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Santa Sofia d’Epiro: etimologia del nome, storia e peculiarità di questo borgo arbëreshë

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La presente migrazione culturale, il continuo spostarmi da un borgo all’altro percorrendo le vie della ricerca, è finalizzata alla conoscenza di alcuni borghi italo-albanesi. Col presente contributo si vuole conoscere Santa Sofia d'Epiro un borgo arbëreshë della provincia di Cosenza, sistemato sui declivi nord-occidentali della Sila Greca, tuttora integro nelle sue consuetudini, nell’uso della lingua madre, nell’attuazione del rito greco-bizantino e nell’utilizzo dei tradizionali costumi. 

Il territorio di Santa Sofia, confinante con i Comuni di Acri, Bisignano, S. Demetrio Corone e Tarsia nella parte destra della bassa valle del Crati, si adagia su un pianoro dei numerosi pendii delle secondarie diramazioni della catena montuosa silana che, tra collinette e valloni, protendono sfumando in una zona più pianeggiante sino a toccare i litorali del fiume Crati.  

Il centro urbano si trova alle pendici della Serra Crista d’Acri, proprio al frontone del torrente Galatrella ad un’altitudine sul livello del mare di 558m, con una differenza altimetrica compresa tra 52m la minima e 776m la massima. Il Comune fa parte della Comunità Montana Destra Crati Regione Agraria n. 13 - Medio Crati Orientale Area Minoranza Linguistica Albanese (Arbëresh).

La superficie del suo territorio è di 39,67 kmq sulla quale abita una popolazione di 2.569 abitanti chiamati Sofioti comprensiva di M 1.240, F. 1.329 e una densità abitativa di 64,8 residenti per kmq, dati Istat 2016.

Relativamente alla situazione dei fuochi secondo le informazioni offerte dal Giustiniani1 sembra che la prima tassa nota sia quella del 1545, che fu di fuochi 104. Quella del 1561 di 140, del 1595 di 186, del 1643 di 170, e del 1669 di 172. Per quanto interessa, invece, l’andamento demografico si fa riferimento ai dati Istat noti dopo l’Unità d’Italia che sono i seguenti: 1861 anno nel quale si registrò il minimo storico (1.698), 1871 (1.962), 1881 (1.735), 1901 (2.040), 1911 (1.930), 1921 (1 .940) periodo in cui il borgo subì una forte emigrazione verso le Americhe, 1931 (2.063), 1936 (2.694), 1951 (3.098), 1961 (3.048), 1971 (2.791), 1981 (2.679), 1991 (3.095) 2001 (3.131) massimo storico raggiunto, 2016 (2.569).

L’abate F. Sacco la descriveva come una “Terra nella Provincia di Cosenza, ed in Diocesi di Bisignano, situata sopra un colle, d'aria salubre, e nella distanza di sei miglia da Bisignano, e di ventidue dalla Città di Cosenza, che si appartiene nella giurisdizione civile al Regio fisco, e nella criminale alla Famiglia Sanseverino, Principe di Bisignano. Questa Terra abitata da Albanesi di Rito Greco, i quali vi furono invitati da Erina Castriota, Principessa di Bisignano, e Madre di Berardino, Sanseverino, ha una Parrocchia sotto il titolo di Sant'Attanasio; due pubbliche Chiese di mediocre struttura; ed una Confraternita Laicale sotto l'invocazione di Santa Sofia. Le produzioni del suo territorio sono grani, legumi, frutti, vini, e pascoli per armenti. La sua popolazione ascende ai millecento settantotto sotto la cura spirituale d'un Arciprete di Rito Greco; sebbene cogli Albanesi di Rito Greco vi siano mescolate molte Famiglie Latine nelle quali si osserva la confusione di due Riti”2.

Alle suddette informazioni si aggiungono quelle del Giustiniani, il quale riporta che “questa terra si crede surta dopo essersi distrutti i Casali di Appio, Santasofia, Li-Musti, e Pedolati, i quali vengono menzionati da una cedola di "Roberto del 1331, da me altra volta citata, e in una platea esistente nell'archivio Vescovile della città di Bisignano. Si vuole, che rimanessero distrutti da terremoti, a' quali è stata sempre soggetta quella nostra provincia”3.

Per quanto riguarda l’etimologia del nome, questo si riferisce alla venerazione che i Sofioti hanno per Santa Sofia, anche se il patrono del paese è Sant'Atanasio il Grande festeggiato solennemente il 2 maggio. Per quanto se ne conosce la sua fondazione risalirebbe al XV secolo per opera di Albanesi sfuggiti all’invasione turca, tuttavia non mancano coloro che indicano la sua edificazione anteriore a tale periodo e a seguito della distruzione dei Casali di Appio, Li-Musti, Pedolati e Santasofia da cui poi il nome attuale, come non è da escludere una sua edificazione al periodo dell’ingresso dei Bizantini nel principato di Salerno e alla conseguente occupazione di Rossano che ne fu poi capitale dell’Impero, di Bisignano e Cosenza.

