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La Corajisima: una tradizione che ricorda la privazione del piacere

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Con il Martedì Grasso si entra in Quaresima. Muore il Re Carnevale e si entra nelle sette settimane di penitenza. Si chiude l’ultimo scampolo di duro inverno e la natura inizia a germogliare preparandosi alla primavera e alla Santa Pasqua. Oggi, mercoledì delle ceneri, inizia la Quaresima. Un periodo magico, ricco di misteri e che dalle nostre parti, in Calabria e così anche nel territorio ionico, parla di tradizioni e memorie. Alcune delle quali, finite nel dimenticatoio della globalizzazione (arrivata anche qui!), resistono ancora nei piccoli centri dell’entroterra. Parliamo della Corajisima, una delle usanze più antiche e misteriose del popolo calabro. Qualcuno forse - i più grandi principalmente - ricorderà i fantocci che si vedevano affacciarsi dai balconi delle case, tra i vicoli del centro storico o addirittura davanti alla porta d’ingresso delle abitazioni. Avevano diverse dimensioni. Un pupazzo ricoperto da vecchie stoffe, solitamente di colore scuro, che adornavano uno scheletro fatto di bastoncini di legno. Sopra c’erano cuciti dei bottoni che raffiguravano gli occhi e la bocca. E questo scheletro vestito veniva conficcato in un frutto: che fosse un limone, un fico secco o un’arancia piuttosto che una patata. Tenete a mente questi frutti perché il significato allegorico di alcuni di loro vi tornerà presto a mente. Un culto antichissimo quello della Corajisima le cui origini intrecciano il sacro con il profano, così come, del resto, molte delle usanze del Meridione che richiamano le radici cristiane trovano fonda nel passato remoto. Il feticcio trae origine da alcune usanze pagane legate al culto di Bacco, dio dei piaceri, che dall’età classica, passando per i millenni cristiani e alle dominazioni delle popolazioni del Mediterraneo, si è tramandato fino ai giorni nostri. Già all’epoca dei greci i digiuni, le penitenze e le privazioni dai piaceri venivano “sacramentate” agli dei proprio attraverso piccoli feticci. E sono proprio le privazioni dai piaceri della carne ad essere il fondamento della Corajisima. «Il limone, l’arancia, la patata – scrive Luigi Putrino tra le righe di un articolo di calabriadascoprire.it - rappresentano l’organo femminile e le sette penne (quelle che venivano infilzate nei frutti, ndc) fungevano da calendario che contava le sette settimane della Quaresima durante le quali le donne dovevano astenersi da rapporti intimi. Oltre alla bambola – si legge ancora -  veniva realizzata una collana di uva passita e fichi secchi oppure straccetti di guanciale, peperoncino e aglio, in relazione ai giorni dell’astinenza dai piaceri carnali e non solo del periodo quaresimale». Insomma, la Corajisima era, ed è ancora per qualcuno, un periodo di astinenza da tutti i piaceri del corpo. Non escludendo quelli, cosiddetti, di pancia.  «Bisognava seguire delle regole – scrive ancora Putrino - che, per tutto il periodo di quaresima, vietavano di pettinarsi i capelli e quindi farsi belli, fare pulizie in casa (spazzare per terra, rassettare il letto, ricamare). Considerati, probabilmente, delle abitudini che avrebbero potuto favorire certi “comportamenti compiacenti”». Di Corajisime in giro non se ne vedono più, ancor meno si conosce gente che “rispetti” l’astinenza dai piaceri del corpo. Anzi!
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.