Tutti esperti di turismo ma nessuno con la soluzione in tasca
Il rapporto tra critiche e presenze 9œsul territorio continua ad essere inversamente proporzionale. Tutti a formulare teorie sulle fallimentari politiche per il turismo ma nessuno con un'idea concreta per uscire dall'impasse
U' parrari è arta legge... Parlare è arte leggera, lontanissima dalla concretezza e dal pragmatismo. Tra il dire e il fare – si sa – c'è di mezzo il mare e, nel caso specifico, un oceano di arroganza e supponenza. Le polemiche degli ultimi giorni attorno all'azione di marketing turistico regionale, che non avrebbe prodotto risultati in termini di numeri, sta scaldando il dibattito. Ci sta. Ci sta tutto in una terra di haters, dove la critica e la polemica spinta sono il sale della società. Leggendo tanti commenti, molti anche artificiosi e forse anche azzardati, mi è sorta una domanda: ma la soluzione a questo stato di fatto qual è?
È chiaro che conoscere, comunicare e creare consapevolezza di quello che siamo e soprattutto di quello che abbiamo, da poter mettere sul mercato turistico, non basta. E forse non basterebbe nemmeno la promozione fine a se stessa. Servirebbe, concretamente, una strategia. Ma di strateghi, in realtà, nella selva di polemiconi e dottoroni del nulla, sinceramente non se ne vedono. O quantomeno non si espongono. E questo vale per tutti. Da chi pomposamente risponde analiticamente ad argute e ben strutturate domande sul fallimento delle politiche turistiche regionali, per finire a chi, sui social, si sbizzarrisce a dire la sua.
Abbiamo storia, monumenti, paesaggi, enogastronomia, patrimoni inestimabili e unici al mondo ma – nonostante tutto – non riusciamo ad attrarre interessi, turisti e visitatori. Benissimo. Questo lo sappiamo già. E lo sappiamo da almeno un paio di decenni, da quando, insomma, il turismo è diventato global. E allora?! Quali sono le soluzioni?
Per superare la critica, la ricetta per ristabilire un imbarazzante disequilibrio che ci vede, probabilmente anche in questo caso, fanalino di coda d'Europa, qual è?
Di dotti, scienziati, esperti (come si definiscono in tanti) ne contiamo un numero considerevole tra la nostra gente calabra, addirittura li esportiamo. Fanno fortuna altrove – dicono - ma non nella loro terra d'origine. Perché? Perché le strategie che vanno bene per Puglia, Basilicata, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige non vengono applicate da questi stessi luminari in Calabria?
Il sospetto che si facciano tante parole (vuote e inutili) solo per il gusto di contraddizione e contrapposizione mi pare chiarissimo. Poi nessuno, però, è capace di fare un bagno d'umiltà e magari, oltre a dire che i concerti gratuiti in piazza non producono turismo o che il marcatore identitario X è fine a se stesso, suggerire come l'Elefante di Campana possa essere venduto sul mercato del turismo globale.
Continuiamo a spararci addosso fuoco, piuttosto che sottilissimi colpi di fioretto, senza pensare all'unica cosa che in realtà andrebbe fatta: squadra, unire le forze e portare tutta la Calabria in questo team di lavoro.
In questi giorni mi trovo nel tanto gettonato, carissimo e normale Salento. Una terra bellissima, ci mancherebbe, ma come è bellissimo l'intero Sud (Calabria compresa); una penisola della penisola nella Penisola che offre tanti servizi, tantissimi momenti di intrattenimento (quasi tutti a pagamento fatta eccezione per la Notte della Taranta); una cucina diversamente buona; insomma, un luogo normale con una sola differenza – che ho notato volutamente – qui, nella terra dei Messapi, di Greci e Bizantini (vi ricorda qualcosa?!) tutti, ma proprio tutti, sanno dove vivono, ne hanno un orgoglio esagerato e farebbero qualsiasi cosa pur di mantenere alto il nome della loro destinazione. Qualsiasi cosa, anche vendere il posto ombrellone di un altro lido concorrente quando il proprio è al completo... in una domenica di settembre.
E allora ti viene il dubbio: ma non è che noi in Calabria abbiamo costruito il tetto dimenticandoci di realizzare le fondamenta? Non è che continuiamo a parlarci addosso dimenticando che il valore dello sviluppo turistico passa, insindacabilmente, dalla capacità degli autoctoni a mettersi in gioco? Perché senza quella... non andiamo da nessuna parte!