Feudalmente, il borgo, di origini bizantine, risalirebbe al X secolo come feudo della Curia di Bisignano. Alla metà del sec. XIV si rese disabitato insieme agli altri villaggi vicini a causa della epidemia della peste e solo intorno alla metà del XV secolo si ripopolò grazie ai profughi albanesi ospitati dal vescovo di Bisignano. In seguito, secondo le note di G. Valente4, il Casale appartenne ai principi Sanseverino di Bisignano fino al 1573, per poi passare ai Vezze ed infine nel 1576 ai Milizia, per successione femminile, che lo detennero fino all’applicazione delle leggi sulla eversione della feudalità (1807).   

Terminato il feudalesimo in applicazione della legge 19 gennaio 1807 dei Francesi che prevedeva l’ordinamento amministrativo della Calabria, Santa Sofia diveniva Luogo, cioè Università nel Governo di Bisignano. Con il successivo riordino dei Comuni e dei Circondari, per effetto del decreto 4 maggio 1811 Santa Sofia veniva affidato al Circondario di San Demetrio. Nel 1873 al nome di Santa Sofia venne aggiunto il nome d'Epiro.      

Ai successivi eventi risorgimentali, come ci tramanda ancora lo storico G. Valente, vi presero parte alcuni Sofioti, fra cui “don Aniceto, don Antonio, don Attanasio, Bruno, Demetrio, don Francesco, Giuseppe, Luigi, don Luigi, don Pietro Paolo ed Umile Baffa; Carlo Barci; Gennaro e Michelangelo Becci; Nicola Brunetti; Angelo e Nicola Bugliari; Gaetano Canadé; Andrea Caravana; don Domenico e Giuseppe Cardamone; don Domenico, don Giovanni e Pietro Cortese; Giovanni Curci; don Giovanni Ferriolo; Attanasio Frontera; don Angelo Guido; don Benedetto Lopez; Antonio Maimone; don Francesco e don Giuseppe Marchianò; Domenico Macci; Francesco Mazzei; don Giuseppe Miceli; Gabriele, Giovanni, Giuseppe e Paolo Miracco; Angelo Murano; Giovanni Nucci; Giovanni Pizzi; Giovanni Scarpelli; Giuseppe e Salvatore Sica; Giuseppe Trotta5. Ed è sempre il Valente che ci offre l’elenco di alcuni personaggi di rilievo nati a Santa Sofia come “Stefano Baffa, poeta; Michele Baffa, scrittore (sec. XIX); Pasquale Baffi, letterato (1749-1800); Renato Bugliari, scienziato (1876-1954); Angelo Masci, giurista (1758-1821); Giuseppe Masci, Letterato (sec. XIX); Francesco Bugliari, Vescovo (1742-1806)”6, quest’ultimo fu anche presidente del Collegio di Sant'Adriano.   

L’agricoltura e la pastorizia da sempre rappresentano il vero motore della sua economia. Ampia la coltura dell’olivo, della vite da cui si estrae ottimo olio e vino, alberi da frutta in particolar modo fichi oltre che grani, legumi e pascoli.

Anticamente molto diffusa era la coltivazione del gelso il quale forniva un forte contributo all’artigianato tessile della seta. Ottima anche la presenza di boschi di querce e castagni. Il suo territorio, proprio perché lambisce anche le rive del lago di Tarsia, include anche una porzione della omonima riserva naturale. Si tratta di una delle più rilevanti oasi lacustre di fondamentale valore, nella quale è possibile avvistare tante specie di uccelli tra cui la Cicogna Bianca e l'Airone Rosso. Importante anche il patrimonio zootecnico, prevalentemente di ovini e caprini.

Relativamente all’aspetto urbanistico, il Centro storico del borgo, come quasi la totalità dei centri albanesi, si caratterizza per la peculiare disposizione delle abitazioni. Tuttora vengono custoditi significativi ornamenti e portoni in pietra sui quali fanno mostra di sè interessanti stemmi gentilizi, verosimilmente appartenenti ai nuclei familiari allargati. La predisposizione urbanistica delle diverse abitazioni è progettata in modo da avere un confine ben circoscritto nel quale gli stessi gruppi parentali si possono muovere ed insieme preservare con fierezza le loro origini e le loro consuetudini; abitazioni fatte nascere, pertanto, secondo lo stile urbano della gjitonia, ossia (vicinato) la cui particolare caratteristica era la disposizione dei rioni strutturati a cerchio tutti intorno ad uno slargo, ad uno spiazzo centrale o ad una piazza, con le vie molto strette e i sottopassi posti tra le abitazioni.

