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Cos’è un classico per noi?

3 minuti di lettura

Quando il 18 maggio è arrivata la notizia della morte di Franco Battiato, la frase istintiva salita alle labbra è che sia stato… che è un classico. Lo è stato già in vita e credo lo sapesse pure. E di ciò era, senza esaltazioni, ma neanche finta modestia, consapevole.

Nei giorni successivi ho cercato non tanto le sue canzoni, ma le numerose interviste fatte all’uomo. Ho ringraziato la potenza delle tecnologie per la possibilità di ascoltare la voce viva di chi non c’è più e di interrogarla quando ne sentiamo il bisogno.

Ad appena nove giorni, in una modalità simile, di mattina, durante una lezione con i miei ragazzi, qualcuno dice “è morta Carla Fracci”.

Capita anche a voi? Quando siamo nelle nostre aule, uffici, stanze ci sembra che il mondo sia racchiuso in quella piccola bolla che ci tiene dentro, con tutte le dinamiche di umori, ansie o gioie che percepiamo assolute finché una notizia importante, un avvenimento, una vicenda che scuote le coscienze generali, non giunge dall’esterno come un ago a fare scoppiare la bolla del nostro assoluto. E ritorniamo piccoli piccoli, restituiti al relativismo del nostro minuscolo angolo di vita che a quel punto non scompare, di certo, non perde la sua importanza, ma si ridimensiona, e torna ad inserirsi nel fluire della Vita di tutti, nei rumori esterni di cui fino ad un attimo prima avevamo come attivato il muto.

“Distrazione provvidenziale”, d’altronde, questa: nessuno riuscirebbe a coltivare il suo piccolo giardino se lo percepisse pulviscolo. È proprio della cura che ognuno di noi dedica alle piccole (senz’altro sì!), ma determinanti aiuole del mondo che la Vita si nutre. O si offende, quando manca.

Cura. Senza accorgermene ho usato una parola tra le più evocative cantate dall’artista catanese, inno all’Amore in ogni sua forma: Ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.

Battiato e la Fracci, partiti verso altre mete, sono entrambi simboli di levità e valore; con la loro arte hanno lasciato una testimonianza capace di parlare ai più maturi e ai più giovani tra noi. Così per le generazioni future. Sono già un’opera classica! Ma perché? Cosa significa classico?

La parola, concepita inizialmente come settoriale, si è poi nei secoli vestita di sensi e significati via via più complessi e non univoci.

Il sostantivo classis, da cui l’aggettivo deriva, si riferiva per i latini ad un ambito militare ed economico-sociale. Riferito poi, per antonomasia, a chi faceva parte della prima tra queste classi, è avvenutoche classico sia stato sentito come sinonimo di elitario.

È nelle Notti attiche di Aulo Gellio (II d.c.) che l’espressione inizia a riferirsi all’ambito letterario e, in senso traslato, indica uno scrittore di prima qualità. Da allora, il termine è entrato nella critica letteraria, poi esteso alle arti in generale, per segnare ora gli antichi greci e romani, ora i pilastri di una storia patria, ora -da quando è entrato in voga il concetto di canone- gli autori meritevoli di comparire all’interno di una selezione operata. Da chi? In nome di quali principi? Qui la questione andrebbe alla lunga, ma basti dire che essa non è mai stata scevra da manipolazioni ideologiche, non sempre, o non in tutto, rispondenti a criteri unanimi di valore. Ne esistono? Forse è per questo che non amo le antologie preconfezionate, anche perché, specie dai banchi di scuola, è come se passasse il concetto che chi sta lì dentro valga, chi ne resta fuori no. I ragazzi non si regalano sempre il tempo per capire il chi faccia alcune cose e il come. Vanno per estrapolazioni rapide, a volte terribilmente scivolose.

Tornando a cosa sia un classico, agli sforzi fatti per individuarne le caratteristiche e alle interpretazioni date, sento passive e meno cariche di senso quelle coincidenti con un’epoca o una cultura precise. Concetto rigido, restrittivo, statico.

Molto più fertile assumere il termine nella sua dimensione più dinamica e aperta. Personalistica anche. Ci legittima lo stesso Calvino: il classico è quello che ci aiuta a definire noi stessi in relazione a lui. Poco importa a quale epoca o cultura appartenga. La modernità stessa ne può essere serbatoio, ogni volta che un autore, un artista, in qualunque linguaggio si esprima, ci porta a fermarci, ad andare al di là dei nostri affanni quotidiani, ma allo stesso tempo a quelli prova a cercare un senso. Un’alternativa. 

È classico ciò che tende a relegare l'attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno; e che persiste come rumore di fondo alche là dove l’attualità più incompatibile la fa da padrona. (Calvino)

Che meraviglia questa definizione!  

La cultura, nel suo senso più ampio di libertà di pensiero che resiste alla manipolazione e all’omologazione, trova nella testimonianza dei pochi grandi che attraversano ogni epoca baluardo e bandiera; cammina su un binario parallelo rispetto al fluire delle diffuse inconsapevolezze; ad esse guarda, più spesso con tristezza che con rabbia; e con gesto etereo -come quello di un verso, di una danza o di una sinfonia- dalla profondità dell’essere e della ricerca, attinge la levità con cui ci innalza al di sopra di noi e del nostro tempo. Ma è a partire da noi e dal nostro tempo che ci restituisce alla storia dell’uomo di ogni epoca. Di ogni dove.

A chi con la propria vita ha eretto un monumentum aere perennius. Grazie.

Alessandra Mazzei
Autore: Alessandra Mazzei

Diploma classico, laurea in Lettere classiche a La Sapienza, Master in Pedagogia, insegue una non facile conciliazione tra bios theoretikos e practikos, dimensione riflessiva e solitaria, e progettualità concreta e socialmente condivisa. Docente di Italiano e Latino, già Assessore alla Cultura e Turismo di Rossano, impegnata in diverse associazioni socio-culturali, ma, prima e più di ogni altra cosa, mamma, felice, di Chiara Stella, Gabriele e Sara Genise. Ha grande fiducia nelle capacità dei giovani, degli studenti, di quelli che poi restano e di quelli che vanno pensando un giorno di tornare. Spera di poter contribuire, insieme a loro e ad amici ottimisti, alla valorizzazione di questa terra di cui sente da sempre la forza delle radici, accanto al bisogno di paesaggi culturali ampi e aperti. Ama la scrittura, che vive, al pari dell’insegnamento, come itinerario di ricerca e crescita personale, da coltivare in forme individuali e collettive.