di MATTEO LAURIA Il rebus della giunta. Ore trepidanti per il neosindaco
Stefano Mascaro, impegnato nella selezione dei componenti della nuova squadra di governo. Meccanismo complesso, un po’ com’era nelle previsioni. Un esecutivo a sette teste: si ipotizzano la figura del vicesindaco espressione politica e tre esterni e tre interni tanti quanti spettano al Pd e al CCI. Lo scontro, neanche troppo sotto traccia, è sul nominativo di
Nicola Candiano, a cui si pensa di attribuire la carica di numero due della giunta con delega al bilancio. Ma è una indicazione malgradita su più fronti. Le indiscrezioni si moltiplicano: tra i contrari, il Consigliere regionale Giuseppe Graziano a capo di un movimento (Il Coraggio di cambiare l’Italia) che nasce proprio nell’ottica del rinnovamento. Il leitmotiv del “generale” è: largo ai giovani e al ricambio generazionale. Tale orientamento cozza con l’ipotesi “Candiano”. Altra contestazione all’ex sindaco, mossa prevalentemente da alcune aree dello stesso Pd, è il fatto che Candiano non abbia inteso metterci la faccia misurandosi con l’elettorato. Ha preferito non esporsi. Né lui né il figlio. Ed elettoralmente non è un vincente: l’urna lo ha spesso bocciato. Candiano ha comunque uno sponsor: si chiama Teodoro Calabrò. In questo contesto,
avanza Aldo Zagarese con tutte le carte in regola per assumere la carica di “vice”, ma le pressioni contrarie non mancano. Entrare in giunta per chi è stato eletto in Consiglio comunale è spesso un’arma a doppio taglio. Il rischio è che al primo rimpasto possa trovarsi fuori da tutto. Ecco perché, in talune decisioni, occorre tanta prudenza. La politica, si sa, è il regno dell’incertezza e in quanto tale è in continua evoluzione. È difficile prevedere le mosse altrui. E tutto questo in un
ambiente dove la “diffidenza” tocca punte massime. Spinge l’area Micciullo, da un ventennio con ruoli importanti nell’agone politico cittadino, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra. Antonio Micciullo non ha intenzione di stare fermo, vuol far pesare i suoi voti e punta alla presidenza del consiglio comunale o a un posto in giunta attraverso una sua indicazione. È indubbio: la presidenza del consiglio dovrà essere affidata a un “marpione” con capacità tali e tante da poter gestire quei “volponi” del calibro di Tonino Caracciolo, Flavio Stasi, Ernesto Rapani, Giuseppe Antoniotti e Giuseppe Caputo. Quest’ultimo nel ballottaggio ha pubblicamente preso le distanze dai due competitor, ma risulta che molti suoi seguaci abbiano espresso indicazioni a favore di Mascaro. L’ufficio di presidenza avrà dunque bisogno di una personalità capace di neutralizzare le “arringhe” della minoranza. Che, questa volta, senza nulla togliere al passato, è decisamente di qualità. Al momento, appare lontana l’idea di attribuire alla minoranza la presidenza del consiglio. Eppure,
si respirerebbe profumo di democrazia se lo scranno ai vertici dell’assise civica fosse assegnato al vincitore morale delle elezioni: Flavio Stasi. Perde quota Rosellina Madeo, il consigliere anziano che presiederà il primo civico consesso, mentre appare possibilista l’ipotesi di un ritorno di Vincenzo Scarcello, presidente uscente prima del commissariamento. Scarcello pare scalpiti anche per un posto in giunta.
Spunta il nome di Leonardo Trento, già assessore all’urbanistica con Filareto, e sostenitore del candidato Caracciolo. Un girovagare che in tempi di “trasversalismo” non fa neppure notizia. Dalla società civile, arrivano altri nomi che potrebbero dare nuova linfa:
Natalia Cherubini e
Odette Carignola. Il clima di veleni sembra essersi ormai dissolto. Con la chiusura dell’urna, è cessata anche la macchina del fango. Che ha lasciato ferite profonde ancora sanguinanti, ma che avranno un seguito giudiziale. La degenerazione d’altronde era nell’aria. Questa testata l’aveva preannunziata in tempi non sospetti: troppa litigiosità, troppa contrapposizione, troppi candidati. E tanto odio. Non a caso, si perorava la causa del boicottaggio dell’urna o, in alternativa, l’ipotesi di una candidatura frutto di una coalizione dalle larghe intese. Si era incassata la disponibilità di un magistrato, Sergio Caliò, messa in discussione da chi è finito in Consiglio comunale con ruoli da “alzata di mano”. Considerati, tuttavia, la mediocrità diffusa confermata nei fatti e il livello di povertà intellettuale generale, oggi si può senz’altro affermare che bene ha fatto il Giudice Caliò ad abbandonare il percorso politico appena accennato. Appare scontato che dell’epilogo della campagna elettorale ne abbiano un’ampia responsabilità quanti si sono posti di traverso all’indicazione di Caliò, la cui presenza avrebbe indiscutibilmente evitato cotanto degrado.
Tutto questo senza nulla togliere all’attuale sindaco Mascaro, persona distinta, che ha preso le distanze dall’incultura e dall’inciviltà.