di SAMANTHA TARANTINO Recuperare e riabitare un centro storico. Quello di Civita. Ritornare a riappropriarsi di antichi saperi contadini, coinvolgendo i cittadini. Lavorare la terra e comprare i prodotti direttamente dal contadino e recuperando la sovranità alimentare e il controllo del consumatore sulla propria nutrizione. Un contatto vero senza filtri per recuperare sé stessi. È l’ambizioso progetto, o per meglio dire esperimento di
Michela Cusano, ricercatrice amante della terra, romana di nascita, alla ricerca di un luogo dove ancora la natura ha da insegnare. E Civita, nel cuore del Pollino, fa al caso suo. La Calabria come la Campania sono ancora custodi di antiche pratiche contadine - ci dice la Cusano - aria pulita ed integrità di mestieri. Il recupero di esperienze della cultura più verace e nello stesso tempo valorizzare la parte più alta di Civita sono strettamente legati al valore dell’accoglienza. È da qui che parte il nostro progetto,
con inizio nel primo weekend di luglio - continua Michela - dall’accogliere donne, soprattutto quelle provenienti dalle città caotiche che nel traffico convulso e nello stress del fare tutto in tempo, hanno perso sé stesse.
E quale luogo ideale se non le gole del Raganello, previa una sana meditazione con lo
yoga Kundalini (quella prettamente femminile), per poi dedicarsi al raccolto di primizie e alla semplicità di acqua e farina per una pasta che più genuina non si può. Perché stare dietro ad una scrivania, ha sì reso la donna emancipata, ma le ha pur sempre fatto perdere la propria identità, nel rincorrere un’uguaglianza di genere forse troppo ricercata e mai fondamentalmente ottenuta. Viene da dire ma poi perché? E alle donne che il tempo ha regalato longevità, altre donne chiedono di accompagnarle in un viaggio verso un piccolo mondo antico, misto di magia e misticismo, di racconti e balli popolari, e come sottofondo l’armonia del tamburello e della zampogna che accompagnava il lavoro nei campi. Finocchietto, amaranto, capperi, erbe officinali, iperico e tanta tantissima menta selvaggia con quell’odore inconfondibile ed evocativo che sa di buono e di pulito.
E riqualificando e riabitando vecchie dimore ci si rigenera - conclude Michela Cusano. Come alzare un vecchio baule e trovarvi non pietre preziose e materialità, ma l’essenza del ritorno e del recupero.
Un progetto inclusivo aperto a tutti per mantenere vivo la genuinità dei cibi sani. Un’integrità che il contadino possiede.Un ruolo sociale di custode a tutela delle biodiversità. Eppure proprio il suo mestiere è stato penalizzato dal paradosso odierno delle norme igieniche che hanno reso illegale tutto ciò che è sano ed integro. E sulla linea dei pochi ma buoni la relazione umana è servita.