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La pacchia dei migranti, la rabbia dei residenti

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COMUNICATO STAMPA

1. Integrazione. Quando si sente discutere del problema dei migranti, si porta spesso ad esempio la migrazione degli Italiani da sud al nord (anche europeo o americano), e il loro iniziale tentativo di respingimento o rifiuto. Ma quando le persone del sud si spostavano, non erano portatrici di una cultura diversa: i loro riferimenti storici e sociali erano gli stessi delle zone di loro accoglienza. Era magari la loro povertà, il loro disagio, i loro usi quotidiani, che, diversi, provocavano un certo rifiuto. Superata la fase iniziale i migranti italiani del sud non ci hanno messo molto ad integrarsi, non tanto con una cultura “diversa” ma semplicemente con gli usi di una classe sociale un po’ più avanzata e benestante di cui hanno finito di far parte essi stessi. Diverso il discorso quando il migrante è portatore di una sua cultura, di suoi riferimenti storici e sociali. Che cosa può rappresentare per un migrante arabo e musulmano il ricordo di Giulio Cesare, Dante o Garibaldi? Assolutamente nulla. Lo stesso può dirsi per quanto riguarda la cultura del cibo, del credo religioso, dell’abbigliamento, dei rapporti familiari. Integrazione non significa certo soltanto imparare la lingua, o anche semplicemente accettare un sistema legislativo. Inoltre, c’è da osservare, che anche l’accettazione di un sistema legislativo avviene senza sentire come proprio tutto il passato storico che l’ha generato. L'esempio americano, anch'esso spesso portato ad esempio, conferma quanto detto. I migranti in America hanno loro stessi partecipato alla formazione del nuovo Stato, quindi avevano comuni riferimenti storici e culturali, ed erano, anche se provenienti da paesi diversi, integrati di fatto già in origine. Aggiungo che la stessa Inghilterra, principale protagonista della migrazione americana, era essa stessa conformata ad una matrice culturale romana.

2. La pacchia. L'ondata migratoria ha creato una filiera di sfruttamento del fenomeno. A monte di tutto, oltre al grave disagio economico di certe zone africane, ci sono gli scontri armati foraggiati dal tornaconto dei fabbricanti di armi. Poi i viaggi di spostamento, con i quali, prima per mezzo di camion, poi per mezzo di "barconi", vengono drenate notevoli quantità economiche ai migranti. In Italia avviene l'ultimo sfruttamento del fenomeno. Le risorse di 35 euro a migrante, non vengono semplicemente versate all'individuo, che potrebbe ben vivere con quella cifra in tutto il territorio nazionale, in attesa dell'accoglimento o meno della sua richiesta d'asilo politico, ma vengono versate ad organizzazioni che "trattengono" buona parte di quella somma.

3. La rabbia. Il disagio dei cittadini Italiani ha le sue ragioni, sia nel fatto che questa filiera economica di sfruttamento trasferisce nei territori il peso finale dell'accoglienza, sia nel fatto che il disagio di molti Italiani non viene sostenuto con analoga sollecitudine. Cosa impedisce di considerare "emergenza" l'esistenza di molte persone costrette a vivere in strada e dormire in macchina; o quella di interi nuclei familiari che, con 35 euro al giorno, potrebbero attenuare il loro stato di povertà? Forse l'impedimento è proprio quello che non ci sarebbero "organizzazioni" a gestire quei 35 euro.

Maurizio Silenzi Viselli

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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