Sybaris e la verità che riemerge. Adesso serve il coraggio di fare il passo successivo: continuare a scavare
Le nuove scoperte al Parco del Cavallo confermano la grandezza della polis achea. È il momento di ampliare le indagini. E Demma è l’uomo che può farlo
SIBARI (CASSANO JONIO) - L’antica Sybaris sta riaffiorando con una potenza che non vedevamo da decenni. Gli scavi nell’area del teatro, al Parco del Cavallo, stanno tirando fuori strutture monumentali che confermano, pezzo dopo pezzo, quello che la comunità scientifica più lucida sostiene da anni: la grandezza e la maestosità di Sybaris che il team del Parco sta portando alla luce mostrandone la complessità come non era mai accaduto prima.
Alla guida di questa stagione straordinaria c’è Filippo Demma, Direttore dei Parchi Archeologici di Crotone e Sibari e del Museo Archeologico della Sibaritide, archeologo tra i più riconosciuti del Mezzogiorno e figura istituzionale che negli ultimi cinque anni ha letteralmente cambiato la percezione del patrimonio della Sibaritide. Lo diciamo senza esitazioni: la rivoluzione di metodo, di visione e di coraggio portata da Demma ha riscritto tutto ciò che pensavamo fosse immobile. Ha rimesso Sybaris dentro il dibattito culturale nazionale. Ha costretto tutti, anche i più distratti, a guardare di nuovo verso questa piana con rispetto.
Le nuove ed ultimissime scoperte (nel Parco è in corso una campagna di scavi senza precedenti) lo dimostrano meglio di qualsiasi discorso. Due anni fa, il ritrovamento di un tempio arcaico, poi la tomba di Favella della Corte. Adesso il cantiere del teatro conferma che quelle evidenze non erano episodi isolati, ma parti di un sistema urbano molto più articolato di quanto racconti la narrazione ufficiale. E questa volta non si tratta di suggestioni: le strutture, le stratigrafie, la disposizione degli spazi parlano chiaro.
C’è però un punto che, per quanto “scomodo” nella narrazione ufficiale, va detto. La grande Sybaris, quella raccontata da Erodoto e Diodoro, quella che ospitava centinaia di migliaia di abitanti e cinta da mura lunghe nove chilometri, non poteva fisicamente essere contenuta nel solo perimetro dell’attuale Parco archeologico. È un’evidenza storica, geografica, antropologica, logica. E le conferme più recenti non arrivano soltanto dall’archeologia tradizionale, ma anche dagli studi sul paesaggio antico. La ricostruzione geologica e idrogeologica della Piana, ultimata negli ultimi anni dall’ing. Nilo Domanico e da gruppi di ricerca che comprendono anche l’Unical, indica con chiarezza che l’assetto del territorio in età arcaica ed ellenistica era molto più complesso e che gli insediamenti si estendevano su un’area enorme, ben oltre i confini attuali del sito.
Del resto, basterebbe ricordare che la necropoli di Thurii, scientificamente accertata, si trova a Cantinella, a sei chilometri in linea d’aria dal Parco. Sei chilometri non sono una periferia: sono un’altra città. O quantomeno un’altra porzione fondamentale della stessa città, nella sua fase più estesa. E allora l’idea che Sybaris, Thurii e Copia-Thurii si siano sviluppate in un areale molto più ampio non è una fantasia di appassionati, ma un ragionamento logico che merita di essere affrontato con serietà scientifica e con la volontà politica di andare oltre ciò che oggi vediamo.
Ed è qui che arriva il punto centrale del nostro ragionamento. Se c’è una persona che può spingere questo territorio verso un salto di qualità definitivo, quella persona è proprio Demma. Nessuno ha la sua autorevolezza, nessuno il suo peso tecnico, nessuno la sua credibilità all’interno della comunità scientifica nazionale. Dopo aver rivoluzionato il modo in cui si indaga e si racconta Sybaris, oggi Demma ha la forza per aprire la fase successiva: chiedere e ottenere che le campagne di scavo vengano ampliate, strutturate, estese anche fuori dal Parco archeologico.
Non è una polemica. È una necessità. Una città che ospitava 300 mila abitanti non può aver lasciato tracce solo su poche decine di ettari. Una potenza militare con 100 mila uomini non poteva essere racchiusa nel recinto in cui oggi passeggiano sempre più turisti, appassionati e cultori. Una polis che ha dominato l’Occidente greco non può essere studiata soltanto entro i confini che abbiamo deciso di tracciare negli anni Settanta. Sybaris era molto più grande, molto più complessa, molto più viva.
Gli scavi attuali stanno facendo un lavoro straordinario, e lo diciamo con convinzione. Ma adesso arriva la parte difficile. Adesso serve avere la lucidità di capire che la storia non finisce dove finisce la recinzione. Che la Sibaritide è un gigantesco libro che è stato sfogliato solo in parte. Anzi – per come disse l’archeologo Pier Giovanni Guzzo, Accademico dei Lincei e direttore della Rivista Atti e Memorie della Società Magna Grecia – finora è stato portato alla luce solo un centesimo della vastità Sybaris. Ecco perché i prossimi capitoli non si leggeranno rimanendo fermi, ma soltanto mettendo mani e risorse in un’indagine più ampia, più distribuita, più ambiziosa.
È una sfida enorme, ma è anche l’unica che può restituire a questo territorio la grandezza che gli spetta. E se c’è qualcuno che può lanciarla, guidarla e farla diventare realtà, quel qualcuno si chiama Filippo Demma.
Il resto sarà storia. E noi continueremo a raccontarla.