Il procuratore Antimafia Nicola Gratteri perentorio: «Nella Sibaritide c'è ancora tanto da lavorare» - VIDEO
Il capo della Dda di Catanzaro ieri a Crosia Mirto per un bellissimo confronto con gli studenti traentini: «È da anni che ripeto che questo territorio è scoperto. C'è poca presenza di Polizia giudiziaria rispetto ai bisogni»
CORIGLIANO-ROSSANO – È un Nicola Gratteri come sempre schietto, crudo, perentorio, chiaro, quello che ieri pomeriggio a Crosia Mirto ha incontrato una grande e attenta platea di giovani studenti delle scuole superiori della comunità traentina che gli hanno posto tante domande alle quali ha risposto con puntualità ed entrando nel merito. L’occasione è stata quella per presentare il suo ultimo saggio sulla ‘ndrangheta – “Fuori dai Confini” scritto a quattro mani insieme al prof Antonio Nicaso ed edito da Mondadori – ma che si è subito trasformata, sin dalle prime battute del dibattito, tenutosi all’interno del Palateatro comunale, in un grande messaggio di speranza per una Calabria che, con coraggio, sta iniziando a slegarsi dai legacci della criminalità e del malaffare. E questo – ha tenuto a rimarcare il Procuratore Antimafia – è un messaggio per tutti, intergenerazionale, «perché – ha detto Gratteri – il futuro è di tutti i viventi. Non solo dei giovani».
Ed è una speranza concreta che fonda le radici nel merito. «Il mondo – ha ricordato il magistrato - è pieno di figli di nessuno che ce l'hanno fatta. Perché hanno studiato da quando erano bambini. Se si studia, se si è davvero preparati non ce n'è per nessuno. Il mondo è pieno di genitori semianalfabeti eppure i loro figli ce l’hanno fatta». Una metafora semplice e motivazionale per scardinare gli alibi. Gli alibi di chi pensa che nella vita, per andare avanti, servano le raccomandazioni. «Esistono, ci sono, ma alla fine solo chi è davvero meritevole arriva ad emergere».
Ma a Mirto non c’è solo il Gratteri pedagogo, che rivolgendosi agli educatori ha rimarcato come alla volte «più che in visita ai tribunali – ha detto il procuratore di Catanzaro - i ragazzi andrebbero portati a visitare i luoghi di lavoro e le comunità di recupero per tossicodipendenti, così che vivano – ha detto – l’esperienza diretta del merito e della sofferenza, per capire quali sono le strade da percorrere e quelle no». C’è anche il combattivo magistrato e la sua esperienza ultratrentennale sul fronte della lotta alla ‘ndrangheta. Ai ragazzi ha parlato di questa sua vita votata all’affermazione della legalità e della giustizia.
Ha raccontato delle dinamiche dei collaboratori di giustizia («oggi c'è più propensione a collaborare perché c'è meno inclinazione al sacrificio. La collaborazione è un fatto di convenienza») ed è entrato con un fendente in quella grande polemica che si sta consumando in questi giorni sull’utilità della misura carceraria del 41bis. «Il fine del 41bis – ha spiegato - era e rimane quella di impedire che il capomafia mandi fuori messaggi. La cultura del revisionismo che si fa oggi attorno a questo argomento credo sia figlia di una politica sempre più debole e rappresentata da persone sempre meno autorevoli». Insomma, una politica che non sa portare avanti le ragioni dello Stato. E Gratteri sottolinea come l’attuale sistema giudiziario consenta di uscire dal carcere, anche se si è all'ergastolo. Come? «Se diventi collaboratore e dici tutto quello che è di rilevanza penale e di tua conoscenza».
Non solo. Gratteri ieri è tornato a parlare in un territorio che da anni ormai reclama una maggiore presenza dello Stato. Una zona, quella della Calabria del nord-est, che è stata privata di un tribunale e dove le forze dell’ordine hanno organici fermi alle esigenze degli anni ’80 ma soprattutto dove la droga continua a girare sempre con maggiore frequenza tra i giovani, dove si susseguono atti intimidatori, dove è forte la piaga del caporalato e si percepisce una forte presenza della criminalità organizzata.
«Sono anni che ripeto – ha detto il procuratore Gratteri – che l’Alto Jonio crotonese e la Sibaritide è scoperto. C’è poca presenza di polizia giudiziaria rispetto ai bisogni. Non è un territorio da sottovalutare – ha sottolineato il capo della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro – proprio per la tipologia dei reati che qui si consumano. Noi abbiamo fatto degli interventi sul piano giudiziario però c’è da fare tanto altro. Ma per farlo abbiamo bisogno di più polizia giudiziaria che presidi questo territorio»