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Alla ricerca della nostra Atlantide: «Quelle mura scoperte a San Nico risalgono al V secolo avanti Cristo»

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CORIGLIANO-ROSSANO - L'antica e scomparsa città di Thurii potrebbe tornare presto alla luce. Questa, perlomeno, è la speranza di quanti credono che una recente scoperta, avvenuta quasi per caso nel territorio della città di Corigliano-Rossano, e di preciso nella Contrada San Nico, possa aver aperto le porte del Passato lasciando trapelare la gloriosa storia del nostro territorio.

Ma di cosa stiamo parlando? Facciamo un passo indietro. Nell'anno appena trascorso, durante dei lavori per il drenaggio, la captazione ed il rinvenimento di risorse idriche per l'agricoltura, sono emersi i resti di strutture antiche in un'area situata nel paleo alveo del fiume Crati (Il Crati Vecchio citato da Erodoto); a poche centinaia di metri dai Tumuli Sacri di Thurii, monumenti funerari che di solito venivano eretti nelle aree pubbliche delle città della Magna Grecia (vedi Poseidonia-Paestum).

I resti di murature scoperti sono databili al V secolo a.C. e potrebbero essere riconducibili alla sistemazione e monumentalizzazione della Fonte Thuria citata da Diodoro per celebrare la fondazione della città panellenica di Thurii. Questa scoperta, dunque, sembrerebbe rafforzare le ipotesi di Nilo Domanico sull'individuazione dell'antica città di Thurii proprio in quel territorio.

Così abbiamo osato sognare che Sybaris, la più gloriosa delle colonie achee, sia stata edificata proprio sulle colline a ridosso dell’odierna Arberia e quindi nella terra coriglianese

«Quelle mura potrebbero presumibilmente essere quelle di Thurii, la città panellenica nata per ricostruire l'antica e distrutta Sibari». Queste le parole di Leonardo Lozito, Archeologo, vice presidente nazionale dei Gruppi Archeologici d'Italia, già funzionario del Ministero dei Beni Culturali che ha lavorato per oltre 40 anni nella Soprintendenza Archeologica della Basilicata, Soprintendenza per i Beni Artistici Storici ed Etnoantropologici della Basilicata e della Puglia, Segretariato Regionale MIBAC della Puglia.

«Alcuni vorrebbe datare quei resti al periodo romano, ma io credo che l'intervento conservativo delle stesse sia di epoca romana, e sia stato fatto per conservare la sacralità della fonte, risalente, invece, al V secolo avanti Cristo. Quello che è stato rinvenuto potrebbe essere l'esempio più pregnante de "l'urbanizzazione ippodamea" (da Ippodamo da Mileto, architetto che si sarebbe occupato dell'urbanizzazione di Thurii».

Ma se il cuore pulsante di Thurii potrebbe trovarsi nel territorio di Corigliano-Rossano, cosa si trova nel Parco archeologico di Sibari o, meglio, sotto al parco archeologico di Sibari dove oggi emergono resti essenzialmente di età romana? «Lì - continua l'archeologo Lozito - si trovano i resti di una necropoli, di quartieri artigiani, di fattorie e di aree sacre, ma la città vera e propria è altrove, con molta probabilità più a monte e soprattutto, i resti di questa città potrebbero trovarsi molto più in profondità (anche a 8 metri) a causa dei movimenti geologici subiti dal territorio. Un altro motivo per cercare la citta di Sibari lontano dalla costa è che, come tutte le città del medesimo periodo storico, è presumibile che il porto cittadino sorgesse sulle sponde del fiume e non direttamente sul mare, proprio per proteggerlo dagli attacchi dei nemici».

Quindi, per far luce su questo affascinante mistero, bisognerebbe scavare nei pressi di quei resti murari, ma ci sono molteplici ostacoli a questi scavi. «La falda dell'acqua è molto superficiale e questo significa che, eventuali scavi, dovrebbero coinvolgere non solo la facoltà di archeologia, ma anche quella di geologia, per intervenire con pompe idrovore o altro, in modo che gli scavi non vengano sommersi nell'immediato dalle acque».

Ma, se questo ostacolo tecnico è facilmente superabile, resta un secondo e più complesso ostacolo: ottenere la "concessione di scavo". «Quest'ultima è rilasciata dal Ministero, ma solo su input del funzionario di zona della Sovrintendenza dei beni culturali». 

Per riuscire a riportare alla luce questa antica città è necessario coraggio. «Sibari gravitava in un'area molto più vasta di quella che si possa credere. Bisogna rileggere i dati dell'800, ma utilizzando anche le tecnologie che abbiamo oggi a disposizione, come le foto aeree. Bisogna essere dei bravi osservatori, saper mettere insieme i dati e saper leggere i luoghi. La Sovrintendenza dovrebbe tutelare l'esistente, prima che si possano perdere per sempre queste informazioni» conclude.

Giusi Grilletta
Autore: Giusi Grilletta

Da sempre impegnata in attività per il prossimo, è curiosa, gentile e sensibile. Laureata in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, consegue la magistrale in Teoria e Metodi per la Comunicazione presso l’Università degli Studi di Milano. Consegue una seconda laurea magistrale in Pedagogia per ampliare le sue conoscenze. Ha lavorato presso agenzie di comunicazione (Lenin Montesanto Comunicazione e Lobbing) e editori calabresi (Falco Editore). Si è occupata di elaborare comunicati stampa, gestire pagine social, raccogliere e selezionare articoli per rassegne, correggere bozze e valutare testi inediti. Appassionata di scrittura, partecipa a corsi creativi presso il Giffoni Film Festival e coltiva la sua passione scrivendo ancora oggi racconti (editi Ilfilorosso) che trasforma in audio-racconti pubblicati sul suo canale YouTube. Ama la letteratura, l’arte, il teatro e la cucina.