Siamo ai limiti del cosiddetto «razzismo sanitario... prima il negozio era pieno, mattina e sera, ora, invece, entrano circa tre persone ogni due ore»
di Martina Caruso La linea che separa chi offre aiuto e comprensione da chi ha bisogno di riceverli, si sposta continuamente, invertendo i ruoli in un moto continuo. Ma conoscete l‘espressione «siamo tutti sulla stessa barca?» Se la barca fosse immensa e sferica, potremmo dire di essere tutti un grande unico corpo sullo stesso pianeta, chiamato Terra. Negli ultimi mesi c’è un fattore che sta mostrando la coesione della società, così come non accadeva da tempo: il Coronavirus dimostra quanto il mondo sia saggiamente unito; evento più unico che raro, dato che non sempre accade. Ma è vero che dove c’è la paura giunge l’attimo di coraggio? Il comportamento dei cittadini, verso i cinesi, è sempre più irrazionale e offensivo: come sappiamo, la trasmissione del virus è legata a luoghi e contatti, non a un’etnia. La prima epidemia social sta mettendo a dura prova le nostre strutture sanitarie, che stanno reagendo onorevolmente. La nostra intelligenza, invece, un po' meno. Inutile provare a fermare questa psicosi, poiché i fatti attestano il contrario: «La gente ha paura – ci racconta il titolare di un china-store di Corigliano-Rossano - e le vendite sono crollate più dell’ottanta per cento. Prima il negozio era pieno, mattina e sera, ora, invece, entrano circa tre persone ogni due ore». A complicare una situazione già delicata, la titolare di uno dei negozi cinesi della cittadina di Corigliano Rossano dichiara: «Il ragazzo che scarica la merce, che ho sempre aiutato, da quando si è scatenato il virus, non vuole che lo aiuti». Forse converrebbe chiedere aiuto ad Alessandro Manzoni, che di epidemie e caccia all’untore se ne intende, ma parliamoci chiaro, c’è una bella differenza tra la peste manzoniana e il coronavirus: non siamo ignoranti e impotenti. Siamo informati e stiamo reagendo. Per ora, però, stiamo facendo finta di non sapere ed è «meglio non mangiare nei ristoranti o comprare dai cinesi». Già, perché è meglio emarginare che affrontare all’unisono questo momento di difficoltà che è di tutti e non solo dei cinesi. Sotto le lanterne rosse, non splende più la solita folla, i ristoranti, infatti, da centinaia di coperti quotidiani, chiudono la loro cassa registrando circa trenta coperti al giorno: «La gente ha paura, ma noi siamo sempre qui. Aspettiamo, questa cosa passerà, come tutte le altre malattie, e quando finirà, torneremo ad essere
normali», afferma il titolare di un altro china-store della nostra cittadina. Un’inutile “caccia all’untore” che evita di far frequentare ristoranti e negozi cinesi, trascurando il fatto che se non si frequentano gli store presenti sul nostro territorio si finisce per danneggiare l’economia di quest’ultimo.