Domenico Rizzo, il rossanese difensore e fautore delle idee liberali e progressiste
Qui la prima parte della biografia di "don Mimì", il socialista antifascista che denunciò l’assassinio di Paolo Cappello, il giovane operaio edile di Cosenza attivista socialista, vittima della violenza fascista
Maggiore di 8 fratelli (Armando, Ulderico, Mario, Alberto, Mercedes, Bianca e Lina), nacque a Rossano il 12 maggio del 1901 da Enrico e da Gemma Mazzei originaria di Cassano allo Jonio. Il padre era un affermato penalista rossanese e agli esordi del fascismo ricoprì anche la carica di sindaco di Rossano.
Orientato agli studi, dopo l’iniziale formazione frequentò la facoltà di giurisprudenza a Napoli, dove conseguì la laurea all’età di 21 anni. Seguendo le orme paterne abbracciò la professione forense tanto che a soli 22 anni patrocinò il suo primo e impegnativo processo.
La sua carriera forense fu un susseguirsi di successi, tanto da determinare nell’ambiente dell’avvocatura e non solo una generale e incondizionata stima.
Pur non essendo sposato ebbe al suo fianco una compagna originaria di Torino, Chiara Ravotto, e un figlio adottivo, Maurizio Rizzo Striano. Nonostante l’appartenenza a famiglia fascista fu difensore e fautore delle idee liberali e progressiste e nel corso della vita diede sempre testimonianza delle sue convinzioni riformiste. Da socialista antifascista, nel dicembre del 1924, sottoscrisse una apposita raccolta di firme, denunciando l’assassinio di Paolo Cappello, il giovane operaio edile di Cosenza attivista socialista, vittima della violenza fascista. Atto che mise in luce e confermò quella che era la sua tendenza politica.
Con la caduta del fascismo e l’arrivo degli alleati nella regione, il prefetto fascista Enrico Endrich, ancora in carica, con un decreto del 18 ottobre 1943, ratificato dal comandante alleato di Cosenza, a decorrere dal successivo 23 ottobre lo nominò Commissario Prefettizio di Rossano, nomina confermata dal nuovo prefetto, l’avv. Pietro Mancini.
Il Comune di Rossano, in quel momento, conosceva una situazione economica alquanto disastrosa. Nel suo nuovo ruolo, don Mimì, com’era noto, si trovò a governare la difficile congiuntura. Vi fece fronte provando ad aumentare le entrate patrimoniali del Comune. Tra le misure intraprese vi fu l’affitto della Foresta demaniale di Sant’Onofrio, un’area boschiva di complessivi 3.000 ettari. Inoltre, ad alcuni braccianti non proprietari, dietro il pagamento di 1 tomolo e ¼ di terratico, affidò circa quaranta quote variabili tra 1 e 2 tomolate. Rimase in carica nelle sue funzioni fino al 16 ottobre 1944, sostituito poi dall’altro rossanese avv. Maurizio Minnicelli.
Il clima politico in città non era dei migliori. Il 22 febbraio 1945, espressione del CLN cittadino, si arrivò alla formazione della prima giunta antifascista guidata dal sindaco Cesare Renzo Garrafa, un industriale cosentino. Il repentino peggioramento della condizione economico sociale dei cittadini portò fatalmente a diffuse contestazioni che sfociarono nella sommossa del 5 agosto 1945. In città era voce unanime che nel resto della provincia, meno che a Rossano, si ripartiva la farina.
La situazione degenerò con l’assalto del palazzo comunale prontamente difeso dalle forze dell’ordine. La circostanza condusse migliaia di persone presso la casa dell’avv. Rizzo chiedendone a gran voce di assumere la carica di sindaco. In un clima così infuocato furono proprio i suoi suggerimenti e la sua accortezza a dissuadere la folla inferocita e a fare in modo che la situazione non degenerasse in maniera sanguinosa.
Per la lista del Fronte Democratico Popolare, nel 1948, venne candidato al Senato nel collegio di Rossano. I suoi discorsi e le assemblee da Lui presenziate divennero incontri da non perdere per la sua facilità di parola e per il modo di comunicare. Le piazze e le vie di Rossano e Corigliano, centri più numerosi del Collegio elettorale, erano sempre affollate di gente che intendeva ascoltarlo.
Fu eletto al Senato con oltre ventitremila voti. Entrò in Parlamento, nel quale affrontò la soluzione dei problemi ricorrendo alle sue armi migliori: la matura abilità dialettica e la singolare competenza giuridica. Doti che gli valsero l’apprezzamento dei colleghi senatori. Ebbe il ruolo di relatore di minoranza per il PCI-PSI sui problemi riguardanti il sistema elettorale maggioritario (Legge Scelba), per la legge che introdusse il reato di apologia del fascismo e per la Legge Merlin. (continua)
Bibliografia
▪ Franco Emilio Carlino, in Dizionario biografico della Calabria contemporanea, a cura di Pantaleone Sergi, ICSAIC 2021 – 5, [https://www.icsaicstoria.it/dizionario/rizzo-domenico/];
▪ Angela Maria Politi e Luca Alessandrini, Nuove fonti sui processi contro i partigiani 1948-1953. Contesto politico e organizzazione della difesa, in Italia Contemporanea 178, 1990, pp. 42-62;
▪ Maurizio Rizzo Striano, Processo ai partigiani, Corbo, Ferrara 2012;
▪ Fausto Cozzetto, Ottanta anni di vita politica e amministrativa (1916-1996), in Fulvio Mazza (a cura), Rossano. Storia cultura economia, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996, ad indicem.
▪ Martino A. Rizzo, Don Mimì Rizzo, un principe del Foro, «Informazione e Comunicazione», 28 ottobre 2020, http://anticabibliotecacoriglianorossano.it/wp-content/uploads/2020/10 /Rizzo-Martino-A.-don-Mimi-Rizzo-un-principe-del-Foro.-Informazione-e-Comunicazione-28.10.2020.pdf
▪ Avv. Domenico Rizzo, don Mimì, https:// https://anticabibliotecacoriglianorossano.it/librigiornali-articoli/rossanesi/avv-domenico-rizzo-don-mimi/;
▪ Senato della Repubblica – Scheda di attività di Domenico Rizzo – I Legislatura, http://www.senato.it/leg/01/BGT/Schede/Attsen/00006916.htm