Tanti predicatori a buon mercato, quando servirebbero consapevolezza e concertazione
Pesca e agricoltura sono in crisi nera, i giovani scappano (a Cosenza), il turismo non esiste, le montagne sono una discarica ma… il problema è chi cerca di dare una narrazione diversa, plurale e reale di un territorio afflitto dai preconcetti
Possiamo ambire ad avere una narrazione differente di questo territorio oppure dobbiamo rimanere appecorati al racconto ciclostilato di una terra vocata a tante cose ma che puntualmente, però – e non si sa il perché (sigh!) – continua a registrare una emorragia costante di persone, giovani e meno giovani? Per quanto tempo ancora dobbiamo rimanere “prigionieri” delle posizioni di salottieri e poltronieri radical-chic? Tanti predicatori a buon mercato.
Si continua a parlare tanto, spesso a sproposito e con una visione strumentale delle cose, del nuovo investimento che Nuova Pignone - Baker Hughes vuole fare nel porto di Corigliano-Rossano (o che forse sarebbe opportuno iniziare a chiamare di Sibari). Bene, ogni posizione è legittima e ogni posizione va rispettata e difesa con le unghie e con i denti. Anche quella di chi continua, con fare aggressivo (come se i loro improperi facessero paura!), a scagliarsi contro una parte della stampa, rea soltanto di non essersi azzerbinata al racconto di chi dice che quell’investimento è “brutto e cattivo” (a prescindere), che “si baratterebbe la nostra economia peschereccia con l’industria” (non è affatto vero) o, addirittura, che il Porto - l’infrastruttura più importante e strategica della Sibaritide e allo stesso tempo la più sottosviluppata della Calabria – con questo nuovo piano industriale diventerebbe come l’area Ilva a Taranto o, peggio, come la ex Pertusola a Crotone.
C’è, però, un errore concettuale di fondo che si trasforma in egoismo e supponenza. Ma davvero si può pensare che quanti, invece, guardano con interesse (non con servilismo ideologico) ad un investimento industriale metalmeccanico (non chimico o metallurgico) all’interno della grande darsena sibarita, non siano animati da amore, rispetto, affezione verso la loro terra? Il fatto di essere bianchi o neri, pro o contro a tutti i costi, senza valutare che può esserci una via di mezzo - quella che bisognerebbe percorrere sempre per capire davvero come le stanno le cose – è una forma di manicheismo che non ha mai fatto bene a questo territorio. Risultato? La gente continua ad andare via, a emigrare non solo al Nord ma anche nei territori limitrofi. Ed è questa la sconfitta più grande. Sentire un ragazzo che oggi prende le valigie e dice “me ne vado a stare a Cosenza perché lì c’è il giusto che serve per vivere” dovrebbe creare imbarazzo e vergogna a chi rimane qui e continua a discutere e dibattere su cose inutili e inesistenti. Ecco perché anche un posto di lavoro in più, qualificato, che venisse creato in questo territorio sarebbe, adesso, una manna dal cielo per non far perdere quella speranza che si sta spegnendo nelle nuove generazioni. A memoria di tutti, Enel ad inizio degli anni ’70 creò, alla fine, “solo” 136 posti di lavoro all’interno della centrale. Eppure quell’investimento cambiò i connotati del territorio, sicuramente con un compromesso forte, ma comunque diede benessere, sviluppo e nuove opportunità.
La vicenda attorno al progetto di Nuovo Pignone BH, del resto, è un paradosso. Perché sovverte il principio fondamentale della consapevolezza. “Non possiamo svendere il nostro Porto agli americani, perché il nostro Porto è della sua storia marineria peschereccia e per il turismo”. È una delle motivazioni che si dibattono in questo periodo. Ci sta. Però verrebbe da controbattere chiedendo: fino ad oggi e negli ultimi 50 anni che il porto è stato solo a servizio della pesca cosa è stato fatto per agevolare la vita dei pescatori? La risposta è: niente. È un settore che vive una crisi epocale che alle nostre latitudini ha ripercussioni ancora più gravi. A Schiavonea c’era un tempo la seconda marineria peschereccia più grande Mediterraneo dopo quella di Mazara. È ancora così?
