C’era un posto in cui, lo raccontano padri e nonni, avevamo tutto. Per viaggiare bastava saltare su uno dei tanti treni in partenza per il nord o l’estremo sud; in ospedale non si doveva sgomitare per essere curati; per far sì che la legge venisse rispettata c’era da percorrere solo una manciata di chilometri. Oggi, quei figli si trovano a vivere una realtà ben diversa. Quotidianamente, sbattono il muso contro tante porte chiuse. Negli ultimi quindici anni, il nord est calabrese non ha fatto che patire tagli, “ottimizzazioni dei costi”, soppressioni, accorpamenti, trasferimenti. Avevamo tutto, appunto. Avevamo ospedali che funzionavano, anche nelle periferie:
Trebisacce e
Cariati servivano territori vasti ma lontani da quelle che sono oggi le uniche due strutture ospedaliere operanti,
Rossano e
Corigliano. La loro chiusura ha ridotto ai minimi termini la quantità del servizio sanitario erogato. La mobilità pubblica era garantita: bastava andare alla stazione e fare un biglietto per qualunque destinazione. Non è rimasto nemmeno quel presidio di giustizia e dello Stato che, fino a poco tempo fa, assicurava la legalità. Armi e bagagli, è stato accorpato al
Tribunale di Castrovillari, lasciando da queste parti una ferita che non riesce a cicatrizzarsi, dopo una storia lunga oltre centocinquanta anni. In questo triste quadro, l’azzeramento dei livelli occupazionali rappresenta la quint’essenza dell’impoverimento dell’area che, se un tempo poteva contare anche sulla piccola industria, come quella centrale Enel che sta chiudendo definitivamente i battenti, oggi non conosce alternative se non quella di ripartire con le valige di cartone. E come se ciò non fosse già abbastanza, il colpo di grazia lo ha sferrato la cattiva gestione della cosa pubblica, che non ha saputo tutelare quel che resta dei settori produttivi chiave della Piana di Sibari, vale a dire agricoltura e turismo. Nelle ultime settimane, “
L’Eco dello Jonio” ha affrontato tutta una serie di grandi questioni: i trasporti, le infrastrutture, la sanità, insomma quei “grandi temi” su cui la Calabria, da qualche tempo a questa parte, non ha più voce in capitolo. Impoverita, scippata, lasciata a sé stessa. Viene spontaneo chiedersi: che fine ha fatto la politica? Mentre ci spogliavano di tutto, mentre ci strappavano via i servizi essenziali per i quali continuiamo a pagare le tasse, dov’era quella classe politica che aveva il dovere morale di difenderci, che avrebbe dovuto fare da scudo piuttosto che fuggire via a gambe levate? Perciò continuiamo a fare appello al prossimo Presidente della nostra regione, perché almeno lui possa tappare le falle di un “sistema politica” che fa acqua da tutte le parti.