Standing ovation per "Il Tango di Medea" della Maros
Replicherà a dicembre. Molti e meritati gli applausi finali per uno spettacolo non convenzionale ma allo stesso tempo d’impatto

CORIGLIANO-ROSSANO - Con grande maestria Mariarosaria Bianco è riuscita a dar voce, insieme ad Alice Celestino e al Maestro Alberto Mosca, entrambi insegnanti MAROS, agli animi di personaggi vissuti più e più secoli fa nella fantasia di un grande tragediografo quale è Euripide. Grazie a questo lavoro, fatto di studio, conoscenza e costruzione del personaggio, tecniche immersive di immedesimazione e tecnica delle emozioni, il teatro classico sarà sempre capace di scuotere le coscienze di chi, come il pubblico, ha avuto o avrà la fortuna di prendervi parte, attraverso le gioie, i dolori e le passioni dei personaggi ; in una sorta di catarsi, lo spettatore avrà la possibilità di guardare nel profondo del proprio animo.
«La catarsi nella Medea di Euripide - ci racconta direttamente la Bianco - non è totalmente compiuta, è un processo più complesso, aperto, lascia lo spettatore in uno stato di riflessione, angoscia e turbamento, piuttosto che in una condizione di purificazione. Non si tratta di una catarsi comunque positiva di espiazione per come ci spiega Aristotele o di liberazione, quanto di un momento di ulteriori domande».
Ma la catarsi in Medea si affaccia subito al pubblico fin dalle prime scene.
Il conflitto sull'abisso della protagonista è l'elemento tragico potente sul quale si è soffermato la regia. In questo spettacolo Medea è un prodigio di umanissima mostruosità, presentata e introdotta da Francesco Scura che ne ha declamato le diverse sfumature dell'animo.
Personaggio formidabile Medea, interpretato in maniera superba da Graziella Turco, si ferma, tentenna, dubita, indugia, ma il suo Alter Ego, portato in scena da Lorenza Straface è sempre pronto a ricordarle il torto subito. La vendetta può placarsi solo con un gesto estremo che lascia Giasone, brillantemente portato in scena da Gabriel Berlingeri Seres, senza una discendenza. Un personaggio dalla mediocrità morale scoraggiante che diventa un piccolo borghese che ripudia la moglie, abbandona i figli per fare un matrimonio di interesse - senza una discendenza, discendenza alla quale però il suo alter ego Giuseppe Pallone, tiene molto come si evince dalla drammaticità della scena finale.
Anche gli altri personaggi maschili sono decisamente deboli di fronte ad una Medea dal carattere immortale: «Creonte è il re di Corinto - commenta ancora la Bianco - ma potrebbe benissimo essere il Re di coppe ed Egeo, sterile, va dal medico senza speranza di guarigione e passa dalla barbara per farsi aiutare grazie ai suoi filtri magici in cambio di riparo. Una differenza palpabile anche in scena di fronte alla ricchezza e alla complessità di spessore ineguagliabili di Medea».
«Con l’esplicito richiamo al senso storico, reale di ciò che è la gelosia letta al femminile - ci spiega la regista - nel suo crudo collocarsi dentro l’orizzonte del léchos e dell’euné, che significano il letto matrimoniale ma anche le lascivie e i piaceri che in esso si consumano, Giasone perde il contatto con la realtà. È proprio questo infatti, nel culmine della disperazione che Giasone rimprovererà alla moglie che sta per uccidere i figli. Incapace di capire, nella sua mediocrità anche culturale, che pure léchos ed euné sono parte nient’affatto secondaria di eros. Cioè della vita reale».
Essenziale la scenografia in continua trasformazione, prima nido d’amore, poi trono, quindi camera della morte. Colchide e Corinto diventano paesaggi immaginari stilizzati, astratti, non visibili, che rivivono sul palco grazie ai personaggi e a quello che per definizione è il vero protagonista della tragedia greca, il coro che assume ruolo di grande impatto anche scenico. Un coro elegante accuratamente vestito di nero con tulle rosso sul capo e in volto Pronto a svolgere la sua funzione di “coscienza” della stessa Medea, Benedetta Falcone, Beatrice Forciniti, Isabel Rizzuti, Maria Francesca Longobucco, Aldo Pugliano, Carmen Sidoti e Pietro Magarò vogliono essere un monito per la donna, affinché ella non si macchi di una crudeltà che può appartenere solo ad un uomo e non ad una madre.
Interpreti dei bambini, i figli di Medea due piccoli attori della Scuola delle Arti, Giovanni Piccolo della classe Pulcini e Manuel Limone della classe Principianti Zero, entrambi guidati dal Pedagogo Andrea Milito che ha conquistato il pubblico con una singolare interpretazione del personaggio. La tragedia poi come conviene nella sua naturale evoluzione strizza l'occhio alla divinità ed appare Egeo, interpretato da Marco Grillo, rassegnato ma etereo nel suo vestito bianco.
Da un lato il letto, simbolo dell'affronto subito che si trasforma da soffice alcova nuziale ad un campo di battaglia, dall'altro una sedia che prima "consiglia" con la Nutrice, portata in scena da un'intensa Benedetta Castagnaro, poi diventa il trono di un austero e lineare Creonte, interpretato da Giuseppe Sprovieri. Infine, sempre tutto con trasformazione in scena, la sedia diventa trespolo dell'ardente corifea Simona Beraldo, che ritroviamo nell'impetuoso e disperato slancio conferito al racconto del nunzio da una sorprendente Silvia Falvo e una versatile ed eclettica Mariacarla Calabretta che hanno tenuto altissima la tensione in scena, forti della presenza scenica e della tenuta di palco acquisite negli anni di studio alla MAROS. Al centro della scena sul fondale il tessuto aereo funge da Carro del sole per trasportare Medea lontano dalla Grecia.
Semplici ma efficaci e intriganti i costumi, in un mix tra classico e contemporaneo, blu, nero e rosso senza inutili orpelli, alcuni dei quali realizzati da Lucia Bauleo.
Efficace e coinvolgente (oramai una piacevole abitudine a cui la MAROS ci ha abituato) la musica di Medea di Rockettoteski.
Lo spettacolo, che racconta l'impeto di una ribollente passionalità scatenata a travolgere ogni freno morale, in una furia algofiliaca di distruzione, il mirabile dominio e il calcolatissimo impiego dei propri mezzi eccezionali, replicherà a dicembre.
Molti e meritati gli applausi finali per uno spettacolo non convenzionale ma allo stesso tempo d’impatto che si è concluso con una vera e propria standing ovation. È chiaro oramai che come è accaduto per la Divina Commedia, anche Il Tango di Medea merita palchi e produzioni nazionali.