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Il solstizio d’inverno fa una rivelazione che potrebbe cambiare la storia della Calabria

5 minuti di lettura

CAMPANA – Se la Calabria è per davvero una terra straordinaria, è altrettanto vero che molte cose che sono racchiuse in quello scrigno circoscritto tra il Pollino e lo Stretto hanno ancora bisogno di essere scoperte e raccontate. Ieri (24 dicembre 2023), ad esempio, al secondo giorno del solstizio d’inverno, al Cozzo dei Giganti dell’Incavallicata a Campana, nel cuore della Sila Greca, è stata fatta una scoperta che potrebbe avere risvolti rivoluzionari nella narrazione della terra calabra. Di un popolo che, probabilmente, viveva, ragionava ed era in connessione con il cielo, già 12mila anni fa. Molto prima dei Greci della grande colonizzazione e ancor prima dei Bretti.

Ed è questa una teoria che, partendo dall’unione di una serie di punti fissi come la scoperta dei resti di un Elephas Antiquus nel vicino lago Cecita e dalla lettura sul campo di alcuni dati scientifici incontrovertibili, ora ha solo bisogno di essere messa nero su bianco, confrontata e confortata da nuovi studi.

Di cosa stiamo parlando? Ovviamente dell’Elefante di Pietra, annoverato nella proposta dei 100 marcatori identitari distintivi (MID) della Calabria, e di quella che da sempre viene definita un’opera misteriosa, aprendo un confronto serrato tra chi lo vuole come un monumento plasmato dalla natura e chi, invece, ne vede sui suoi resti il segno di una formidabile antropizzazione. In realtà, quanto scoperto ieri dal gruppo di studio guidato dall’ingegnere Nilo Domanico e dall’archeoastronoma Ilaria Cristofaro dell’Università della Campania, non scontenta né una né l’altra teoria: per loro – e non hanno dubbi - il Cozzo dell’Incavallicata è un luogo mistico, che connette il cielo alla terra, l’uomo ai misteri dell’Universo.

L’intuizione, la raccolta dei dati, l’esperienza: ecco da dove nasce una storia straordinaria

Qualche mese fa durante una escursione al Cozzo dei Giganti dell’Incavallicata a Campana, Nilo Domanico, il primo ingegnere al mondo ad aver realizzato un Giardino Botanico nel cuore del Deserto della Penisola Arabica, appassionato studioso di Storia ed Archeologia, che proprio in quelle settimane stava studiando i templi antichi e quelli della Magna Grecia, di Sybaris, Paestum e Metaponto ed i loro allineamenti astrali, ebbe l’intuizione di considerare il sito, con i due megaliti, quale possibile Tempio di origini antichissime.

Pensò, quindi, di verificare l’allineamento dell’Elefante di Pietra con la linea solstiziale, ossia quella linea virtuale che congiunge i punti tra l’alba del solstizio d’inverno e il tramonto del solstizio d’estate. Ed è proprio Domanico a spiegarci cosa si è aperto alla vista della spedizione di esperti che ieri mattina, pancia a terra e allineati con lo spazio che si apre tra i due megaliti. Con Domanico e la Cristofaro, a testimoniare l’evento nei giorni del solstizio d’inverno, c’erano i soci fondatori del Gruppo Archeologico Sibaritide e Sila Greca, Pino Salerno ed Enzo Orlando, il filosofo e scrittore Marco Cardetta, ed Agostino Domanico, fotografo professionista e videomaker per documentare tutte le fasi dell’evento.

La spedizione all'Incavallicata

«Siamo andati lì – racconta Domanico in anteprima all’Eco dello Jonio e al Corriere della Calabria - sperando ardentemente che il cielo fosse limpido e terso per poter contemplare il sole nascente sul Mare Jonio e per capire se il primo raggio di sole cadesse proprio in allineamento con l’Elephas Antiquus di Incavallicata».

