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Viaggio negli ospedali di Corigliano-Rossano, tra chi lavora e chi si imbosca

3 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO – In Calabria manca personale sanitario. È un mantra di cui sentiamo ormai parlare da più di cinque anni; da quando la Pandemia da Covid-19 arrivò a stravolgere abitudini e, in Calabria, anche ad aprire (finalmente) una vertenza seria sulla Sanità. È vero, alle nostre latitudini mancano medici, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici e inservienti, tutte figure che molto spesso sono difficili da reperire. Una carenza cronica, pesante tanto che tutte le strutture sanitarie della regione (tranne quelle private) soffrono di ammanchi e defezioni.

Eppure di personale ce n'è, almeno nel numero da poter tamponare le emergenze, in attesa che la situazione si assesti e, prima o poi si definisca, anche grazie alla campagna di arruolamento e reclutamento messa in campo dal Commissario ad acta alla Sanità in Calabria, Roberto Occhiuto, che negli ultimi 3 anni ha assunto qualcosa come 4 mila tra medici, infermieri e OSS. Eppure non basta.

C'è sempre quell'emorragia che gronda sangue. Soprattutto negli ospedali. E tra questi anche – ovviamente – nei nosocomi di Corigliano-Rossano. Siamo andati sulle tracce di un Dossier fatto, attraverso carte e documenti, dal Gruppo del Movimento 5 Stelle nel Consiglio Regionale della Calabria che ha raccolto documenti e report che hanno sostanzialmente cristallizzato una situazione che si conosceva già, da sempre, ma alla quale fino ad oggi nessuno aveva saputo dare un numero e una forma: gli imboscati.

Quanti ce ne sono nello spoke jonico, soprattutto tra le fila del personale infermieristico, e se possono essere realmente definiti così, lo stabilirà un prossimo – atteso – provvedimento del management dell'Asp di Cosenza che ha avviato una ricognizione su tutte quelle figure assunte come infermieri ma che, in realtà, tutto fanno tranne che gli infermieri, per ri-inquadrare la loro posizione contrattuale.

I numeri, lo diciamo subito, sono di quelli importanti... E quello che hanno evidenziato i pentastellati (in attesa di conferme o smentite da parte degli organi preposti) sono dati allarmanti. Oltre ogni livello di guardia.

Partiamo subito dal numero del personale previsto all'interno della pianta organica. La capacità operativa degli ospedali di Corigliano-Rossano prevede, infatti, l'impiego di 318 infermieri divisi tra le diverse unità operative, i laboratori, la direzione dello spoke ed il blocco dell'emergenza/urgenza (126 a Corigliano e 192 a Rossano).

Di fatto, però, tra il “Compagna” ed il “Giannettasio” ad oggi lavorano soltanto – sulla carta – 266 paramedici (102 a Corigliano e 164 a Rossano). All'appello mancherebbero ancora 52 infermieri (pari al 16,4% dell'intero personale). Non sarebbe un dato “malvagio”, considerato anche il deserto di altre realtà ospedaliere della Calabria, se non fosse però che, da quanto portato alla luce dal Movimento, di questi 266 operatori assunti per svolgere le funzioni di infermieri, in realtà, ne lavorerebbero a pieno regime soltanto 211, sparsi tra Corigliano e Rossano.

Dove sono i restanti 55? Ecco questo sarebbe il numero presunto – a leggere il dossier dei postgrillini – degli imboscati (o semimboscati) dello spoke corissanese nell'ambito infermieristico.

Di questi cinquantacinque, 3 fanno parte del personale adibito ad attività amministrativa o diversa dal ruolo per il quale sono stati assunti; si tratta per l'appunto di collaboratori professionali sanitari (questo l'inquadramento contrattuale) di cui uno quale tecnico di laboratorio e due infermieri. I restanti 52, invece, sono personale con un certificato di inidoneità e/o idonei ma con una prescrizione limitante; quindi tutta gente che non può svolgere diverse mansioni, che non può fare reperibilità, che gode di altre limitazioni dirette o congiunte a svolgere il proprio impiego. Si tratta di un tecnico di laboratoro e di 40 infermieri presso l'ospedale di Rossano e di 11 infermieri presso l'ospedale di Corigliano.

Un numero enorme, dicevamo, perché a conti fatti, rappresenta un quinto dell'intero personale operante. Ora, volendo distribuire equamente, questo quinto (un infermiere su cinque) su tutti i reparti ne verrebbe fuori un'altra discrasia preoccupante, perché il venir meno di queste figure, su una pianta organica già di per sé compromessa, non consente – in senso assoluto – di poter pianificare i turni di lavoro, con turni di riposo e ferie.

E proprio una delle Unità operative a sentire maggiormente il peso di questo buco nero è il Pronto soccorso, dove – a quanto pare - si sentirebbero con più forza e violenza i pesi di queste defezione. Gli infermieri assegnati ai due punti di primo intervento presenti nello spoke sono 46 e sulla carta ne lavorano soltanto 38. Effettivi, però, che svolgono le loro mansioni, sarebbero poco meno di una trentina. Questo a tutto discapito di un servizio che è il front-office della nostra sanità... ancora malata!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.