiede forte investimento di umanità e passione etica. Ma tutto trova fondamento nella cultura sportiva. La questione etica precede lo sport, convive con lo sport e dà vero compimento allo sport. E lungi dall’essere un’ipotesi, il legame tra sport e società, o politica, è talmente stretto che è assurdo ipotizzare che le due sfere si possano dividere. In contrapposizione, buona parte della critica sociale sostiene che lo sport debba continuare ad essere tale, scevro da qualsiasi connotazione ideologica. E’ insomma solito il mantra che lo sport dev’essere solo sport, la politica solo politica: entrambi i fenomeni devono continuare ad essere inesorabilmente separati e che, quindi, le manifestazioni sportive sono come l’oppio dei popoli dalle quali stare il più lontano possibile. Spostiamo il nostro focus nel passato e non possiamo non essere convinti delle ineludibili connessioni che legano lo sport alla politica e, più in generale, alle problematiche sociali ed economiche che investono la vita di ogni giorno; “quelle manifestazioni e quelle gare” svoltesi in “spazi altri” in cui vige un tempo separato da quello quotidiano, si configurano come espressioni culturali, politiche e sociali degli esseri umani. Non solo, durante un’attività sportiva, culture diverse entrano in contatto, cosicchè, inevitabilmente, lo sport diventa veicolo di presentazioni di caratterizzazioni locali e nazionali ad altre comunità. I protagonisti delle competizioni, in qualche modo, rappresentano entità geopolitiche, che gareggiando, sviluppano un senso di identificazione collettiva più forte.  “Sport. Si potrebbe definire il sedimento di un odio universale finissimamente diffuso, che precipita nelle competizioni sportive” famosa citazione di Robert Musil, dimostra come lo sport sia, se così si può dire – una vera e propria “cartina tornasole” della società. A partire dai giochi inverali de ’68 a Grenoble, ai giochi olimpici del ’72 organizzati a Monaco di Baviera. Contestazioni anti-apartheid analoghe a quelle che si presentarono ai giochi di Rhodesia, nei quali diversi stati afroamericani minacciano di boicottare la manifestazione. Insomma, lo sport è sempre stato simbolo di forza e coraggio e il mondo delle spettacolari manifestazioni sportive si conferma ancora una volta profondamente legato alle problematiche culturali e sociali, nonché etiche e religiose, della realtà. Si potrebbero identificare come delle guerre senza spari, anche se gli episodi di violenza rimangono sempre più attuali. Svariate sono le motivazioni che spingono i tifosi, protagonisti assoluti delle gare, i giocatori, a scontrarsi fra loro : ricerca di identità, sfogo protagonistico, ricerca di eccitazione, condizionamenti sociali, quali xenofobia e razzismo. Gli eventi sportivi e, in particolare le partite di calcio, sono stati spesso utilizzati come occasione di manifestare opposizione e resistenza nei confronti dei leader nazionali. Gli scontri sono più usuali a livello di club, dove possono trovare espressione violenta i forti sentimenti di identità locale e regionale. In Italia, questo tipo di rivalità riproduce le divisioni culturali del Mezzogiorno. Le minacce e intimidazioni presenti al Sud, in tutti i campionati, partendo dai campionati professionistici a quelli dilettantistici, occupano il 52% dei casi a livello nazionale. Un dato abbastanza preoccupante che assegna al Meridione il ruolo di “curva vergognosa” dello sport nel Paese. Pertanto, comincia a  delinearsi una nuova concezione di “sport” che si presenta come uno spaccato amplificato della realtà all’interno del quale agisce il medesimo campo di forze in conflitto. Una concezione di sviluppo che trova completa espressione nella società odierna: un mondo nel quale operano gli stessi diritti umani che, quotidianamente, vengono annullati e calpestati dalla realtà globale che ci circonda.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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