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Perché c’è il Male?

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        Chi impiega il tempo a vagabondare tra i libri, quasi per certo sa che Pierre Eyquem, signore di Montaigne e padre di Michel, aveva voluto che i giorni del figlio fossero cullati dalle brezze più tenere. Il bimbo veniva risvegliato al suono della viola, perché per gradi le dolcissime note lo conducessero dalle gallerie del sogno alla luce del mattino. Un pedagogo e due suoi aiutanti, tedeschi e ignari tutti della lingua francese, non gli parlavano se non in latino, che egli così apprese “senz’arte, senza libro, senza grammatica o precetti, senza frusta né lacrime.” Senza frusta né lacrime... Secoli dopo, Jacques Maritain avrebbe splendidamente sostenuto che vale solo quell’educazione volta a formare “esseri che esistano volentieri”. Se il mal della pietra, se un’epidemia di peste, se le sempre riaccese guerre di religione daranno a Michel de Montaigne ansie e dolori, ogni pagina sua avrà la cadenza e l’aroma di chi è felice di essere al mondo.

         Nei tempi in cui le guerre di religione s’avviavano al termine, in un castello di Normandia, la giovane delicata ipersensibile consorte d’un conte cinquantenne, spietato uomo d’arme, alto forte egoista brutale e d’aspetto ispido e ingrato, diede alla luce, nel terrore, un bimbo che, settimino, sarà maledetto dal padre che erroneamente lo attribuirà ai mai consumati amori tra la donna e un cugino di lei. L’affetto della madre e la saggia e benevola vigilanza del medico che ne aveva assistito la nascita salveranno da morte il povero esserino, che crescerà sparuto e fragile, e avrà il nome di Étienne, e brillerà di sola ma purissima bellezza spirituale. Étienne conoscerà l’amore, nella persona, ingenuamente appassionata ed egualmente fragile, di Gabrielle, figlia del medico di cui s’è detto. Il volgare iracondo egoismo del padre, oramai duca, pari di Francia e governatore di Normandia, condurrà a morte i due ragazzi. Sorridente e amorosa saggezza l’infanzia di Michel, rifiuto e terrore l’infanzia di Étienne. La cui storia è inventata. È frutto, infatti, del genio di Balzac, che la dipana in un lungo racconto intitolalo L’enfant maudit (“Il bimbo maledetto”).

         Perché c’è il Male?

         In un tempo della mia vita che non definirò; in una città forse d’Italia che a più forte ragione ha da restare ignota, con un gruppo di amici ebbi a frequentare un’ancor giovane coppia che aveva due gemelli: uno, che chiamerò Michel, bello sano e radioso; e l’altro, Étienne, cui nell’atto di nascere il cordone ombelicale si era aggrovigliato addosso guastandogli lo scheletro, deformandogli il cranio, dannandolo all’ebetudine di una pena senza remissione.

         Cercavamo risposte, gli amici ed io. Nostro era il tempo, e parlammo parlammo parlammo... Rassegnazione, Dio, destino, riscatto, necessità ignota ma certissima, non furono che alcune delle liane cui ci sforzammo di aggrapparci per non scivolare nell’acquitrinio che ribolliva ai nostri piedi. Uno di noi, uno di quelli che vivono convinti che il loro partito politico sia tutto luce e l’altro, quello altrui, pura tenebra, si disse certo che l’ostetrica che aveva guidato la nascita di Michel, allontanandosi a fornirgli le primissime cure, aveva lasciato che alla nascita di Étienne collaborasse un’ostetrica ciuca messa lì dal partito malvagio. Il nostro sprezzo si fece silenzio. Ma lui era troppo beato, del partito e di sé, per potersene accorgere. E noi tornammo ad affannarci, ad ansimare a caccia di risposte, e ci affanniamo ancora, ci affanneremo sempre, sempre ci scuoteremo, con moti sempre più convulsi, a tentar di destarci da un incubo ogni volta più vasto e tenace degli sforzi nostri...

Raggio di sole che declinando irrompi per la mia finestra e ti vieni a posare sul foglio che copro d’inchiostro, perché c’è il Male? Dimmelo tu, raggio di sole, se lo sai. Dimmelo, prima che venga la notte, a inghiottire te e me.

Ettore Marino
Autore: Ettore Marino

Lettore, se ne hai curiosità, sappi che Ettore Marino, arbërèsh di Vaccarizzo Albanese, è nato a Cosenza nel 1966; che ha collaborato e collabora con varie gazzette cartacee e digitali; che per Donzelli Editore è uscita, nel 2018, la sua "Storia del popolo albanese. Dalle origini ai giorni nostri"; che nel 2021 è diventata libro, per le Edizioni "ilfilorosso", una sua raccolta di liriche intitolata "Patibolo"; che nell’Aprile del 2022 ha pubblicato, per Rubbettino Editore, "Un quadrifoglio, verde tra le spine. Traduzioni da poeti italoalbanesi"; che ha scritto molte altre cose di cui va talora chiedendosi se resteranno sempre inedite; che è arcilieto di collaborare con L’Eco dello Jonio; che il Covid, di cui pure ha patito, non gli ha fatto dismettere l’uso del tabacco; che ignora quando e come morirà.