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Shikata Ga Nai: accettare per ricostruire

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Non è importante come entri nel palcoscenico della vita degli altri, l'importante è l'uscita di scena; quindi prendi fiato, sorridi comunque sia andato lo spettacolo e fai il tuo inchino migliore.

Così Sir Charles Chaplin, icona del cinema muto. Consapevolezza, resistenza, forse anche amarezza; di certo saggezza in queste parole che restituiscono al teatro, e alla sua versione moderna del cinema, la dimensione esistenzialistica dell’essere palco della vita.

La chiusura e il personaggio in exitu sono sempre stati molto curati dai drammaturghi. E nelle nostre vite? Facile, quasi scontato, iniziare bene; difficile uscire di scena, curare, con gratitudine e rispetto, qualcosa che finisce, qualcuno che ci lascia.

La penna dello scrittore polacco Jerzy Lec scrive: A volte è solo uscendo di scena che si può capire quale ruolo si è svolto.

Nella complessa dinamica delle relazioni, in qualsiasi ambito esse si esprimano, non sempre siamo bravi a riconoscere agli altri, forse neanche a noi stessi, il ruolo svolto. Poi, quando il sipario si chiude, quando il personaggio se ne va, perché sceglie di farlo, o perché le circostanze, la vita, lo portano ad abbandonare la scena, solo allora, spesso, si diffonde la comune lucidità su cosa quella figura abbia rappresentato.

A suggerirmi l’innesco di queste divagazioni frammentarie, sospese, forse confuse, è stato il saluto dell’ex Presidente Conte a Palazzo Chigi. Non mi interessa -non ne sarei neanche capace- scrivere sul valore della sua azione politica. Mi è piaciuto soffermarmi, invece, sull’uscita di scena che il professore ha recitato (in senso positivo) sulla passerella della vita politica, sociale, umana. Non solo a lui i picchetti d’onore e il cerimoniale -così pare- degli applausi. Ma se su tutti si è aperto il sipario del saluto (li ho rivisti), ad altri sembra essere sfuggita l’importanza di quel momento.

Non solo arte istrionica; in quella scena ho personalmente apprezzato l’accettazione sorridente, consapevole, positiva; forse anche grata. Di certo proattiva.

Ma che arte difficile accettare la fine di una fase, di un’esperienza, di una relazione! Quanta violenza troppo spesso è spinta proprio da questa incapacità! Quanti se ne rendono atrocemente colpevoli! Le vittime? Pressoché  sempre le donne. E’ tristissima cronaca anche di questa settimana.  

La nostra vita è fatta di cicli, stagioni, piccoli mondi che ogni volta siamo portati a sentire come assoluti, ma che quasi sempre sono destinati a chiudersi per aprire le porte ad altri. Manzoni docet. Solo facendo pace con questa giostra su cui saliamo nascendo e riconciliandoci col passato potremo vivere in libertà il presente e aprirci con creatività alla fluidità sfuggente del futuro.

Partita difficile da giocare, specie quando a chiudersi è l’ultimo dei cicli che le Parche intendono filare per noi. 

Mi ha commosso leggere le parole di De Gasperi, a pochi giorni dalla morte: il Signore ti fa lavorare, poi quando credi di essere necessario e indispensabile, ti toglie tutto improvvisamente. Ti fa capire che sei soltanto utile, ti dice ora basta, puoi andare. E tu non vuoi, vorresti presentarti di là col tuo compito ben fatto e preciso. La nostra piccola mente umana non si rassegna a lasciare ad altri l’oggetto della propria passione incompiuto.

Tutti sogneremmo di sfuggire alla fine, ci illudiamo di essere insostituibili; ma, la lanterna di Diogene si accende e, con lucidità, ci suggerisce di testimoniare e consegnare ai nostri figli due scudi: l’accettazione e la resilienza.

Nel suo Wise Mind Living (Vivere con una mente consapevole)  la psicologa americana Erin Olivo spiega che la capacità di accettazione è tutt’altro che una passiva rinuncia a combattere, ma piuttosto quella condizione mentale che permette di fare i conti con le cose difficili che ci capitano e che non sta a noi cambiare. Una vera e propria life skill, abilità di vita, che si impara, dicono, e che oggi più che mai è imperativo insegnare ai giovani.

In questa società che Bauman ha efficacemente rappresentato con l’immagine della liquidità, è cambiato il concetto stesso di salute-benessere: non più uno stato, ma, per l’Oms, una condizione dinamica basata sulla capacità di interagire con l’ambiente in modo positivo, pur nel continuo modificarsi della realtà. Flessibilità, adattamento; resilienza, capacità -trasmutata dalla fisica alla psicologia- di saper resistere agli urti.

La cultura giapponese ci consegna l’espressione Shikata ga nai: accettalo, non c’è rimedio; metti da parte l’angoscia per concentrarti sul necessario: ricostruire la tua vita

La conclusione allo scrittore e medico indiano Deepak ChopraQuanto più le cose appariranno incerte, tanto più mi sentirò sicuro; l'incertezza è la via alla libertà. Accettarla favorirà l'emergere spontaneo delle soluzioni dai problemi. Entrerò nel campo delle possibilità infinite e sperimenterò tutta l'allegria, l'avventura, la magia e il mistero della vita.

 

IN COPERTINA: Il palcoscenico della Vita, Ignazio Perricci, 1870. Castello di Corigliano, Salone degli Specchi.

Alessandra Mazzei
Autore: Alessandra Mazzei

Diploma classico, laurea in Lettere classiche a La Sapienza, Master in Pedagogia, insegue una non facile conciliazione tra bios theoretikos e practikos, dimensione riflessiva e solitaria, e progettualità concreta e socialmente condivisa. Docente di Italiano e Latino, già Assessore alla Cultura e Turismo di Rossano, impegnata in diverse associazioni socio-culturali, ma, prima e più di ogni altra cosa, mamma, felice, di Chiara Stella, Gabriele e Sara Genise. Ha grande fiducia nelle capacità dei giovani, degli studenti, di quelli che poi restano e di quelli che vanno pensando un giorno di tornare. Spera di poter contribuire, insieme a loro e ad amici ottimisti, alla valorizzazione di questa terra di cui sente da sempre la forza delle radici, accanto al bisogno di paesaggi culturali ampi e aperti. Ama la scrittura, che vive, al pari dell’insegnamento, come itinerario di ricerca e crescita personale, da coltivare in forme individuali e collettive.