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Sibari e il vino, una lunga storia d'amore: al Vinitaly anche i reperti (in copia) del MAS

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SIBARI (CASSANO JONIO) - Una riproduzione di alcuni dei reperti archeologici custoditi nel MAS (Museo Archeologico di Sibari), provenienti dai siti del territorio della Calabria del nord-est, ha fatto un viaggio a Verona, nel contesto di VinItaly per costruire la narrazione (nuova oltre i confini) di una Calabria davvero straordinaria. 

Raccontare da "Dove tutto è cominciato" – questo il claim scelto dallo stand della Regione Calabria per il Vinitaly 2024 – implica un vero ritorno alle origini che può essere possibile grazie alla ricerca archeologica. La lunga storia d'amore tra il vino, l'archeologia e la Calabria, però, non è solo uno slogan ad hoc per il prestigioso appuntamento annuale dedicato all'economia e alla cultura del vino, conclusosi mercoledì scorso a Verona. E la selezione di reperti provenienti dal Museo archeologico Nazionale di Sibari e collegati alla plurimillenaria storia del vino in quella che oggi è la Calabria, esposta nello stand della Regione dal 14 al 17 aprile scorsi, ne è un chiaro esempio.

La vinificazione ed il consumo di vino, infatti, approdano nel Mediterraneo occidentale, provenendo da Oriente, nella tarda età del bronzo (circa 3.400 anni fa). Sono probabilmente i greci ed i fenici a portare sulle proprie navi il nettare degli dei, ma anche le tecniche per la sua produzione, come testimoniano una serie di reperti tra cui le anfore micenee rinvenute in buon numero nell'alto Jonio cosentino. Importate dalla Grecia o prodotte localmente da artigiani emigrati, esse sono associate al vino e costituiscono le più antiche testimonianze del suo consumo nella penisola Italica. L'esemplare esposto in copia al Vinitaly nello stand Calabria proviene proprio dall'area di Sibari, dove furono rinvenute in antiche capanne diverse serie di vasi fatti per contenere, versare e bere vino, come le coppe in argilla grigiastra che si possono ammirare sempre esposte in copia nello stand, che si datano a circa 3.200 anni fa.

«Ma il fortissimo legame fra il vino e la terra che oggi chiamiamo Calabria – spiega il direttore del Parco archeologico di Sibari, Filippo Demma – è testimoniato dal nome stesso che gli antichi Greci in età storica attribuirono a gran parte di questa regione: Enotria, dal greco oinos - che significa appunto vino – o da "Oinotron" che è il palo secco della vigna».

Dopo la fase pionieristica dell'età del Bronzo, infatti furono ancora i greci, attraverso le colonie in occidente, a diffondere capillarmente la produzione, il consumo e la cultura del vino in Italia. Nelle colonie greche come Sibari e Crotone – fondata intorno al 720 a.C. – o Thurii, che visse a partire dal 444 a.C., il vino veniva prodotto, consumato, ma anche importato, come testimoniano migliaia di anfore da trasporto provenienti dal mediterraneo orientale, come quella corinzia esposta in copia al Vinitaly e rinvenuta nella Sibaritide. Particolarmente famoso il vino di Sibari, dove la produzione era così abbondante che, pare, a un certo punto il vino prodotto in vigna venisse trasportato in città ed al porto direttamente tramite condutture in terracotta. Dei veri e propri "enodotti".

«Perché è importante il recupero di questa tradizione», si chiede Demma? «Oltre che per ragioni storiche – spiega il direttore del Parco archeologico sibarita - soprattutto perché nel nostro passato si possono trovare le radici di un nuovo sviluppo locale su base culturale che parta dalla Sibaritide e dal Crotonese coinvolgendo la Calabria e i territori che componevano la Magna Graecia».

Il tema, e le prospettive future ad esso collegate, sono state oggetto di un ampio confronto svoltosi proprio al Vinitaly, presenti e protagonisti, insieme a Demma, il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, e l'Assessore regionale all'Agricoltura, Gianluca Gallo: «Come i documenti archeologici attestano – sottolinea Gallo – la nostra terra ha sempre occupato una posizione di preminenza nello scenario vitivinicolo nel cuore del Mediterraneo, in termini commerciali e di progresso tecnologico. Oggi, recuperando questa centralità, la Calabria del vino sta arricchendo con consapevolezza l'eredità del passato, ha riscoperto l'orgoglio della propria identità, ha messo a dimora un ritrovato amore per le sue origini con slancio contemporaneo». Aggiunge Gallo: «Sensibilità e visione sono in fermento: nel solco degli intendimenti programmatici confermati anche a Verona dal Presidente Occhiuto, possiamo parlare di una nuova era in divenire basata sulle eccellenze vitivinicole calabresi. È l'obiettivo che perseguiremo attraverso specifiche iniziative, già nei mesi a venire, d'intesa con il Parco archeologico di Sibari e Crotone».

Nello stand della Regione Calabria è stato possibile osservare le riproduzioni seguenti reperti: Coppe da vino - Broglio di Trebisacce 1200-1100 a.C. - Museo archeologico Nazionale della Sibaritide; Anfora da trasporto di tipo Miceneo - Broglio di Trebisacce 1200.1100 a.C. - Museo archeologico Nazionale della Sibaritide; Anfora da trasporto di tipo Corinzio - Francavilla Marittima 450-400 a.C. - Museo archeologico Nazionale della Sibaritide; Cratere a campana a figure rosse con decorazione sovradipinta 350-300 a.C. - Museo archeologico Nazionale della Sibaritide; Coppa da vino (Kylix) del Gruppo del cigno rosso 350-300 a.C. - Museo archeologico Nazionale della Sibaritide

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.