Un esercito di nuovi poveri nella Sibaritide: sempre più gente in fila alla Caritas
Nei centri Caritas delle diocesi di Rossano-Cariati e Cassano si distribuiscono oltre 600 pasti al giorno. Don Cipolla: «Oggi si rivolgono a noi anche quelle persone che non diresti mai». Don Marino: «Pronti ad aprire un nuova mensa»
CORIGLIANO-ROSSANO - Oltre 500 pasti al giorno forniti dalla Caritas di Corigliano-Rossano e più di 80 quelli dispensati nella Diocesi di Cassano Jonio. La crisi non risparmia il nostro territorio e mette in ginocchio anche coloro che, fino a qualche tempo fa, riuscivano a barcamenarsi tra reddito di cittadinanza e qualche lavoretto saltuario.
«Difficile fare un preciso identikit di chi si rivolge a noi – confida don Claudio Cipolla, direttore dell’ufficio diocesano Caritas di Rossano-Cariati. «Oggi - aggiunge - viene a chiedere aiuto anche quella tipologia di persone alle quali non sembra mancare nulla, con una macchina, vestiti bene, ma che in realtà stanno vivendo un momento di grosse difficoltà economiche».
A riprova di questo c’è l’annuncio di don Mario Marino, direttore della Caritas diocesana di Cassano allo Jonio: «Una nuova mensa sta per aprire anche a Sibari presso la Parrocchia di San Giuseppe», segno evidente della necessità di far fronte alla crescente richiesta di aiuto. E non parla certo straniero chi si rivolge alla Chiesa. O almeno non solo. Mentre nella Città unica gli utenti della mensa sono per il 45% italiani e per il 55% stranieri – complice la presenza di una più ampia comunità straniera – nell’area di Cassano quegli 80 pasti vanno ripartiti in media tra 60 italiani e una ventina di stranieri.
In aumento le richieste di aiuto per caro bollette e visite mediche
Poi c’è il caro bollette, la necessità di avere delle scarpe nuove, oppure quella di andare fuori regione per affrontare visite specialistiche e interventi chirurgici. Il cosiddetto turismo sanitario è una delle piaghe della Calabria, in cui la mancanza di strutture specializzate e macchinari all’avanguardia costringono i calabresi a mettere la propria salute nelle mani degli ospedali di altre regioni. Ma il viaggio costa, così come la permanenza fuori casa.
Ed ecco che le Diocesi cercano di far fronte a queste spese e di garantire il diritto alla salute anche a chi, in una condizione di indigenza, non potrebbe permettersi le cure. Poi ci sono gli empori della carità dove è possibile rifornirsi di beni di prima necessità e vestiti. «Le nostre Caritas sicuramente mettono a disposizione beni materiali, ma lavorano moltissimo attraverso l’ascolto. Cerchiamo sempre di capire chi abbiamo davanti – spiega don Claudio Cipolla – al fine di andare oltre alle difficoltà oggettive e conoscere il vissuto che c’è dietro. Ogni persona è una storia».
Nelle Diocesi si effettuano anche dei corsi per gestire al meglio quel poco che si ha e sfruttare al massimo le piccole risorse di cui queste famiglie usufruiscono. «Non ci fermiamo soltanto a risolvere il problema imminente – spiega ancora don Claudio. Non ci limitiamo a pagare le bollette inevase o a garantire un pasto caldo. Puntiamo a risolvere il problema più dal profondo, invitando chi viene da noi alla collaborazione e cercando di responsabilizzare le persone».
E il domani non lascia ben sperare. Il caro vita non molla la presa e le famiglie sono sempre più strozzate tra pagamenti e rincari: la coperta è corta. «Il nostro – commenta don Mario con amarezza – è un territorio dove si fa fatica, non ci sono grandi aziende ed è complicato trovare lavoro». «Prevedo tempi difficili – aggiunge don Claudio – le richieste d’aiuto sono destinate ad aumentare. Già dopo il covid le persone che si sono rivolte a noi sono cresciute del 30%, non escludo che in questi tempi duri per tutti la forbice possa ampliarsi ancora».