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Non siamo contabili della storia e nemmeno social manager della notizia: serve com-passione

2 minuti di lettura

«Il giornalista non è mai un contabile della storia, ma una persona che ha deciso di viverne i risvolti con partecipazione, con com-passione». Lo ha sottolineato Papa Francesco ricevendo in udienza una delegazione del Premio Biagio Agnes. «È il lavoro quotidiano del giornalista – ha aggiunto - chiamato a “consumare le suole delle scarpe” o a percorrere le strade digitali sempre in ascolto delle persone che incontra».

Quello del Papa è un insegnamento a nuovi e vecchi giornalisti, a chi si appresta a fare questo lavoro (che in molti, troppi ancora non riconoscono) e a chi, invece, s’ingegna – spesso maldestramente – a cercare lo scoop-like, o meglio, quella “notizia non notizia” che, però, va a colpire dritta la pìetas delle persone che scaricano così i loro pollici sui social…

Ovviamente non entro nella deontologia e nemmeno in quello che sia, o meno, giusto fare. Anche perché, chi vi scrive, ha ancora tantissimo strato di suole da consumare. Piuttosto, in quella mia imperterrita ricerca di risposte, mi pongo una domanda: qual è la soglia morale di una notizia? Informare è l’essenza del nostro mestiere. Ma in questo, quanto è importante un nome rispetto al fatto stesso? E può essere un nome più importante della stessa notizia?

Me lo chiedo perché spesso noi giornalisti incorriamo nell’errore, eticamente imperdonabile, di cavalcare la scia di tragedie umane e familiari con il solo e unico intento di creare interazioni. Di suscitare curiosità. Punto. Tralasciando tutta quella giusta e doverosa compassione che si dovrebbe avere per chi vive quei momenti drammatici.

Tante volte mi sono trovato a raccontare di incidenti stradali, spesso mortali, sulle nostre maledette strade. E tutte le volte ho rivolto il pensiero non tanto a chi si trovava ormai inerme su quel pezzo di asfalto ma a quanti quella notizia l’avrebbero ricevuta: una pugnalata nell’addome che ti toglie il respiro e che subito dopo ti scaraventa per sempre in una dimensione tutta nuova, totalmente diversa dalla vita che avevi vissuto fino all’attimo prima.

Il giornalista dev’essere distaccato e poco empatico. È una regola non scritta di questo lavoro. Ma il cronista non può essere nemmeno alessitimico, abulico o refrattario all'etica. Perché, come ricorda il Papa, non siamo i contabili della storia e la penna può diventare un fendente ancora più pericoloso di quanto già non lo sia, recidendo definitivamente il rapporto tra l'umanità e la stessa notizia.

Così come risulta inaccettabile – ma resta un parere personalissimo – l’uso distorto che spesso si fa della parola. A proposito, sempre richiamando le parole del Papa poi riprese anche dall’arcivescovo di Rossano-Cariati, Maurizio Aloise, nel messaggio dello scorso Natale, rimanere attualissimo l’appello a disarmare la parola. A raccontare i fatti per quello che sono e non per quello che si vorrebbe che fossero. A narrare la notizia sicuramente con colore ma senza renderla prepotente arma di dileggio e offesa.

Orrore, giustizialismo, sangue, dolore, violenza sono i link che fanno vendere un giornale. Ed è giusto soddisfare l’appetito del lettore. Però ci sono volte che l’onore dell’etica e della morale devono essere più forti della bramosia di visualizzazioni e popolarità. Perché alla fine, facendo parte del genere umano, abbiamo l’obbligo – tutti – di rispondere alla legge morale.

  

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.