Disaffezione al voto, quanto incidono le "liste bloccate"?
La riflessione di Iemboli: «Con il vigente sistema elettorale i candidati eletti non hanno responsabilità diretta verso i cittadini e sono contenti di essere prigionieri in una gabbia d’oro e ben pagata. I cittadini sono indignati e reagiscono non recandosi alle urne»
CORIGLIANO-ROSSANO - Che sempre meno persone si rechino alle urne per votare è sotto gli occhi di tutti. Ma quali sono le ragioni per questa disaffezione alla politica? I parlamentari di oggi hanno realmente peso all'interno delle scelte governative? Siamo davvero dinanzi all'eclissi della partecipazione al voto e ci stiamo avviando verso un’oligarchia?
Da queste domande parte la riflessione di Enrico Iemboli, già sindaco di scala Coeli che si sofferma proprio sul "peso" reale dei parlamentari nel sistema delle liste "bloccate": «È dal 2019 che per evitare l’esercizio provvisorio il Governo ha preso la cattiva abitudine di approvare la legge finanziaria in foto-finish imponendo al Parlamento il “voto di fiducia”. Anche per la finanziaria 2025 si è ripetuto lo stesso rito: senza esame in commissione e senza dibattito l’Assemblea dei parlamentari è stata obbligata ad approvarla senza che nessuno potesse intervenire per integrarla o modificarla o semplicemente per esprimere il proprio parere. Al di là delle tante considerazioni che si possono fare, nel metodo e nel merito del documento finanziario più importante dell’anno, c’è da rilevare che la sua approvazione rappresenta la cartina di tornasole di quanto un parlamentare italiano può incidere sulla produzione delle leggi».
«L’attuale legge elettorale, la n. 165 in vigore sin dal 2017, prevede che il proporzionale funzioni su un meccanismo di liste (così dette) “bloccate”. Questo significa che i partiti indicano già prima l’ordine di elezione dei candidati in ciascuna circoscrizione. Il parlamentare fortunato che senza meriti si trova proiettato in Parlamento non ha altra scelta che “ubbidire” a chi lo ha fatto eleggere.
Quando era previsto il voto di preferenza, il parlamentare non accettava totalmente tutto ciò che gli veniva imposto perché era forte dei consensi (di preferenza) che gli conferivano direttamente i cittadini del suo collegio elettorale. Questa autonomia lo legittimava a fare proposte per integrare o modificare una qualsiasi legge senza che nessuno glielo impedisse, ma anche a fare proposte di interesse generale oltre che a favore del territorio dal quale proveniva. Egli sentiva di rappresentare il luogo ed il posto presso il quale era stato eletto non solo come una posizione da occupare ma anche come un incarico da svolgere con lealtà verso le istituzioni e verso i suo bacino elettorale».
«Oggi, con il vigente sistema elettorale (liste bloccate) i candidati eletti non hanno responsabilità diretta verso i cittadini e sono contenti di essere prigionieri in una gabbia d’oro e ben pagata. La maggior parte di loro ubbidisce alle indicazioni del proprio “capo” politico nei confronti del quale nessuno osa esprimere dissenso. Non sono i cittadini che decidono con il loro voto di preferenza chi mandare in Parlamento, ma i segretari e i leader dei partiti a selezionare e scegliere e lo fanno tra i più devoti e “servizievoli”. Stando così le cose, quale partito e quale leader ha interesse a cambiare questa pessima legge elettorale? Nessuno!»
Ed è proprio qui il nodo, secondo Iemboli, che porterebbe i cittadini ad allontanarsi dalla politica. «I cittadini sono indignati e reagiscono non recandosi alle urne, ecco del perché siamo in piena eclissi della partecipazione, alimentata dalla convinzione che voto, politica e istituzioni siano il territorio del nulla dove si giocano partite finte. Purtroppo senza il coinvolgimento dei cittadini non ci può essere democrazia. A causa del fenomeno dell’astensione l’Italia si sta avviando verso un’oligarchia e non prendere in seria considerazione questo fenomeno è da suicida. Rinunciare al voto e astenersi dall’impegno di apporre una croce su una scheda è il segno del drammatico sfilacciarsi di un legame che invece è essenziale».
«Un tempo i partiti, i sindacati e la stessa informazione erano garanti della libertà, oggi sono quasi tutti asserviti al “potere” di turno ed hanno assunto la funzione di tramutare il cittadino in follower passivo e privo di voce. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno ha detto che per combattere la crisi della partecipazione bisogna ascoltare tutto ciò che ci succede intorno ed ha affermato che è arrivato il momento di “rigenerare la politica” recuperandola al suo compito originario. Per farlo però è necessario il contributo dei cittadini ma anche e soprattutto da chi amministra la cosa pubblica il cui primo dovere deve essere la mediazione positiva verso il bene comune».
«Mi auguro che la voce dello sdegno diffuso venga ascoltata e la politica “che conta” non faccia finta di nulla. Il cambio della legge elettorale grida la sua urgenza, il cittadino ha diritto di riappropriarsi della possibilità di “contare” e di “decidere”, di sapere che il suo voto è utile. Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli e siccome per natura sono portato a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune, spero di vedere un segnale in questa direzione. La legge elettorale doveva essere già cambiata da tempo ma non è stato il primo pensiero di nessuno leader di partito né dei singoli parlamentari, questo Governo l’ha inclusa nella riforma madre del “Premierato” e non si sa se e quando vedrà la luce. Mi auguro che all’interno del loro gruppo i parlamentari di questa fascia Jonica abbiano il coraggio e la capacità di essere protagonisti di una qualche iniziativa e non si limitino a fare al Governo la solita e sterile “interrogazione” diventata ormai routine. Il territorio ha cominciato a rivendicare una maggiore attenzione e più autonomia politico-amministrativa, è stata proposta la istituzione di una nuova Provincia nell’area Sibari-Pollino sulla quale la maggior parte dei Sindaci si è già pronunciata. A prescindere dal merito, i nostri parlamentari hanno espresso una loro opinione?
Nessuno di loro ha reso noto cosa ne pensa né ha preso iniziative pubbliche per un confronto con i cittadini».
«Viene quindi da pensare che vogliono stare lontani dai problemi, non assumere nessuna responsabilità, nemmeno di opinione. Dovremmo smetterla di considerare la politica come una partita a scacchi o un gioco di potere, dovrebbe invece essere un percorso fatto di discussioni, di grandi ideali, di progetti e di coinvolgimento. Solo così si può contribuire a “rigenerare” la politica che purtroppo sta morendo a poco a poco insieme alla democrazia. È iniziato l’anno del Giubileo, sta agli uomini di buona volontà tradurre la speranza in realtà».