Tra le istituzioni di interesse troviamo la Biblioteca Civica dedicata ad Angelo Masci, giureconsulto, il quale fu Procuratore Generale della Corte d’Appello di Napoli, il Museo del Costume ubicato nel palazzo Bugliari nel quale si può apprezzare l’autentica e integrale ricomposizione del costume proprio e caratteristico della donna albanese, relativo ai momenti più importanti della vestizione femminile quali possono essere quelli usati quotidianamente, quelli indossati in occasione delle cerimonie solenni di festa, oppure del matrimonio od ancora per esprime il proprio dolore nelle circostanze di lutto. Tra gli edifici di un certo interesse architettonico si ricordano: i palazzi: Bugliari, dei Vescovi, alle spalle del quale affaccia proprio il Museo del Costume, Ferriolo, Baffa Trasci, Becci, Lopes, Giannone.

Santa Sofia è anche sede del Museo di Storia Naturale della Calabria nel quale è possibile ammirare uno spaccato riservato all'Erbario del Crati nel quale sono raccolte e raffigurate le diverse specie vegetali del luogo. 

Tra i monumenti, che arricchiscono l’aspetto architettonico del borgo troviamo quello che ricorda i Caduti per la Patria, quello dedicato agli Albanesi d’Italia ed infine quello che ricorda la figura del paleografo e grecista Pasquale Baffi.

Sotto il profilo religioso Santa Sofia d’Epiro, come gli altri borghi del territorio arbëreshë fa parte dell’Eparchia di Lungro alla quale fanno riferimento le Chiese di Santa Venere, di Sant'Atanasio il Grande e di Santa Sofia Martire.

La Chiesa che ricorda Santa Venere risale al XVII secolo e secondo alcune informazioni venne eretta per volere di una distinta famiglia alla periferia dell’attuale centro storico nella omonima contrada dove si accamparono alcuni albanesi della seconda ondata. Al suo interno conserva una tela di Santa Venere, verosimilmente del Seicento ed alcuni lavori di Josif Droboniku, ricercato artista e pittore albanese.

La Chiesa di Santa Sofia Martire, posta sulla estrema parte orientale del borgo secondo le diverse ricerche storiche risulta essere il primo edificio religioso del luogo. Per quanto se conosce venne innalzato nel corso dell’espansione bizantina e tuttora conserva alcune peculiarità della tecnica costruttiva originaria. Al suo interno sono custodite preziose tele ed immagini sacre rappresentate da alcuni artisti Jeromonaci provenienti dal monastero di Grottaferrata. Il prospetto principale presenta quattro aperture ad arco affiancate tra loro che seguono l’andamento del tetto. La stessa è sovrastata da una torre campanaria che presenta due ulteriori aperture ad arco nelle quali sono collocate le campane.

La Chiesa di Sant’Attanasio il Grande a unica navata con abside quadrata è la chiesa Matrice del borgo nel quale è praticato il rito greco-bizantino. La sua edificazione, avvenuta nella piazza principale di Santa Sofia, risale al 1742. La facciata principale è sovrastata da una torre campanaria quadrata, con orologio, dove su ogni lato sono presenti due aperture ad arco. L’espressione stilistica dell’edificio religioso richiama la tecnica dell’architettura neoclassica successiva a quella dello stile barocco. Nel secolo passato più volte fu sottoposta ad interventi di restauro e rifacimento. Nella costruzione rimane evidente la sua vecchia configurazione per la celebrazione del rito latino anche se ora il suo interno è disposto splendidamente per la celebrazione del rito greco-bizantino con le pareti e la volta che mostrano gli affreschi del pittore cretese Niko Jannakakis. 

Infine, la Cappella dedicata a Sant’Attanasio. Una costruzione in stile bizantino, poco distante dal centro storico del borgo ed innalzata sul finire del XX secolo proprio su un preesistente luogo di culto consacrato allo stesso santo. Anche in questo edificio sono conservati alcuni importanti affreschi di Josif Droboniku.

 

Bibliografia

[1] Cfr. Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli, Tomo VIII, Napoli 1804, pp. 310-311.

2 Abate Francesco SACCO, Dizionario geografico Istorico Fisico del Regno di Napoli, Tomo III, Presso Vincenzo Flauto, Napoli, MDCCXCVI, pp. 361-362.

3 Ibidem, Lorenzo GIUSTINIANI, op. cit. pp. pp. 310-311.

4 Cfr. G. VALENTE, Dizionario della Calabria, M-Z, Edizione Frama’s, Chiaravalle Centrale (CZ), 1973, p. 959.

5 Ibidem, G. VALENTE, p. 961.

6 Ibidem, G. VALENTE, p. 961.

 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica