Un rinvio dello sport che va “spinto ma anche tutelato” in considerazione non solo del valore economico ma anche di quello sociale dello sport
DI MARTINA CARUSO Ripulirsi di ogni caduta retorica e, se vogliamo anche ipocrita, sarebbe la cosa migliore da fare in questo momento, anche per evitare che il calcio esca da questa fase di emergenza con le ossa ancora più rotte. Il Presidente federale Gravina sta compiendo lo stesso operato di ogni presidente o amministratore delegato di qualsiasi altra azienda in questo momento, o almeno, sperando: provare a ripartire. I calciatori e i club del calcio italiano hanno espresso chiaramente la volontà di riprendere: «Ci piacerebbe tornare a giocare, evitando privilegi e corsie preferenziali». La Lega Calcio, nelle varie assemblee, ribadisce la volontà di provarle tutte, esponendo il protocollo sanitario da attuare. Gran parte dei presidenti delle società, però, si trovano di fronte a contratti in scadenza a giugno, prestiti e al rischio temuto della ripartenza e frenata brusca a causa di nuovi contagi. Il calcio non si ferma, ma impone le proprie condizioni. Ora tocca al governo che oltre a decidere le misure di riapertura per ristoranti, attività commerciali, dovrà far fronte al calcio. «Oggi non do per certa né la ripresa degli allenamenti il 4 maggio né la ripresa del campionato» Questa è la premessa del Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, a cui dovranno far fronte tutta la componente calcistica italiana, «riprendere gli allenamenti, non significa automaticamente riprendere il campionato», conclude. Certo, gli entusiasmi dei possibilisti ora sono più sopiti, mentre il Presidente del Coni Malagò afferma «è bene riprendere se c’è la volontà dei partecipanti, ma sarebbe giusto non assegnare alcuno scudetto nel caso in cui il campionato non riprende».
Nel caso infatti ripartisse la serie A maschile, come si potrebbe giustificare un ipotetico blocco del campionato femminile? L’applicazione delle norme del protocollo metterà in luce la fragilità del sistema del calcio femminile e tutte le sue contraddizioni, accentuando in maniera ancor più evidente il divario fra le società che hanno un corrispettivo maschile e le altre. Il rischio è quello di restare impantanati in un limbo senza via d’uscita che generare un vespaio di polemiche, qualsiasi scelta si faccia.