6 ore fa:Una ragazza di Corigliano-Rossano è diventata monaca di clausura
4 ore fa:Due giovani di Corigliano-Rossano hanno sfilato alla parata dei Fori Imperiali a Roma
2 ore fa:Scontro auto-moto sulla SS106: motociclista ferito
5 ore fa:Giornata dell'acqua, i bambini di Magnolia educati all'uso consapevole delle risorse idriche
7 ore fa:Il sindaco Stasi si complimenta con l'atleta Jesse John
7 ore fa:"Sport, ambiente e solidarietà", al via la seconda edizione del torneo aziendale di Ecoross
6 ore fa:Fondi GAL Sibaritide: «Nessuno “spezzatino” ma opportunità per tutti»
8 ore fa:San Giorgio Albanese: con il caffè letterario riparte la programmazione letteraria
5 ore fa:Donna incinta in fila all'Ufficio postale aggredita da un uomo
8 ore fa:Centrale del Mercure, Rapani: «Scelta sensata di Occhiuto»

Corpi in protesta: quando la delega non basta

1 minuti di lettura

Esiste una forza insita nei corpi che spesso sottovalutiamo. Quando ci difendiamo e rivendichiamo i nostri diritti, in realtà, difendiamo i nostri corpi. E ciò risulta tanto più vero quando il diritto in questione è il diritto alla salute.

Manifestare il proprio dissenso ed esercitare il diritto di critica appare, oggi, più rivoluzionario che mai. Tra il disegno di legge sulla «sicurezza» approvato dalla Camera dei deputati – che ci ha messi di fronte al più grande e pericoloso attacco alla libertà di protesta della storia della Repubblica – e la difficoltà di intavolare dibattiti costruttivi con le varie forze politiche (senza eccezioni di sorta), operare una critica forte e serrata contro il sistema significa compiere un atto di coraggio. La limitazione del diritto di protesta – per ora solo circoscritto nei confronti di opere di pubblica utilità - è il segnale vivo della sua intrinseca forza. Un popolo che chiede può essere più forte del potere che lo frena.

È vero, esporsi e lottare richiedono uno sforzo notevole ma risultano ancora un’arma potentissima. Ecco che allora, in una società che sembra virare verso un’organizzazione sempre più verticale, in cui l’individuo è strumento per il raggiungimento di ideali e scopi che alimentano solo i privilegi di chi si ritrova nei gradini più altri della scala gerarchica, la partecipazione attiva e la considerazione delle persone come fine rientrano nelle azioni necessarie. In contesti come il nostro, poi, in cui tutto questo ha raggiunto un drammatico punto di non ritorno, il risveglio della collettività e la costruzione di una società orizzontale e consapevole sono quanto mai auspicabili.

Chi si sottrae a questo richiamo non può dirsi vero cittadino di una comunità. Il dissenso, attraverso la forza dei corpi in rivolta, è l’unico strumento che ci resta quando la politica fallisce gli obiettivi e tradisce sé stessa. Ma anziché insistere sui limiti della politica contemporanea e sulla sua inadeguatezza rispetto alle sfide e alle urgenze del nostro tempo, dovremmo iniziare a spostare il focus sul nostro agire interrogandoci su come abitiamo il presente, con quali aspirazioni e con quanto senso di responsabilità e di compartecipazione.

Parlare del fallimento della politica ci sta esponendo al rischio di risultare ripetitivi perdendo d’incisività ma soprattutto ci sta mettendo difronte alla deresponsabilizzazione dei singoli cittadini e dell’intera collettività, chiamata ad un serio e profondo esame di coscienza.

Riappropriarsi dunque degli spazi pubblici per manifestare la propria contrarietà rispetto a quanto propone la classe politica può essere una delle strade da percorre. Il tutto assolvendo al doppio compito di difendere i diritti e la possibilità stessa di continuare a protestare.

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.