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La scalata di Moisè Curia: dopo Braccialetti rossi, si aprono le porte del cinema

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di MARTINA FORCINITI Moisè Curia è decisamente cresciuto. È vero, sono trascorsi solo un paio d’anni dalla sua prima apparizione nella fortunatissima - e quanto mai profetica - fiction Rai “Braccialetti Rossi”, ma da allora il giovane rossanese di strada ne ha macinata davvero tanta. Protagonista di “Abbraccialo per me” - presto nelle sale – e di “La nostra Quarantena” di Peter Marcias – film d’apertura del 31° Alexandria International Film Festival – Moisè si è fatto in tre. E adora cambiare pelle: dai sintomi della “diversità” di un disabile mentale, alle pastoie fisiche di un malato di sclerosi multipla, fino alle piccole rivoluzioni di un giovane studente. Film che ti scaraventano addosso realtà a volte scomode, di certo laceranti e tormentate. Che ad interpretarle non bastano studi e mesi di preparazione. Ci vuole un dono naturale. Fare l’attore era il tuo sogno sin da bambino o sei stato catapultato in questo mondo per caso? Con quale formazione ti sei approcciato al mondo del cinema e della televisione? Ho sempre sognato di fare l’attore, non credo di poter fare un lavoro diverso da questo. Proprio per questo a 18 anni mi sono trasferito a Roma per frequentare il Centro sperimentale di cinematografia - diretto da un grande maestro come Giancarlo Giannini – e successivamente l’accademia Eutheca. La televisione e il cinema sono arrivati dopo qualche anno passato a girare l’Italia in tournee teatrali. Il mio attuale agente Daniele Orazi mi vide in uno spettacolo e mi propose un provino per la fiction Rai “Non è mai troppo tardi”, regia di Giacomo Campiotti. Nello stesso anno è poi arrivato il ruolo in “Braccialetti Rossi”, che fu proprio Campiotti a propormi. E da lì anche il mondo del cinema mi ha aperto le sue porte. E “Abbraccialo per me”, dove interpreti un ragazzo affetto da disabilità mentale, è in procinto di fare il suo debutto nelle sale cinematografiche. Come è andata? Come è stato interpretare questo ruolo? Ho lavorato molto su me stesso per poter interpretare questo ruolo e il regista Vittorio Sindoni mi ha aiutato molto, seguendomi in tutti i vari step che il personaggio affronta nel corso del film. Una grande attrice come Stefania Rocca, che nel film interpreta mia madre, mi ha offerto grande supporto e abbiamo cercato di creare un legame madre-figlio nella realtà della vita quotidiana prima ancora che in quella che del film, diventato parte integrante della nostra vita. Spero che il pubblico venga a vedere questo splendido film con cui abbiamo cercato di dare una speranza a tante famiglie che vivono questa situazione, a cui mi sento in parte legato. Con Braccialetti Rossi sei salito alla ribalta delle cronache nazionali. Poi Abbraccialo per me e La nostra quarantena. Avresti potuto immaginare questo – meritato – successo? Prima di “Abbraccialo per me” e “La nostra quarantena” ho lavorato nel film per il cinema “La buca" con Sergio Castellitto e Rocco Papaleo. Successivamente sono stato scelto da due maestri del cinema quali i Fratelli Taviani per interpretare uno dei protagonisti nel loro ultimo film “Meraviglioso Boccaccio”. Tuttavia non ho mai vissuto il successo come un arrivo, piuttosto come una conseguenza. Sarà che vengo da una famiglia molto umile, per cui resto con i piedi per terra e cerco di regalare emozioni attraverso i miei personaggi. A settembre, inoltre, sarò su Rai 1 in “Provaci ancora prof 6” e naturalmente in “Braccialetti rossi 3”. Poi ovviamente vi aspetto al cinema. Come vedi il tuo futuro e, alla luce della tua esperienza, cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera? Prossimamente, il 6 settembre, mi vedo alla 72esima Mostra internazionale del cinema di Venezia, a cui parteciperò per ritirare una menzione speciale. Poi andrò avanti cercando sempre una vetta più alta e, chissà, magari un giorno mi permetteranno di calcare il tappeto rosso che conduce agli Oscar. Al momento resto un giovane attore e l’unico consiglio che posso dare è quello di studiare e migliorarsi sempre. Perché credere nei propri sogni è un diritto, ma realizzarli è un dovere.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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