Pnrr, il Sud partecipa poco ai bandi «a causa di una classe politica improvvisata e inetta»
È l’accusa di Orlandino Greco (IdM): «È venuta meno la partecipazione ai bandi e la capacità progettuale e amministrativa degli enti regionali e locali»
CATANZARO - «Grande fiducia è stata riposta nel Pnrr da parte del Paese e a maggior ragione dalle regioni del sud, in virtù proprio di quel 40% da rispettare e destinare al Meridione. Un’occasione unica per bilanciare equità territoriale e abbattere i diversi gap che ancora sussistono, dai servizi alle infrastrutture, e quindi il divario nord-sud, che oggi pesa più che mai sull’intero Paese. Ma, già dalle prime battute e con l’arrivo dei primi fondi, si è palesata una situazione che è a dir poco imbarazzante e sulla quale più volte la ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, è intervenuta in maniera chiara e diretta. L’impegno sulla carta è stato rispettato, così come si evince dai dati riportati dal Ministero sia con riferimento al Piano nazionale ripresa e resilienza che al Fondo complementare al Pnrr, che insieme valgono 222 miliardi di euro. Quello che è venuto meno è, invece, la partecipazione ai bandi e la capacità progettuale e amministrativa degli enti regionali e locali».
Lo afferma Orlandino Greco (L’Italia del Meridione) che così continua: «Da convinto meridionale in un’ottica nazionale non posso che prende atto della situazione e rimandare le responsabilità a chi negli anni ha prodotto quella desertificazione di risorse umane, defraudando di competenze e professionalità proprio gli enti, a partire dai comuni, a cui oggi è chiesto un intervento massiccio e immediato nelle risposte sulla spesa dei fondi».
«La battaglia fatta sugli asili nido – aggiunge - ha portato a finanziare i progetti di sviluppo sull’accoglienza dell’infanzia lì dove c’era più bisogno, quindi al Sud, ma il risultato è stato alquanto deludente con una risposta irrisoria da parte dei comuni del Mezzogiorno, trasformando il bando in un vero flop, a cui si è cercato di rimediare posticipando la scadenza della presentazione delle domande. Altrimenti circa 2 miliardi e mezzo rimangono non spesi, al di là del non garantire, ancora e nuovamente, un servizio primario come quello degli asili nido».
«Va da sé – spiega - che le diverse e continue battaglie portate avanti dai tanti movimenti territoriali e politici come Italia del Meridione naufragano sulla incapacità di una classe politica improvvisata e inetta. Più volte abbiamo evidenziato il problema di una totale mancanza di competenza di chi scrive e decide le sorti di interi territori. E se da una parte c’è ancora chi reclama il “maltonto” tirando fuori questioni anacronistiche in un momento storico come quello che stiamo vivendo, dove proprio il Sud può e deve fare la sua parte ed imporsi come motore della ripresa dell’intero Paese, c’è chi sottolinea, giustamente, la mancanza di capacità progettuale e decisionale».
«Ed è qui che inizia quella nuova battaglia, che IdM ha da tempo avviato, attestato che i vari governi che si sono succeduti hanno cancellato dall’agenda politica il Mezzogiorno, relegandola ad una semplice colonia di voti e negandogli crescita e sviluppo, oggi la questione si sposta molto più in alto. L’esigenza è quella di promuovere una classe politica e di dirigenti che sappia imporsi sul riconoscimento dell’equità ma che abbia anche le capacità di saper rispondere alle occasioni che ci vengono offerte, oggi con maggior peso dal Pnrr ma in generale a tutte quelle forme di finanziamento, nazionale ed europeo, che ci siamo lasciati sfuggire. Non è più il tempo di aspettare i treni ma è necessario salirci e dirigere il cambiamento».