di MARTINA FORCINITI Si sa che quando di mezzo ci sono i rifiuti c’è poco da stare allegri. E se la via del turismo marittimo e paesaggistico verso le valli sibarite, per non parlare del sogno agricolo, non sanno mostrare il loro lato migliore è anche per le tristi storie di ordinaria sporcizia che, nel nostro territorio, hanno pressoché del grottesco. Che la Calabria sia trattata alla stregua di un immondezzaio, a rischio commissariamento un giorno sì e l’altro pure, è più o meno risaputo. E qui, nella nostra Piana, in un momento di scarsità di materie prime e di crisi ambientale ormai sotto gli occhi di tutti, la presenza della discarica di località Bucita, a Rossano, fa sembrare operazioni come la bonifica e il risanamento ambientale obiettivi fin troppo esasperati. Se è vero, come lo è, che lo sversamento quotidiano di tonnellate di rifiuti nell’impianto ha da sempre comportato una difficile opera di mediazione con le popolazioni interessate. Che, in ogni caso, hanno sempre responsabilmente sopportato numerosi disagi, dimostrando sensibilità rispetto ad una problematica che incide fortemente sulla salute e la salvaguardia dell’ambiente. Non di meno, ormai da anni si parla di danni materiali, ambientali e di immagine alla città e a tutta l’area jonico-cosentina. E in attesa della prossima emergenza – cestini e cespugli colmi di rifiuti, strade disseminate di immondizia e scenari alla Cape Town non sono poi un così lontano ricordo – il culto dell’inerzia continua a generare mostri: spesa pubblica gonfiata, tasse impietose e servizi indecenti. Così, lungi dall’interrompersi, il giro delle preoccupazioni ricomincia e si alimenta sulla scia della consapevolezza che il ciclo calabrese dei rifiuti minaccia ininterrottamente la salute – ma anche le tasche – dei cittadini. «La Regione ha recentemente indetto un bando per l’affidamento temporaneo di un anno della gestione della discarica – afferma a
L’Eco dello Jonio Natalino Chiarello, ex assessore all’ambiente della passata giunta Antoniotti – che provvederà anche a mettere in moto un meccanismo di
revamping (revisione e ammodernamento,
ndr) dell’impianto. Peccato, però, che sulla discarica a servizio dai nostri amministratori non sia stata detta una parola. Per questo l’
amministrazione Antoniotti si è subito detta favorevole al
revamping, a patto però che questo venisse accompagnato da un contestuale piano di caratterizzazione e bonifica della discarica a servizio. Ma perché l’ammodernato impianto di selezione possa funzionare per i comuni consorziati, la discarica non può assolutamente servire altri comuni. Il limite di abbanco è di novemila tonnellate l’anno e se il numero dei centri urbani aumentasse, vedremmo ridotta la possibilità di tonnellaggio e, conseguentemente, di scarico per gli altri. Compromettendo, in contemporanea, il conseguimento delle percentuali di differenziata da raggiungere. È chiaro, quindi – prosegue Chiarello – che
la presenza dell’impianto sul territorio non può non compromettere il successo della campagna di raccolta differenziata, nella misura in cui il numero dei comuni serviti (circa 42) è sostanzialmente superiore rispetto alle potenzialità. In effetti, nel caso specifico di Rossano, l’abbanco consentito è di 25 tonnellate a settimana. Tutto l’eventuale raccolto differenziato in eccesso, non potendo essere scaricato, scade e finisce in discarica. Con l’effetto deleterio per i cittadini, tra gli altri, del pagamento di una tariffa superiore rispetto a quella dovuta». Come dire, nelle situazioni estreme l’Italia e – per effetto della proprietà commutativa – la nostra bella Calabria danno il meglio di loro. Forse perché sanno vivere solo in emergenza, fra mancate programmazioni e precauzioni che, piuttosto che rimediare ai problemi, li prevengano. Ma tant’è. Nel frattempo, in attesa dell’estate che verrà, si accendono ceri. Pregando che nuovi blocchi e guasti all’impianto non costringano i turisti a fuggire a gambe levate. E con la molletta al naso.