di LUCA LATELLA Per anni è stata il simbolo della fuga dei cervelli, di quei giovani, formati e brillanti, che non vedono un futuro in Italia. Semplicemente perché in Italia non c’è futuro per la ricerca scientifica. L’astrofisica cosentina Sandra Savaglio, dopo essere finita sulla copertina del “Time” nel 2004 (
foto) come simbolo di emigrazione degli scienziati europei, ha compiuto un salto all’indietro, tornando nella “sua” Unical, dove ha conseguito la laurea, per insegnare Astrofisica. Una discesa dalla Germania – lavorava all’Istituto Max-Planck per la Fisica Extraterrestre (il polo europeo di maggiore valore nel campo dell’astrofisica) – per un “lavoro di primo livello in un dipartimento, quello di Fisica dell’Università della Calabria, tra i primi in Italia”. Specializzata in astrofisica delle galassie distanti, il suo curriculum parla chiaro:
fellow e senior research scientist presso lo European Southern Observatory di Monaco di Baviera, la Johns Hopkins University e lo Space Telescope Science Institute di Baltimora. Per il suo lavoro ha utilizzato i più potenti telescopi (ultravioletti, infrarossi e ottici) al mondo come Hubble. Dopo 23 anni passati tra Stati Uniti ed Europa, tornata a Cosenza sta ancora disfacendo la valigia. Si, è vero – dice – sono stata il simbolo meridionale della fuga dei cervelli ma ora non consideratemi simbolo del ritorno. Perché la vita non ha uno scopo finale. Certo, ora sono qui e ci tengo a lanciare un messaggio chiaro: si può studiare Fisica anche all’Unical senza dover andare a Pisa, Milano o Parigi perché si ottengono risultati lusinghieri comunque. Purtroppo l’Italia soffre della mancanza di risorse per la ricerca e l’Unical ancor meno perché non è considerata “top”, seppur sia una risorsa per l’Italia. Dovremmo disfarci della vecchiezza del Paese ed investire sui giovani: rappresentano il futuro.
Sono note le sue esortazioni rivolte ai giovani, affinché preferiscano un percorso di formazione all’estero, limitando un ritorno nella propria terra. Ne è ancora convinta? Uno studente deve fare ciò che desidera ed i giovani desiderano tanto maturare esperienze all’estero. Quando mi chiedono consigli sugli atenei dove andare a studiare, se a 10 chilometri da casa oppure a Bologna, rispondo che Bologna non necessariamente offrirà una formazione superiore. Il dipartimento di Fisica dell’Unical, per esempio, ha raggiunto livelli eccelsi per l’Italia. Un’esperienza Oltralpe, magari per un master post laurea può essere consigliabile, ma studiamo qui, è tutto più facile.
Lei sta maturando l’esperienza cattedratica in Italia. Quali sono gli ostacoli superabili sui quali si potrebbe investire di più? Quale strada suggerirebbe in generale all’università italiana, dopo la sua esperienza in Germania? Dovremmo sdoganarci e scrollarci di dosso il provincialismo ed investire di più nella ricerca, anche se le università non hanno responsabilità. Il problema è rappresentato da come è concepita la ricerca in Italia. E poi qui frequentare un’università costa tanto, dovremmo inventarci qualcosa per abbattere i costi.
Si sente spesso parlare di ritorno delle nuove generazioni alla terra, nel senso di agricoltura e di incremento delle iscrizioni nelle facoltà di Agraria e Scienze forestali; c’è, dietro, un ritorno a valori e tradizioni e ad una concezione diversa dello sviluppo sostenibile? E c’è, secondo lei, un parallelismo tra la nuova attenzione giovanile al mondo dell’agricoltura marginale ed il più generale ritorno nella propria terra, del quale ha sempre parlato? Agraria può considerarsi una branca della scienza, per esempio. Credo sia una buonissima idea quella di investire nella terra, in virtù delle grandi tradizioni che l’Italia può vantare, anche perché il clima aiuta rispetto ai competitor europei. Questa strada rappresenta uno dei percorsi del nostro futuro.
Quali progetti ha per il futuro? Penso alla mia vita, ma a breve termine. A fine anno accademico mi dedicherò ad un po’ di relax, alla mia casa ed a risolvere le questioni amministrative del trasferimento in Italia, pur dovendo fare i conti con una burocrazia che qui è un problema. Sì, c’è ovunque, qui però deve mantenere un sacco di persone. È fonte di lavoro, ma non aiuta a costruire. Prenda l’esempio del Cnr di Cosenza: ho sentito dire che la metà delle risorse se ne va per pagare gli stipendi.
Cara Prof, aggiungiamo noi, benvenuta in Italia.