Ormai siamo una terra da trafiletto… è l’autonomia differenziata dell’etica
A Thurio come a Brandizzo sono morte persone intente nel loro lavoro. Eppure attorno alla tragedia che si è consumata ieri sera sui binari della jonica non c’è stato alcun clamore mediatico
Thurio non è Brandizzo, la Calabria non è il Piemonte. E questa dicotomia continua a ripetersi ormai in loop e senza soluzione di continuità. Chi pensa che la divisione tra nord e sud, la discrasia tra due Italie diverse per costrizione indotta sia solo un fatto legato a posizioni politiche, non solo si sbaglia ma rischia di alimentare quel razzismo culturale che probabilmente continua a campeggiare anche negli animi più democratici ed egualitari.
La tragedia che si è consumata ieri sera sui binari della jonica non è che l’ultimo esempio di come le notizie, con il loro clamore mediatico ed il loro trasporto passionevole, siano differenti tra nord e sud.
L’autonomia differenziata dell’etica è palese, lapalissiana!
La tragedia umana di Maria e Said, le due vittime dell’incidente ferroviario di Thurio, due persone morte mentre svolgevano il loro lavoro, differentemente da altre stragi, non è probabilmente funzionale ad alcun dibattito. E perciò annichilita, chiusa, ristretta in un trafiletto.
Già, un trafiletto. Quello che le grandi testate giornalistiche e telegiornalistiche nazionali hanno dedicato a quanto accaduto ieri sera su quei binari.
Evidentemente non meritavano lo stesso spazio di simili e cruente stragi, come quella di Brandizzo a fine agosto.
Non ci sono morti di serie A e di serie B. Il voler rincorrere la notizia solo e soltanto quando questa è adeguata ad innescare un processo o un dibattito pubblico è abominevole.
Nessuno tra i “grandi” si preoccuperà di ricostruire gli ultimi istanti di quella capotreno che ha lasciato la vita in un vecchissimo vettore a diesel postbellico alla soglia del suo pensionamento. Nessuno avrà il buonsenso di ripercorrere le vicende di quel lavoratore delle terre che dall’Africa era giunto in Italia a cercare fortuna.
Non lo farà nessuno. Perché insieme alle loro storie, alle loro vite, sarebbero costretti a raccontare quel lago di inumani disagi e paradossi che vive la Calabria a più bassa velocità, quella jonica, quella dell’est. Quella che ancora viaggia su “carrozze a pedali”, quella che attraversa passaggi a livello non illuminati, quella che lavora nelle terre più di 12 ore al giorno e arriva al calare della notte con il cervello, le braccia e le gambe esauste.
Ecco, questa Calabria, nelle alte sfere, non la racconta più nessuno. Mentre ci lasciano morire, inconsapevoli, in un triste destino.