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Di Carolina e di chi ogni giorno è alla ricerca del senso

3 minuti di lettura

Ansia da foglio bianco? A chi non è mai capitata? A me sì, ora e non solo ora. E anche se quando capita agli studenti li sprono e mi fingo sorpresa, in realtà so che arriva quando si hanno troppe cose in testa senza sapere come metterci ordine: tutto sembra importante, meritevole di venire in primo piano.  

Stati liquidi e gassosi: sono così le idee, il senno… vero, Orlando? E proprio per questo è facile perderli. Cerco l’ampolla di questi quattro pensieri svaniti e, nel farlo, approdo su quella che fu per Ariosto la Luna: prospettiva inedita e straniante da cui considerare gli affanni e le avventure umane. E che affanni, di questi tempi! E che avventura il vivere di ogni giorno, pur quando ordinario e ripetitivo!

Dita alla tastiera, penso alle nostre mille contraddizioni ed incoerenze; al concetto, così relativo, di bene comune; all’ottimismo, difficile e necessario; alla scuola: vituperata, bistrattata, dimenticata… d’un tratto decantata, osannata, retoricamente sulla bocca di tutti. A noi donne, oggi, sempre.

Troppa roba. E tutto troppo caldo per me. Già lo sento il caporedattore: “Scrivi meno! La gente non legge per più di tre minuti!”.

Tre minuti? Meno il tempo già sprecato in queste prime fandonie. Che farò?

Magari… questa volta potrei solo provare a raccontare una favola, se mi viene un po’ in forma di filastrocca; pensando a te, Gianni.

Carolina degli Ubaldi era cresciuta senza saperlo. Ogni giorno, ogni mattina, si recava ancora a scuola: borsa ai fianchi, penna in mano, continuava puntualmente a prepararsi con disciplina. Oggi Roma, domani  Rossano, ieri Milano… viaggiava scrupolosa senza sosta: ogni giorno un nuovo corso, ogni esperienza una nuova lezione: le avevano detto che oggidì, se non continui brava brava ad imparare, niente poi da grande potrai fare.

Così leggeva, scriveva, studiava. Osservava. Solo che più si affannava, meno capiva, la meschina. Perciò, da sola, si bocciava e ripeteva, poverina, convinta che alla fine sarebbe apparsa la rivelazione.  

Sui giornali, nei caffè, leggeva articoli di Scienze: che gran po’ po’ di virologi e scienziati!  Responsabile, scrupolosa, lei appuntava, poi applicava, seria seria, ogni regola, ogni cosa; anche quella più faticosa. Mascherata, distanziata, se ne tornava, a fine giornata.

Ma lungo il Ticino, o a Campo dei fiori, o a sant’Angelo -di Rossano?-, notava la gente tranquilla per strada e si sentiva diversa e sbagliata: in tanti, allegri, facevano festa; senza scrupoli né mascherina, brindavano al giallo e all’arancio più scuro, fino all’ultimo chiaro di luna.

“Che strano!”, si diceva. “Mi sa che Scienze dovrò ristudiarla”.  

Mogia mogia, un po’ perplessa, verso casa se n’andava, dove a cena riascoltava la lezione del TG. “Tutti uniti occorre stare per la crisi fronteggiare; senza insegne, né partiti -né vittoriosi e neppure perdenti-, come i Padri costituenti, cercare la sintesi tra tutti gli addendi: il bene comune che fa tutti contenti! Mettiamo fine alla povertà, mentre salviamo la sanità!”.

Carolina era molto colpita da questo capitolo di Storia e, felice, motivata, era pronta ad essere interrogata.

Ma proprio quando il giorno arrivò, in taxi, di corsa, una voce ascoltò: “Manicaretti… Manicaretti…”.

Lei pensava a dei nuovi dolcetti! Macché, era il nome di un capo politico che, tra un decreto, un ristoro e un vaccino, aveva scelto quel giorno, preciso, per rilanciare, lì in pista, il boccino!

“Ma come…”, la studentessa pensò, “anche questa volta ho capito male? Non importa, ripeterò.”

E Carolina, lenta, un po’ stanca, riprese il cammino per il bel Paese.

L’8 marzo era intanto vicino, e in quel di Romagna, con Francesca da Rimini e con Dante suo autore, s’appressavano, contenti, a festeggiare ogni donna.

“Che bello, che gioia!”, Carolina esclamò.

“Ma, poi, ripensandoci, ci sarà da far festa? Francesca morì sotto l’arme violente d’un uomo sposato senza amore, ad inganno. Ogni giorno -ahimè- la sua storia rivive.

Non voglio vederla ancora soffrire e poco m’importa di versi, retorica e dei fiori del dopo!

Voglio leggi, sicurezza e una cultura più sana per dare senso e valore ad ogni vita umana.

Francesca deve amare senza pesi sul cuore: senza scrupoli, senza paure, senza condanne per lei. Né lussuria né disonore!

Stanne certa, compagna di Viaggio: né ieri né oggi può mai essere tua la colpa o vergogna del subire violenza.  

Sommo Maestro, ti chiedo perdono, ma sono ormai stanca di ipocrisie e di parole: Francesca -Tu lo sai!- era in tutto innocente e non vuole terzine, per quanto gloriose, se il mondo è per lei ancora oggi un Inferno!”

Letteratura? Sì, anche quella Carolina dovrà ripassare.

O forse no. Carolina ha deciso di smetterla di sentirsi sbagliata. Andrà per la Vita smascherando, sicura, soprusi, violenze, falsità ed inganni. E lo farà col sorriso!

Non sa se lotterà o se in silenzio, riservata, vivrà; ma, di certo, ha imparato e le sue scelte, da oggi, con più coraggio farà.

(foto in copertina di Rosellina Formoso)

Alessandra Mazzei
Autore: Alessandra Mazzei

Diploma classico, laurea in Lettere classiche a La Sapienza, Master in Pedagogia, insegue una non facile conciliazione tra bios theoretikos e practikos, dimensione riflessiva e solitaria, e progettualità concreta e socialmente condivisa. Docente di Italiano e Latino, già Assessore alla Cultura e Turismo di Rossano, impegnata in diverse associazioni socio-culturali, ma, prima e più di ogni altra cosa, mamma, felice, di Chiara Stella, Gabriele e Sara Genise. Ha grande fiducia nelle capacità dei giovani, degli studenti, di quelli che poi restano e di quelli che vanno pensando un giorno di tornare. Spera di poter contribuire, insieme a loro e ad amici ottimisti, alla valorizzazione di questa terra di cui sente da sempre la forza delle radici, accanto al bisogno di paesaggi culturali ampi e aperti. Ama la scrittura, che vive, al pari dell’insegnamento, come itinerario di ricerca e crescita personale, da coltivare in forme individuali e collettive.