Campotenese, la paura travestita da prudenza: il dibattito sull’accoglienza divide il Pollino
Dopo le polemiche sul possibile CAS, Pino Le Fosse (PD): «Non è l’accoglienza a minacciare i borghi, ma la paura del futuro»
MORANO CALABRO - C’è un filo sottile che attraversa le montagne del Pollino in questi giorni, un filo teso tra diffidenza e speranza. Da quando si è diffusa la notizia dell’ipotesi di un Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) a Campotenese, il borgo al confine tra Calabria e Basilicata è diventato epicentro di un dibattito che racconta molto più di una scelta logistica: racconta la fragilità e la paura del futuro delle aree interne.
Le posizioni si sono moltiplicate. Il sindaco di Morano Calabro, Mario Donadio, ha difeso il modello del turismo sostenibile e dell’agroalimentare di qualità come unica via di rinascita. Il consigliere comunale Biagio Angelo Severino, con toni più cauti, ha parlato di “accoglienza sicura e programmata”, ma ha definito Campotenese “non idonea” a ospitare un centro del genere. In sostanza, il messaggio è chiaro: qui si teme che l’arrivo di migranti possa rappresentare un ostacolo, non un’opportunità.
Ma c’è chi la pensa diversamente. È il caso di Pino Le Fosse, della direzione provinciale del Partito Democratico di Cosenza, che in una lettera aperta ha ribaltato la prospettiva: «I borghi del Pollino – scrive – non si spopolano per troppa accoglienza, ma per mancanza di persone, di opportunità, di un’idea di futuro e, forse, anche di coraggio. L’accoglienza, se ben gestita, rafforza le comunità, non le indebolisce».
Le Fosse, pur riconoscendo la necessità di regole chiare e gestione trasparente, indica una strada politica: rafforzare il sistema SAI, quello pubblico dei Comuni e dell’ANCI, e superare la logica dei CAS, troppo spesso imposti dalle Prefetture ai territori senza coinvolgimento locale.
Ma non risparmia critiche al Governo Meloni, accusato di aver trasformato la gestione migratoria in un continuo stato d’emergenza: «Dopo il fallimentare tentativo di esportare l’accoglienza in Albania, ora si scaricano sugli enti locali le conseguenze di una gestione confusa e priva di visione».
Il ragionamento è politico ma anche civile: un’accoglienza partecipata e integrata può essere un argine allo spopolamento. Nei modelli di Riace, Badolato, Acquaformosa, l’inclusione ha ridato vita a scuole, botteghe, comunità intere. «Il futuro delle aree interne si costruisce aprendo, non chiudendo», ribadisce Le Fosse, che invita il suo stesso partito a «tornare protagonista» di una politica che unisca accoglienza, diritti e sviluppo locale.
Oggi, tra le voci che invocano prudenza e quelle che chiedono coraggio, Campotenese diventa così simbolo di un bivio più grande: scegliere se difendere il passato o costruire il futuro.
E in questo bivio, la vera emergenza non è l’arrivo di migranti, ma la solitudine dei borghi che non sanno più accogliere neppure se stessi.