Lo Statuto comunale? Strumento superfluo: «C’è quello di Corigliano»
Il vicesindaco Salimbeni “gela” tutti con una posizione sincera ma svela anche un’impasse dalla quale la Maggioranza non riuscirà mai ad uscire. Questo stallo imbarazzante, però, ferma la costituzione dei Municipi. Abbiamo aperto un sondaggio
CORIGLIANO-ROSSANO – Nell’ordinamento giuridico italiano, lo Statuto comunale dovrebbe rappresentare l’atto normativo per eccellenza per ogni Comune. Quindi tutta la serie di regole su cui si fonda l’amministrazione di una città senza le quali sarebbe il caos. Nel caso specifico di Corigliano-Rossano il condizionale è d’obbligo, perché ad oggi la terza grande città della Calabria è una delle rare realtà locali del Paese che non ha un suo Statuto. Questo, nonostante siano trascorsi già tre anni dall’avvento della nuova amministrazione comunale, la prima della neapolis della Sibaritide. E se la Costituzione italiana, che pur avendo ormai 75 anni rimane una delle più moderne e attuali mai partorita dai popoli democratici, venne redatta in poco meno di un anno, a Corigliano-Rossano i tempi di gestazione di uno Statuto sembrano essere diventati elefantiaci (anche di più).
Certo, da parte dei cittadini che vivono all’ombra estesa del Patire non c’era sicuramente la presunzione di essere governati dai padri costituenti. Ma avere una classe politica con una visione di città, che si occupasse più di grandi questioni, di programmazione, di prospettive e meno di beghe di quartiere, quella sì, era un’aspettativa. Purtroppo e almeno per il momento disattesa.
Ma poi che sarà mai uno Statuto comunale se non arriva acqua nelle case? Certo, è un ragionamento legittimo ma degno di una tribù e non certo di una città. Del resto, seppur con toni diplomatici e finissimi, era stato lo stesso vicesindaco Maria Salimbeni, intervenendo ad una puntata dell’Eco in Diretta nel gennaio scorso (rivedila qui), a dire che «se non ci fosse stata tutta questa campagna mediatica, dello statuto comunale nessuno se ne sarebbe mai occupato».
«La mancanza di uno Statuo comunale – aveva precisato ancora la Salimbeni - innanzitutto non determina l’immobilismo delle istituzioni. Che continuano a vivere e a ragionare ugualmente, perché esistono delle norme transitorie e soprattutto perché la legge regionale sulla fusione prevede che in mancanza dello Statuto vigono le regole dell’ex comune più grande tra quelli fusi. In questo caso quello di Corigliano».
Ovviamente, ai cittadini – dicevamo – interessano i servizi: che non manchi l’acqua, che le strade non siano dissestate, che le scuole siano riscaldate d’inverno e che gli studenti possano accedere ai servizi scolastici (come la mensa), che i depuratori non scarichino a mare la qualunque e che la spazzatura non resti per le strade (anche se già questo sarebbe un discorso più alto). Cosa può fregarne a un cittadino dello statuto comunale se non ha le cose essenziali? Giusto, ma a questo punto non servirebbe nemmeno l’ingombro di un governo politico. Basterebbe un commissario con buone capacità amministrative per far funzionare la macchina comunale e, quindi, i servizi.
Ma questo è anche il peccato originale della politica e soprattutto del populismo che dietro al paravento dei disservizi, celano anche una latente insipienza nel fare le cose. Nel caso specifico di Corigliano-Rossano, però, sono anche i numeri a non confortare più la maggioranza del sindaco Stasi nella complessa via verso l’approvazione del primo nuovo statuto della città. E la “soluzione Salimbeni” che proroga ad interim lo statuo dell’ex comune di Corigliano è quella giusta proprio per uscire dall’impasse di una maggioranza risicata.
Questo stallo imbarazzante sullo statuto comunale, però, ferma un altro passaggio essenziale, previsto dalla Legge Regionale sulla fusione: la costituzione dei 7 Municipi. Quell’appendice del Palazzo di Città ramificata sul territorio che consentirebbe di decentrare i servizi e avvicinare, così, il Comune a tutti i cittadini che vivono in un territorio vastissimo che da Apollinara finisce a Pantano Martucci.
Ma è proprio il decentramento di servizi che non piace a Stasi e alla sua maggioranza. «I municipi – aveva precisato ancora la Salimbeni - mal si attanagliano alla nostra realtà amministrativa». Per due ragioni. La prima: «sono una sovrapposizione di strutture di cui non abbiamo bisogno perché sono un costo ulteriore per i cittadini»; la seconda: «sono inutili, in quanto in molte città medio-grandi come la nostra, come Pesaro, hanno rinunciato ai municipi».
Sulla questione dei municipi, e sulla loro utilità, però, vogliamo andare a fondo, per capire realmente se la volontà della maggioranza politica che tiene le redini della città è in linea con quella della popolazione. E per questo abbiamo lanciato un sondaggio sulle nostre pagine social (clicca qui per partecipare al sondaggio su Telegram) ponendo ai cittadini un quesito chiaro e semplice:
Volete che lo Statuto del Comune di Corigliano-Rossano, al fine di adeguare l’azione amministrativa alle esigenze del decentramento secondo efficienza e partecipazione, debba prevedere l’istituzione di Municipi in aree omogene del territorio comunale, con poteri e modalità di partecipazione alla programmazione amministrativa e di gestione dei servizi?
PARTECIPA QUI
Sarà possibile partecipare al sondaggio fino alle ore 20 di domenica 10 Aprile.