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Scuole deserte, campionati di playstation, ospedali al collasso: così rimarremo intrappolati nel tunnel del Covid

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Facciamo che finora abbiamo scherzato. Abbiamo dato probabilmente credito a chi continua a dire che il Covid-19 è poco più di una influenza stagionale. Ora basta. Anche perché stanno venendo meno tutte le tutele. E finché ognuno gioca con la propria pelle, ci sta. È un diritto – nemmeno tanto – che rientra nelle proprie facoltà. Quando, però, a rischio ci siamo tutti per colpa dell’incoscienza di alcuni (che stanno diventando sempre di più) servono dei paletti.

È tutto vero, il Sud e la Calabria ancora una volta si trovano a dover fare i conti con la coperta corta dell’Italia, rimanendo ovviamente e inesorabilmente scoperti: con il didietro rivolto alle intemperie. Logicamente la Zona Arancione adesso in Calabria non ha senso, così come non ha avuto senso tenere “recluso” in casa tutto il meridione l’anno scorso. E mentre al nord vanno avanti i vaccini (quelli buoni perché, a noi ci rifilano in gran parte il vaccino proletario che sembra acqua fresca e provoca tanti effetti collaterali) ed il Covid arretra, da noi, sui lidi e l’entroterra magnogreca l’emergenza è adesso.

Eppure dobbiamo andare in assalto alla baionetta, senza difese, perché in realtà non ci sono più soldi per fare un vero lockdown e dare sostegno alle attività che dovrebbero restare chiuse.

Ma il problema non è solo questo. Già, perché i guai un po’ noi del sud, calabresi e della Sibaritide ce li andiamo a cercare con il lanternino. Molti dicono che sia “sfiducia e stanchezza” io penso, invece, che in alcuni casi ci troviamo di fronte ad una vera e propria ondata di ignoranza e menefreghismo. Perché se oggi, probabilmente più che a dicembre o gennaio, sarebbe stato giusto chiudere le scuole - e non perché le aule siano fonte di contagio ma perché potrebbero diventare base di possibile divulgazione del virus in un contesto in cui ormai il Covid circola in modo del tutto indisturbato in più contesti della comunità – è chiaro che questa equazione deve valere per ogni occasione di vita sociale.

Oggi, invece, ci troviamo a vivere il paradosso del paradosso. Siamo in Zona Arancione, i contagi sono alle stelle, le scuole sono aperte ma nessuno manda i propri figli in aula (e la didattica a distanza ovviamente non si fa) perché hanno paura che possano infettarsi, salvo poi autorizzare campionati di playstation in magazzini privati dove ci sono mega ammucchiate o consentire passeggiate in comitiva e assembramenti vari.

Risultato: una manica di ignoranti del domani e ospedali pieni di madri, padri, zii, nonni che si infettano e molto spesso ci lasciano la vita.

Giusto per intenderci: il Covid sul nostro territorio ha un tasso di ospedalizzazione di oltre il 10%: su 586 contagi nell’ultimo mese 58 sono ricoverati (5 in condizioni gravissime) e 22 persone sono morte. Tutto in 30 giorni.

A questo punto viene da chiedersi se il problema sia davvero la scuola o le centinaia di “cuminelle” che ancora oggi si ripetono in modo perpetuo, senza alcun disturbo o se il pericolo vero non sia l’incoscienza di alcuni che pur sapendo di aver avuto contatti con persone positive ed essere, così, potenziali “untori” continuano ad andare in giro e ad incontrarsi come se nulla fosse.

Mi chiedo, ancora, se non sia giunto il momento di abbandonare la carota e passare diritti al bastone. Certo, in Zona Arancione è molto più difficile perché la gente deve – giustamente – ritornare a lavorare e far girare l’economia. Ma serve buonsenso e dove il buonsenso non arriva serve l’intervento delle istituzioni, servono più controlli, servono le “sanzioni educative” che hanno un sapore forse soffocante, poco libertario e dittatoriale, ma adesso probabilmente sono uno strumento efficace.

Serve, però, mettere con le spalle al muro chi dovrebbe fare e ancora non fa. Soffocare i pochi ospedali esistenti di malati covid è pericoloso per tutti. Perché non riaprire subito gli ospedali periferici? Abbiamo ascoltato i prediconi a reti nazionali unificate sulla necessità di avere presidi e medici per curare i malati in Calabria. Abbiamo sentito ministri, onorevoli, sottosegretari, presidenti facenti funzioni e commissari dirci che gli ospedali di Trebisacce e Cariati vanno riaperti. E quindi? Quando li apriamo questi ospedali?

Anche in questo caso, allora, serve concretezza. Magari, una class action popolare che chiami in causa tutti (il governo nazionale, quello regionale, la struttura commissariale e l’Asp) per omicidio colposo ed omissione di soccorso verso una popolazione che davvero non sa più a che santo votarsi per vedersi riconoscere un diritto. Quello alla salute

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.