Amministrative Co-Ro, spunta un documento "strano" sottoscritto all'unanimità dal direttivo PD alla vigilia di Natale
Tutti d'accordo (anche gli stasiani) affinché il Partito Democrativo indichi un candidato sindaco («senza ingerenze») ed otto punti per il cambio di rotta: ma Stasi per andare avanti ha bisogno di questo per candidarsi e vincere?
CORIGLIANO-ROSSANO – Sotto l’albero di Natale il Partito Democratico di Corigliano-Rossano ha trovato un regalo sicuramente inatteso: i dem pare abbiano trovato quell’unità che appena una settimana fa sembra persa per sempre. Il 21 dicembre scorso, infatti, al termine di una riunione del direttivo è stato sottoscritto da tutte e tre le componenti del partito (quella che fa capo alla corrente del segretario Madeo, quella Tagliaferro/Genova e quella di ispirazione stasiana) un documento "strano" (inedito per la sua collegialità) che, di fatto, rimette al centro le prerogative del partito in vista delle prossime amministrative cittadine della primavera prossima.
«Il direttivo – si legge nel documento, che rimane ancora “sotto chiave” – approva all’unanimità la linea politica e le linee programmatiche per le comunali 2024, con l’indicazione al centro sinistra di un proprio candidato a sindaco».
In questa frase c’è tutta una filosofia, fatta di concretezza e orgogliosa cazzimma, che se da un lato conferma quella che è da sempre la linea del segretario cittadino Franco Madeo (contro il quale è fallito il golpe che era stato ordito per spodestarlo e insediare un commissario); dall’altro costringe i seguaci di Stasi a ridisegnare una strategia. Quel documento, in realtà, gli stasiani lo hanno firmato, probabilmente, con la consapevolezza - sempre che alla fine si voglia un PD nella coalizione civica - di poter cambiare le sorti del cammino di avvicendamento alle urne con un piano B: persuadere, se non tutto, quantomeno la maggioranza dei democrat coriglianorossanesi a indicare Stasi come candidato.
I toni dello scritto, pur rimanendo cordiali e convergenti, mettono alcuni paletti che concretamente chiamano in causa proprio la condotta dell’attuale governo civico. «Tutto il gruppo dirigente – si legge nel documento - si è trovato d’accordo nel riaffermare l’autonomia decisionale del partito di Corigliano-Rossano in ordine alle scelte da assumere in prospettiva delle prossime elezioni comunali, scevra da qualsivoglia ingerenza esterna e rispettosa delle regole democratiche di partecipazione nel percorso di definizione del processo decisionale». Una sottolineatura importante che rivendica una propria autonomia, forte e chiara, dal centralismo (o cosentinismo) partitico. Quasi a voler far trasparire – leggendo tra le righe del documento – che, fino ad oggi, tutte le decisioni che hanno coinvolto il partito locale sarebbero state prese a Cosenza e mai concertate all’interno della base cittadina.
Al contrario, però, nel documento si utilizza una terminologia quasi ecumenica, di conciliazione. Conciliazione che finora era stata solo auspicata ma che in realtà pochi o nessuno voleva. «Si è condiviso», si legge, che si debba avere conto del «più complesso quadro politico e della situazione amministrativa, meritando maggiore approfondimento» e il necessario impegno per «l’allargamento del campo progressista e la ridefinizione delle priorità programmatiche».
Ed è proprio su questo punto che ci si aspetta un cambio di rotta da parte degli stasiani che se fino ad oggi hanno lavorato per il sostegno senza sé e senza ma al secondo mandato di Stasi, oggi dovranno essere quanto più persuasivi per convincere che alternative convincenti, in realtà non ce ne sono e che quella di Stasi è l’unica via possibile.
Del resto, il ragionamento attorno alla necessità di costruire in tempo una candidatura nel contesto sociale di una città grandissima, vale per il centro destra (che è ancora in alto mare) quanto per il centro sinistra. A cosa serve mettere in gioco un candidato che non conosce nessuno o comunque conosce solo una parte della città, con la certezza di un flop garantito? Ecco perché la carta Stasi per il centro sinistra e per il PD, principalmente, potrebbe essere, alla fine, l’unica percorribile per un progetto che possa avere qualche chance di vittoria. E questo lo sanno gli stasiani democrat che giocano a scacchi con il partito locale; lo sa il resto del PD che vuole alzare la posta in palio nel contesto delle alleanze; e lo sa pure Stasi che, alla fine, consapevole di un (oggi possibile) suo secondo mandato farebbe volentieri a meno delle zavorre partitiche che creano solo legacci, trappole e ricatti.
C’è, poi, una seconda parte del documento che potrebbe essere titolata così: «governare non è solo amministrare!» Ed è la rassegna di tutte le cose che il PD di Corigliano-Rossano, di fatto, non ha gradito e non gradisce di Stasi, un sindaco devotissimo all’ordinaria amministrazione che è scambiato per attività straordinaria. E si passa dall’operazione decoro («dovrebbe essere demandata agli uffici») diventata centro focale dell’attività amministrativa che, invece, dovrebbe occuparsi di «dare indirizzi e programmare» per finire alla visione di territorio «che attraverso canali istituzionali e strumenti urbanistici appropriati, migliori e valorizzi le proprie vocazioni naturali. Che metta in campo una progettualità capace di coinvolgere tutti gli enti comunali, l’Università, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e gli Ordini Professionali e quant’altro». Ritorna, poi, il tema di Insiti che il PD indica come luogo ideale per «realizzare la cittadella degli uffici e dei servizi, il punto condiviso e marcatore della nuova città, elemento baricentrico su cui deve gravitare tutto il territorio, che valga anche come segno fisico e visivo dell’unificazione delle due ex comunità». C’è la questione PSA che, nonostante sia stato approvato, non tiene conto dell’avvenuta fusione di Corigliano-Rossano; c’è la necessità di fare «una serrata lotta alla criminalità e a ogni forma di illegalità che pervade il nostro territorio come, purtroppo, la cronaca quotidianamente registra»; ci sono da sbloccare le questioni legate allo sviluppo economico della città, dall’agricoltura alla pesca per finire alle «proposte del settore industriale nel Porto»; c’è da definire il ruolo dell’Istituzione comunale nelle politiche di integrazione dei migranti e nel sistema di accoglienza per «contrastare le politiche del governo Meloni». E infine, l’aspirazione ad avere «Un’Amministrazione futura, democratica e progressista, che abbia come principi guida la trasparenza e la legalità. Favorendo in materia di assunzioni, autorizzazioni e concessioni, senza forzature, il merito e dando, soprattutto ai giovani, l’idea di una sana applicazione dei criteri della “qualità” e della “trasparenza” e contro ogni tipo di favoritismo».
Insomma, una serie di punti che, in realtà, sembrano una richiesta a Stasi all’ascolto e al cambio di rotta. Cosa otterrebbe Stasi da questa riconciliazione con la base del partito (atteso che il sindaco è in contatto frequente con le alte sfere del partito)? Un gruppo di persone pronte a dare «proposte, idee, il nostro simbolo, le nostre donne, i nostri uomini e i nostri giovani, soprattutto… e un progetto a servizio esclusivo della città».
Sommessamente – Ma Stasi ha bisogno di questo per candidarsi e vincere?