Cos’è l’Elefante di Pietra

l'Elefante di Pietra

Facciamo prima un passo indietro. Prima di addentrarci in questa storia bisogna capire cosa è l’Elefante di Campana. Si tratta di un molosso di pietra, alto circa 5 metri, che riproduce esattamente l’Elephas Antiquus, in scala 1:1. Da qualunque direzione si guardi questo colosso, esso rimane un elefante. Si intravedono le zanne, non arcuate come per l’elefante indiano o africano, ma dritte verso il basso, come nell’Elephas Antiquus, presente in Calabria fino al 10.000 a.C. A tre metri dall’elefante si trova una seconda statua maggiormente erosa: sembrano due gambe, dai piedi alle ginocchia e parte dei polpacci di un uomo seduto. La parte superiore è crollata ed i frammenti giacciono sul terreno circostante. Quanto rimane raggiunge ancora i 6 metri, suggerendo un’altezza originale di circa 15 metri.

Il primo raggio di sole

«Le prime suadenti luci dell’aurora – sottolinea, ancora, commosso Domanico, a cui si deve l’intuizione di questa scoperta - hanno avvolto il sito con un’aura di misticismo e magia, catapultando il gruppo in un viaggio nel tempo fino ai primordiali albori della nostra civiltà, fino all’incanto del sole nascente, con i suoi abbaglianti riflessi sul mare, che iniziava a proiettare i suoi primi raggi sui due megaliti, proiettandone sulla Terra le loro ombre arcaiche ed ancestrali, penetrando nella fenditura tra l’Elefante ed il Gigante in perfetto allineamento. Il “miracolo” – aggiunge - si è compiuto e noi ne siamo stati i testimoni».

Non tutti sanno che, intorno alla data del 25 dicembre (giorno a cui si fa risalire non a caso la nascita di Cristo, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita di alcuni dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus, e il padre Osiride; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoatl e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; ma anche il dio Bacco.  Il dio Freyr, era festeggiato nello stesso periodo dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore e a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Ishtar. E non a caso il cristianesimo ha voluto fissare la data della nascita di Cristo in prossimità della festa della luce, del sole. Le civiltà Maya, Azteche, Olmeche, nelle Americhe, ci hanno lasciato templi orientati sui punti di levata o di tramonto del sole nei giorni solstiziali.

Insomma, anche l’Elephas Antiquus di Incavallicata sembra avere un nesso strettissimo con la nascita del nuovo sole, come Stonehenge e Newgrange, come Abu Simbel e Karnak, in una mescolanza alchemica di storia e magia.

Il momento della rivelazione

«Uno spirito non illuminato – prosegue ancora Domanico - è portato a considerare le Pietre come inanimate, senza il privilegio di poter godere di vita propria, al pari dei corpi celesti dai quali talvolta provengono. Si narra che alcune pietre che giacciono sulla Terra, siano attraversate da magia e guariscano i mali di chi vi passa vicino nelle notti di plenilunio. Oppure di altre pietre custodite in luoghi sacri ove confluiscono potenti energie, correnti telluriche, vibrazioni cosmico-solari ed arcane forze sotterranee che si fondono alchemicamente tra di loro creando, talvolta, in particolari notti dell’anno, un varco temporale tra il Mondo terreno e quello parallelo degli Dei. Altre ancora sono più semplicemente le Pietre del Destino». E proprio le pietre dell’Incavalicata, da ieri ancora di più, sembrano sprigionare questa energia unica e irripetibile.

I prossimi step

«È chiaro che ora – sottolinea Nilo Domanico – bisognerà far partire un programma di ricerca più approfondito per capire quando e cosa c’era qui, sulle alture della Sila Greca, in tempi remoti». L’intuito di Domanico dice che l’Elefante di Pietra possa essere l’impianto meglio conservato di una serie di strutture divinatorie che costellavano l’area e che proprio la presenza di uno scheletro di Elephas Antiquus, ritrovato sul fondale del lago Cecita, a 20km di distanza in linea d’aria dall’Incavallicata, possa far pensare che questi animali giganti preistorici possano aver avuto un ruolo predominante in un ancestrale rito religioso. Questo è ancora tutto da scoprire. Quello che è certo, da ieri ancora di più, è che gli Elefanti di Pietra non sono mai stati lì per caso.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.