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Le Congrè, la Processione dei Misteri e i riti secolari del Venerdì Santo

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CORIGLIANO-ROSSANO - Il venerdì mattina, già prima che il sole spuntasse, ha ancora luogo la processione delle cosiddette “Congrè” (le congreghe). Negli anni appena passati, complice la pandemia, le tradizioni sono state interrotte, ma in quelli precedenti ogni chiesa aveva la sua “congrè” con il suo portatore della Croce che procedeva a piedi scalzi e con un saio bianco, che copriva corpo e viso, per visitare tutte le chiese del centro storico. Le canzoni lamentose proprie del periodo echeggiavano per le strade accompagnate dalle tipiche “tocchite”, che venivano agitate più forte quando si entrava e usciva dalle chiese o quando si incontrava un’altra “congrè”. Nei nostri giorni sono solo tre o quattro le processioni che sfilano per le vie della città. Quella più caratteristica è sempre quella dell’Addolorata dove affluisce tantissima gente dallo Scalo e dalle contrade.

Nel pomeriggio in tutte le chiese si celebra la Passione del Signore che per tutti è “A missa arrivogghiata” (la messa breve); chiaramente non è così in quanto le celebrazioni seguono un preciso rituale, ma omettendo la consacrazione dell’eucarestia, la gente pensa a qualcosa di non completo.

La Processione dei Misteri (segui la diretta streaming oggi pomeriggio a partire dalle 18 sui nostri canali social) con le statue raffiguranti la passione di Cristo si snoda per le vie cittadine il venerdì sera. Ogni statua, ancora oggi, viene affidata ad un gruppo di portatori, ma quella più ambita resta sempre “A Vara” (la bara) con Gesù morto. Decine e decine di uomini in abito nero, papillon e guanti bianchi si danno il cambio per avere l’onore di portare il Cristo sulle spalle, mentre la banda suona musiche tristi e quattro carabinieri in alta uniforme si posizionano ai quattro lati del feretro.

Nella prima metà del secolo scorso questa processione ha creato tanti problemi sia alla chiesa, sia all’ordine pubblico; si racconta che qualche statu sia addirittura finita sotto le “timpe” (i burroni che costeggiano il centro storico di Rossano9. I portatori, approfittando delle “cantine” aperte bevevano qualche bicchiere di troppo e l’euforia sfociava talvolta in contumelie varie e in liti vere e proprie.

A seguito di episodi spiacevoli di questo tipo, fu emanata una disposizione comunale che obbligava a chiudere le “cantine” durante la processione.

La lunga processione si conclude, oggi come allora, nei pressi della cattedrale con l’omelia del vescovo.

Per tutta la giornata del Sabato Santo in tanti si recano presso la chiesa dell’Addolorata per una preghiera davanti alla bara di Gesù con gli scout sempre presenti a dare solennità a questi momenti.

Alla Domenica, con le campane che suonano a festa, il clima di mestizia si trasforma in clima di gioia per la resurrezione del Signore. La preparazione e lo scambio dei “cudduri, (una ciambella intrecciata con uova sode tra le pieghe) dolci o salati ma sempre con “u ranzu” (semini di anice spontaneo profumatissimo) e dei “pupuliddi” per i più piccoli era – e in gran parte lo è ancora - d’obbligo in tutte le case. Per il capofamiglia era riservato un “cudduro” con almeno cinque uova, mentre per i figli grandi tre uova. Al “pupuliddu”, riservato ai bambini, un solo uovo.

Le varie contaminazioni con pastiere e uova di cioccolato sono abbastanza recenti e dovute al consumismo di cui ormai nessuno fa più a meno, ma la tradizione è quella con “cudduri e pupuliddi”.

Dalla gioia della Pasqua di Resurrezione, si continua tuttora con la gioia e “ru pascune” occasione lieta in cui tante famiglie e tanti amici si ritrovano per una giornata a contatto con la natura, con cibo genuino e tanto vino.

Già il nome che è stato dato dai rossanesi a questa giornata la dice lunga. Mentre nel resto del Paese quella del lunedì dopo la Pasqua è detta Pasquetta, dalle nostre parti si chiama “pascune”.

Che vorrà dire? Credo che possiamo tranquillamente immaginarlo.

Gino Campana
Autore: Gino Campana

Ex sindacalista, giornalista, saggista e patrocinatore culturale. Nel 2006 viene eletto segretario generale regionale del Sindacato UIL che rappresenta i lavoratori Elettrici, della chimica, i gasisti, acquedottisti e tessili ed ha fatto parte dell’esecutivo nazionale. È stato presidente dell’ARCA territoriale, l’Associazione Culturale e sportiva dei lavoratori elettrici, vice presidente di quella regionale e membro dell’esecutivo nazionale. La sua carriera giornalistica inizia sin da ragazzo, dal giornalino parrocchiale: successivamente ha scritto per la Provincia Cosentina e per il periodico locale La Voce. Ha curato, inoltre, servizi di approfondimento e di carattere sociale per l’emittente locale Tele A 57 e ad oggi fa parte del Circolo della Stampa Pollino Sibaritide