Quel "folle" viaggio da Malaga a Rossano che a Madrid è diventato rivoluzione
Nella notte di San Martino di 12 anni fa le bacheche pubblicitarie di Rossano vennero "inondate" di opere d'arte. Un'azione incomprensibile ma ripetuta in questi giorni a Madrid e divenuta subito cult. Maria Jesús Martínez Silvente: «A Rossano facemmo la rivoluzione della democratizzazione della cultura»
CORIGLIANO-ROSSANO – Negli ultimi giorni, passeggiando tra le vie e le piazze che costeggiano il celebre museo nazionale del Prado si poteva ammirare una bellissima mostra dedicata a Michelangelo Merisi “Caravaggio”: tutte le sue opere fuori, per strada. Stampe, ovviamente, delle opere originali, fruibili a chiunque e alla portata di tutti, di cultori e passanti, della frenesia e dell’ozio. Siamo in Spagna, a Madrid in una delle più belle e affascinanti metropoli cosmopolite d’Europa e quella iniziativa della direzione della pinacoteca madrilena è passata sulle testate giornalistiche nazionali ed internazionali come un’azione rivoluzionaria che, portando Caravaggio in strada, ha, di fatto, socializzato la consapevolezza attorno ad uno degli artisti più importanti della pittura barocca e più in generale dell’Arte occidentale. Eppure ci fu un tempo in cui, questa rivoluzione venne fatta in Calabria, nella Sibaritide, nel centro storico di Rossano.
A Madrid, al museo nazionale del Prado, in realtà, non si sono inventati nulla. Era la notte tra il 10 e l’11 novembre 2013, la notte di San Martino, quando su tutti i tabelloni pubblicitari della città apparvero, all’improvviso, al posto delle solite reclame pubblicitarie (oggi quasi del tutto inesistenti), una serie infinite di stampe di opere d’arte. Dal Mazzo di asparagi di Manet alla Casa dei casti amanti dall’affresco ritrovato a Pompei nel 1824; dal Bacchino Malato di Caravaggio al Cenacolo di Da Vinci; dalla Scultura di Bacco del I sec a.C. al Dettaglio mosaico di Bacco del III sec. d.C.; da Le nozze di Cana di Veronese al Minotauro con una coppa in mano e la giovane donna di Picasso; dalla Natura morta di Gauguin a Natura Morta frutta sul tavolo di Manet. Erano, questi, solo alcuni dei capolavori dell’arte mondiale di tutti i tempi che apparvero su quelle bacheche e rimasero lì per una settimana.
Era il segno di una rivoluzione culturale partorita dall’associazione Otto Torri sullo Jonio in collaborazione con l’Università andalusa di Malaga (Spagna) e con il supporto di alcuni partner privati locali tra cui il Gruppo Lapietra. Quella dell’associazione presieduta da Lenin Montesanto era una vera e propria provocazione che si presentava, appunto, con il Museo in bacheca: uno degli shock culturali più energetici e mai più ripetuti in questa terra.
Tra gli artefici di quella azione davvero rivoluzionaria e per molti incomprensibili, consumatasi in un centro periferico ormai troppo lontano dai totem della cultura nazionale ed europea, c’era anche Maria Jesús Martínez Silvente, tra le più attive e stimate esperte di Picasso e oggi vice rettore dell’Università andalusa.
«Abbiamo realizzato dei grandi manifesti che parlavano del cibo e del vino e delle storie dell'arte antica ai giorni nostri» ricorda oggi la professoressa Martínez Silvente che abbiamo incontrato in questi giorni in un viaggio fuori dal tempo tra Malaga e Granada. «Vedere quelle stampe su cartelloni pubblicitari negli angoli più disparati della città – aggiunge- fu una sensazione molto strana. Inquietante. Penso che noi siamo stati rivoluzionari. Perché sostituire la pubblicità, onnipresente, con opere d'arte, è un'azione sovversiva. Da una parte – sottolinea ancora la docente universitaria andalusa - c'è il valore della cultura perché è terapeutico passeggiare per la strada e vedere opere di grandi maestri; dall’altra parte, invece, "forzare" un individuo a fermarsi, a rallentare il proprio tempo difronte a immagini che stanno fuori dal canonico cliché pubblicitario è senza dubbio un atto politico forte, controtendente, rivoluzionario, appunto».
Ma venne fatto di più, rispetto a quello che oggi passa a Madrid come un atto rivoluzionario e a Rossano, 12 anni fa, si trasformò come un gesto quasi folle. Quel “di più” lo ricorda proprio la prof Martinez Silvente, discorrendo in un italiano perfetto. «Ricordo che in quei giorni feci una lezione nella cantina del Presidente, all’ombra del Duomo di Rossano, sulla Guernica di Picasso, e la gente non aveva mai visto un'opera di nessun pittore, scultore. E questa fu un’altra azione forte di democratizzazione dell'arte, che non può essere un valore solo per amatori e ricercatori, ma per tutti».
Attraversando le dune del deserto andaluso, le terre di Picasso, a bordo di una vecchia Seat Marbella, l’impressione che quell’angolo di terra, oggi rispetto a ieri, non sia proprio desolato come lo descriveva il De Chervantes nel Don Chisciotte, è paese. Qui c’è turismo che pullula. Eppure parliamo di un territorio periferico al pari della Calabria del nord-est. «Malaga e Rossano, sono due città del sud, molte simili in alcune cose. Il problema è che non riusciamo a credere quanto valiamo» e – aggiungo – facciamo in modo che ci svendano.
Arrivare in questi mesi in Calabria dalle capitali europee non costa nulla. Grazie anche alle campagne pubblicitarie di alcune compagnie aeree lowcost siamo diventati una terra da poter raggiungere con 19 euro e 90 centesimi. Sicuramente è una buona opportunità ma nel complesso la Calabria passa come una destinazione di quarta fascia, senza quel valore che, invece, ha se solo sapesse valorizzarlo attraverso quelli che il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, definisce Marcatori Identitari Distintivi ma che di fatto sono il nostro patrimonio memoriale e valoriale, unico, irripetibile e vivibile solo qui da noi in Calabria.
E se a Malaga hanno il “marcatore” Picasso da poter “vendere”; nella sola Sibaritide abbiamo, in fila, un patrimonio Unesco unico al mondo come il Codex, una rete di castelli medievali e di monasteri greco-mediterranei; e poi c’è Sibari che è l’alfa e l’omega di tutto.
«Noi che siamo nel Sud – spiega ancora la Martínez Silvente - abbiamo tutto: il clima, il cibo, il vino, il sole. Quando sono stata a Rossano, era come l'Andalusia 20 anni fa. Noi abbiamo vissuto un tempo simile e l’auspicio è che anche a Corigliano-Rossano e nella Sibaritide si possa fare un cammino in crescendo, che sappia guardare alle esperienze turistiche vincenti come l’Andalucia. Serve solo intraprendenza di ognuno e visione».