La Trasfigurazione di Cristo e la polemica di un monaco calabrese sulla luce increata
Papas Elia Hagi ci parla del miracolo del monte Tabor celebrato oggi dalle Chiese cattolica e ortodossa. Un momento sacrale e determinante per la fede cristiana che nei secoli è stato motivo di numero interpretazioni teologiche
Sia la chiesa cattolica che quella ortodossa celebrano la festa della Trasfigurazione di Cristo il 6 agosto. Si tratta di un noto episodio c della Vita di Gesù. Egli salì sul monte Tabor con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, e cambiò aspetto mostrandosi ai tre sotto una straordinaria luce, rivelando così la sua divinità.
Dall'esperienza comune dell'immobilità severa sotto gli ombrelloni e della luce intensa del sole in questo periodo siamo invitati oggi a meditare sulla luce taborica, quando tutto fu avvolto da una luce gioiosa e teandrica.
Il vero banco di prova di ogni iconografo secondo la tradizione è proprio l'icona di questa solennità. L'icona bizantina della Trasfigurazione secondo la visione orientale dà significato a tutta la scrittura iconica; come afferma infatti lo studioso Florenskij, “a fondamento dell’icona c’è un’esperienza di luce, e compito dell’icona è di riflettere la luce del Tabor”. Tutta l’icona della Trasfigurazione è luce, non vi è ombra; la luce però non è prodotta dalle consuete sorgenti luminose, ma dalla presenza abbagliante di Cristo.
Il segreto rivelato ai tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sul Tabor è il segreto che ogni bella icona deve comunicare. Nella luce della fede in Gesù Cristo la realtà subisce una metamorfosi: il credente percepisce quella vocazione alla luce che già sin d’ora comincia a compenetrare il creato. La Bellezza Divina, di cui il nostro cuore ha profonda nostalgia e intenso bisogno, si dona ai discepoli nella festa di oggi.
Segnalo due interpretazioni della Trasfigurazione nella teologia patristica.
Sant'Ireneo di Lione, inserisce il tema dell'inconoscibilità nella letteratura sulla Trasfigurazione, con la formula "Deus in carne absconditus", mostrando che proprio mediante la rivelazione della sua gloria, Gesù nasconde il volto del Padre nell'esatto momento in cui si mostra. Il Deus Absconditus si riferisce al libero arbitrio. La divinità si manifesta in un modo tale da non violare la libertà dell'uomo, che la fede resti una scelta, non un dato di fatto evidente e inconfutabile per la ragione.
Ci sarebbe dunque un indebolimento voluto del carattere rivelatore nella Trasfigurazione.
Qui si inserisce l’altra interpretazione di segno opposto sul carisma della "visione spirituale”. Secondo questa concezione i discepoli prescelti da Gesù non contemplavano la luce Taborica con i loro occhi corporei, ma con uno sguardo soprasensibile, commisurato alle loro forze spirituali. Nella teologia di Massimo il Confessore questa idea si trasforma nella dottrina sull'illuminazione mistica del cristiano. Da qui in poi, si è osservato, c’è il materiale di base per la successiva visione esicastica della Trasfigurazione: l'insegnamento delle energie rivelatrici di Dio distinte dalla Sua essenza, l'effetto mistico e purificatore di queste energie nell'anima credente, e la sua possibilità di vedere Dio nella luce increata.
Nel dibattito teologico intorno alla forma di meditazione cristiana praticata in tutto l’Oriente cristiano chiamata esicasmo si inserisce anche un calabrese.
Intorno all'anno 1337, l’esicasmo attirò l'attenzione di Barlaam di Seminara, un monaco calabrese trasferito a Costantinopoli. Barlaam incontrò gli esicasti e ascoltò le descrizioni delle loro pratiche. Formatosi nella teologia scolastica occidentale, Barlaam fu scandalizzato dalle descrizioni che ascoltava e scrisse diversi trattati contro. Egli definì eretica la dottrina della luce increata secondo la quale l'obbiettivo della pratica esicasta è l'esperienza della luce vista dai discepoli durante la Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. Gli esicasti affermavano che questa luce non apparteneva all’essenza divina, ma era un'altra cosa. Barlaam riteneva questo concetto politeistico, in quanto postulava due esseri eterni, un Dio visibile (immanente) e uno invisibile (trascendente).
Il monaco del Monte Athos Gregorio Palamas difese l'esicasmo dagli attacchi di Barlaam in una serie di sinodi a Costantinopoli, scrisse una serie di opere a suo supporto e infine venne riconosciuto santo dalla Chiesa Ortodossa.
Mentre oggi sempre più persone cercano metodi di meditazione trascendentale rivolgendosi ad altre tradizioni di spiritualità come quelle indiane o tibetane, nel cuore del cristianesimo bizantino esiste questo straordinario metodo di meditazione. L'esicasmo è una forma di preghiera ripetuta o di preghiera esperienziale che, al più tardi dal XIII secolo, ha assunto la forma di una particolare tecnica psicosomatica combinata con la preghiera del cuore. Essa consiste nel focalizzare la mente su Dio in una preghiera incessante. “Esicasta”, scrive San Giovanni Climacco “è colui che cerca di circoscrivere l'incorporeo nel corporeo. La cella dell'esicasta sono i limiti stessi del suo corpo: al suo interno c'è una dimora di sapienza”.
Abbagliati dal fulgore del sole "materiale" ad agosto contempliamo i discepoli al cospetto della Luce divina spirituale: la possiamo cercare nella preghiera ma anche contemplare subito nello specchio tutto sfavillante di luce delle icone.
Icona della Trasfigurazione (1403, attribuita a Teofane il Greco)