Non solo, si continua a insinuare il dubbio su un insediamento industriale che, per quanto invasivo e impattante possa essere, non è comunque una bomba ambientale. Almeno questo dicono le carte sic et simpliciter. E non si può pensare che se un progetto dice una cosa ne venga realizzata un’altra. Anche perché il promotore di questa iniziativa è un’azienda tra le più importanti e in vista a livello globale. Ma si può davvero credere che vengano qui a perdere faccia e reputazione? Certo, realizzerà nel porto delle strutture in acciaio (non in cemento armato) alte fino a 21 metri; per intenderci, quanto una palazzina di sei piani con i garage. Domanda: sulla costa di Corigliano-Rossano, a ridosso del mare, vi sembra che non ci siano già palazzi di questa altezza, a schiera per di più? Nessuno, però, si lamenta di questo!
L’ambiente, l’ecosistema, il mare… distruggerà tutto. Intanto dovremmo pensare al patrimonio che abbiamo e che non siamo stati capaci di valorizzare ma nemmeno tutelare. Vi sembra che il nostro mare, oggi, sia il più pulito e incontaminato del mondo? Siate intellettualmente onesti. Oppure, guardandoci alle spalle, abbiamo una montagna che è una discarica a cielo aperto da Piana dei Venti a Piana Caruso. Si è mai indignato qualcuno di questo? O qualcuno si è incazzato per il mercimonio che era stato creato attorno all’Oasi dei Giganti di Cozzo del Pesco? Nessuno. Tutti zitti. Allora, non si può essere ambientalisti del buon tempo, a fasi alterne o solo per alcune cose.
Siamo una terra votata all’agricoltura. Benissimo. È giusto! Domanda: qualcuno si è posto mai il problema o ha fatto barricate per denunciare la condizione di degrado strutturale che vivono i nostri produttori agrumicoli o olivicoli? L’economia agricola di quest’area della Calabria viaggia su strade da terzo mondo e tra passaggi a livello mortali. Non si vedono però cortine di ferro, comitati a difesa di questa situazione imbarazzante, possibile solo in un territorio che apre vertenze come se piovesse ma senza portarne a compimento una.
Dobbiamo valorizzare il turismo… vogliamo la banchina crocieristica. Per fare cosa? Semmai una nave da crociera decidesse di ri-approdare sulle nostre coste, un turista arrivato nel porto sarebbe un prigioniero. Non esiste il trasporto pubblico urbano, non esiste un servizio di hospitality, raggiungere il borgo di Schiavonea a piedi dal porto è un pericolo perché non ci sono passaggi pedonali. Ma soprattutto non abbiamo una destinazione. Solo noi (e nemmeno la maggior parte di noi), insieme a qualche altro fortunato, sappiamo che nella Sibaritide ci sono tesori inesplorati e unici al mondo; ma oltre il Pollino e la Sila non ci conosce nessuno. Basta davvero realizzare una banchina di attracco per risolvere tutti questi problemi?
Ecco, allora, che, invece di alzare muri ideologici e aprioristici, bisognerebbe innanzitutto prendere consapevolezza delle cose, con una dose ragionevole di onestà intellettuale; e in una seconda fase occorre concertare.
Bene ha fatto, allora, il sindaco Stasi ad alzare la paletta dell’Alt all’investimento di Nuovo Pignone BH proprio perché non è ancora completato quell’indispensabile momento di confronto e concertazione. Va bene l’insediamento industriale nel porto ma quali sono le ricadute d’effetto per la città? Verrà garantito il doveroso supporto e la tutela della marineria peschereccia? Verranno realizzate tutte le opere accessorie che occorrono all’interno della grande struttura marittima? Verranno potenziati i servizi all’interno dello Scalo? Quali saranno gli interventi compensativi che prevede questo insediamento industriale? La garanzia occupazionale e ambientale per la gente di questa città quale sarà? Ecco, sono queste le domande che bisognerebbe porre in una fase concertativa e di confronto. Diversamente da quell’atteggiamento snobista dello sbattere la porta mettendo in piedi congetture che, di fatto, non trovano riscontro da nessuna parte.