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Quando l’oblio può aprire le porte del Paradiso

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Raccontano i Greci che ai tempi in cui sorgeva il mondo, nasceva con esso una titanide potente e affascinante, figlia nientedimeno che di Urano e Gea, Cielo e Terra, bella tanto che fece di sé invaghire oltremisura Zeus. Non ci voleva poi tanto, in verità! E fu così che, simulandosi pastore, ben nove notti egli si trattenne con lei e nove le figlie, tutte femmine, che ne nacquero: Mnemosine l’affascinante e prolifica donna, amante e madre; le Muse le nove figlie che ne nacquero.

La memoria, questo il significato, è madre, pertanto di ogni forma di arte, linguaggio e cultura di tutti tempi. Memoria attiva e generativa, che impregnò di sé il pensiero occidentale, dalle sue prime forme orali, fino alla conquista della scrittura, poi della stampa, ora del digitale. Asse che attraversa i secoli, quasi sempre (con brevi eccezioni) ergendosi a paradigma di imprescindibilità, positività. Necessità.

Divinità positiva e benefica, Mnemosine è alternativa, eppure collegata, alla gemella meno amata, ma sempre esistita, Lete, la dea della dimenticanza, o, stando all’etimo, di ciò che si nasconde, si vela, si sottrae alla vista. Da figura antropomorfa, a pianura, a corso d’acqua, l’idea dell’oblio ha segnato, infatti, il passo di innumerevoli generazioni, ma non sempre guardata con occhio benigno. Anzi, spesso denigrata.

A differenza di quanto avvenga per le lingue germaniche, in quelle neolatine, infatti, il concetto si è legato ad un misto di irriconoscenza (s-cordare: uscire dal cuore) o di incapacità all’apprendimento (di-menticare: uscire dalla mente) o di diffusa superficialità.

Ma le cose non si presentano mai con un’unica dimensione e se Mnemosine può essere e resta tutrice di consapevolezza, a volte, tuttavia, le sue spire possono avvinghiare e la capacità di dimenticare, l’oblio, può rappresentare la conquista della libertà e la precondizione per una rinascita, per la realizzazione del proprio daimon. E’ quello che scopre Er nella Repubblica di Platone, anticipando, indirettamente ispirando, l’inventor della commedia umana per eccellenza.

Porto viva, nel cuore, la voce calda di mio padre nel ricordo di una citazione che amava e che scopro appartenere all’americano Skinner: la cultura è ciò che resta dopo aver dimenticato tutto. Mi ha sempre fatto pensare. Ricercare l’essenza. Poi penso a Cartesio, alla necessità di oblio sistematico prima di un ri-cordo voluto; penso a Nietzsche e alle sue riflessioni su quanto sia salutare ed elevata la dimenticanza attiva; penso alla nostra stessa fisiologia cerebrale -e a quella artificiale ad essa ispiratasi-, all’intrinseca necessità di un funzionamento dinamico della memoria e un’eliminazione del superfluo, per lasciare spazio al pensiero.

Ma, ancora di più, penso al carico emotivo dei ricordi di un passato triste; al condizionamento di una vita costellata da errori, rancori, esperienze negative; a quanto un viaggio nel dolore possa essere utile sì, educativo forse anche, ma solo se premessa da cui ripartire; gravoso, invece, inibente, fagocitante se non si è poi capaci di liberarsene. Penso, ancora, alla pedagogia dannosa, inutile e castrante dei sensi di colpa e del “tanto tu sarai sempre così”. Confido nella capacità, di ognuno, di essere sempre migliori di quel che si è. Che si è stati.

Quante volte occorre dimenticare per rinascere! Dimenticare il negativo per rinforzare la memoria del positivo e rinascere a nuova vita. 

Mito, religioni, Pitagora, Platone, Virgilio… Ancora una volta, Dante, con intensità palpitante e pensiero sempre attuale, personalizza una moltitudine di nozioni, concetti, idee, immagini, fonti che reinventa con la semplicità e la plasticità di chi fece in poesia il disegno più vivo dell’animo umano.

Dietro di sé il peccato, gli errori, le mancanze altrui e sue, quelle che la stessa Beatrice (povero lui!), agognata e ora raggiunta, non manca di ri-cordargli. Ma, al contempo, è Beatrice, salvatrice, donna, redentrice, a consentirgli la rinascita. Così, Dante rinnova, dalla tradizione, il fiume dell’oblio, attivandolo specificatamente, sulle colpe commesse e le proprie piccolezze, che d’ora in poi non dovranno più condizionare il personale ed esemplare percorso di salvezza. E, uomo di ogni tempo, moderno nelle sue fragilità perplesse, si immerge nelle acque liberatrici del Leté e rimuove ogni traccia del male dalla sua memoria, perché finché essa fosse rimasta attiva lui non si sarebbe sentito degno di aspirare alla felicità.

Ma poi inventa un secondo fiume, corollario e complemento del primo. E in nome dell’amore, quello di Beatrice, quello di Dio, quello del poeta stesso verso la debolezza umana, inventa l’acqua della memoria. La memoria dopo l’oblio.

Eppure l’Eu-noè è di più. Non genericamente Mnemosine, ma recupero e rinforzo solo del ricordo del bene che si è stati capaci di compiere e meritevoli di ricevere. Perché è quando ci sentiamo degni di bellezza e amore, quando impariamo ad amare noi stessi, quando la smettiamo di non sentirci capaci o meritevoli del meglio, quando regaliamo agli altri la fiducia di essere sempre all’altezza che, per noi e per chi ci sta a cuore, si aprono le porte del Paradiso.   

Alessandra Mazzei
Autore: Alessandra Mazzei

Diploma classico, laurea in Lettere classiche a La Sapienza, Master in Pedagogia, insegue una non facile conciliazione tra bios theoretikos e practikos, dimensione riflessiva e solitaria, e progettualità concreta e socialmente condivisa. Docente di Italiano e Latino, già Assessore alla Cultura e Turismo di Rossano, impegnata in diverse associazioni socio-culturali, ma, prima e più di ogni altra cosa, mamma, felice, di Chiara Stella, Gabriele e Sara Genise. Ha grande fiducia nelle capacità dei giovani, degli studenti, di quelli che poi restano e di quelli che vanno pensando un giorno di tornare. Spera di poter contribuire, insieme a loro e ad amici ottimisti, alla valorizzazione di questa terra di cui sente da sempre la forza delle radici, accanto al bisogno di paesaggi culturali ampi e aperti. Ama la scrittura, che vive, al pari dell’insegnamento, come itinerario di ricerca e crescita personale, da coltivare in forme individuali e collettive.