Una cosa buona di questa campagna elettorale? È sparita l’espressione “…volano di sviluppo”
Finalmente ci siamo sbarazzati dei proclami roboanti che ormai non fa più nessuno. La corsa verso il 25 settembre è solo un gran lamento. Sono tutti incazzati come se a Roma finora ci fossero stati seduti gli alieni!
s. m. [dal fr. volant, der. di voler «volare2»] fig. Elemento che dà impulso a un settore produttivo, allo sviluppo di un territorio, di una zona – dizionario Treccani
Fino ad oggi è una campagna elettorale triste, sulla quale aleggiano paure, spauracchi e l’imperante crisi economica. I temi economici imperano. Caro carburante, caro bollette, caro gas, caro tutto… reddito di cittadinanza sì, reddito di cittadinanza no. Soldi e liquidità. Transizione energetica forzata e a tutti i costi. Non si parla più di prospettive. Non si parla più di cultura e di scuola. Il tema lavoro è un en passant forzato e dovuto. Non si parla più di infrastrutture, eccezion fatta per il faraonico ponte sullo Stretto. Ma soprattutto non si parla delle soluzioni concrete, pragmatiche, realistiche per raggiungere quel celeberrimo ed inflazionato “obiettivo convergenza” per consentire a tutte le regioni italiane di “viaggiare” alla stessa velocità.
Lo vedremo dal 26 settembre prossimo se e cosa cambierà nel panorama italico!
Nel frattempo, però, una cosa buona questa campagna elettorale - a noi popolo della Sibaritide-Pollino - ce la sta regalando. I politici hanno cancellato dal loro dizionario l’espressione “…volano di sviluppo” Finalmente!
Il porto, la Piana di Sibari, l’agricoltura, la montagna, il mare per decenni sono stati il volano di sviluppo – a parole e manco sulla carta - nelle mire ambiziose della politica. Un’espressione felicissima per i cercatori di voto che da queste parti, facendo leva proprio su questa formula magica, hanno mietuto consensi a iosa per andare a sedere nelle istituzioni. Peccato, però, che una volta andati a Roma o su altre poltrone messe a disposizione della democrazia, quel “volano” è diventato puntualmente “trinciatrice” che ha ridotto a brandelli i servizi di questo territorio.
Ecco, allora, che il paradigma è cambiato. Oggi lo strumento di comunicazione elettorale più in voga è l’incazzatura.
Fateci caso, i politici sono tutti incazzati con altri politici. Sono i nostri incazzatori personali. Di questi tempi, si arrabbiano più loro di noi che patiamo gli effetti nefasti degli apparati di governo. Si incazzano così tanto da “dimenticare” (chissà perché!) i veri problemi dei territori. O meglio, si guardano bene dal citare i grandi temi come la giustizia, la sicurezza, le infrastrutture… Tutte cose da cui – ad esempio – questo territorio dovrebbe ripartire. Eppure sono diventati argomenti tabù. E di proposte nemmeno l’ombra.
I più belli, poi, sono quelli che si incazzano con il Governo come se a Roma finora ci fossero stati seduti gli alieni! A quelli andrebbe data una medaglia al merito politico…
Tutto questo mentre la campagna elettorale volge tra presentazioni entusiasmanti e volti sbiaditi.
Mancano, 22 giorni alle urne. Il volano dello sviluppo arde sotto la cenere mentre – noi sì – rimaniamo più incazzati che mai!