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Quella festa d’estate che apriva il mese di “ferie”: ‘A Maronna e ru’ Carmine

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CORIGLIANO-ROSSANO - Nel cuore popolare del centro storico di Rossano, soprattutto nella popolazione più anziana che ancora tiene alta la bandiera della tradizione e della memoria, c’è una ricorrenza di fede con radici antichissime. È la festa della Madonna del Carmine, “seconda” soltanto al culto della Vergine Achiropita nei vicoli stretti della grande città bizantina.

È una festa predominante, anche con il passare degli anni, perché non solo rappresenta un’ancora religiosa molto forte ma per il rossanese verace, quello che vive da sempre arroccato attorno alla leggendaria Torre del giglio, rimane il primo vero giorno dell’inizio dell’estate. Una credenza antichissima.

In una società prevalentemente agricola e pastorale il 16 luglio era uno spartiacque: si completava la transumanza, la raccolta del grano e del fieno e – di fatto – ci si preparava a vivere un nuovo inverno. Insomma, un lungo e lento sabato del villaggio di leopardiana memoria.

Insomma, si andava in ferie e iniziavano i festeggiamenti estivi che si sarebbero conclusi, poi, a distanza di un mese, con le grandi celebrazioni della Festa dell’Achiropita il 15 agosto.

Come era la festa della madonna del Carmine? Nel rione del Carminello (ovviamente non poteva avere nome diverso), qualche secolo fa, venne edificata una piccola cappella dedicata proprio alla Vergine del Monte Carmelo. All'interno vi era la statua lignea raffigurante la Madonna con in braccio il Bambino Gesù e ai piedi cinque anime del Purgatorio da portare in salvo. La Madonna del Carmine, infatti, è considerata la Vergine che salva le anime in pena nel Purgatorio. La statua venne poi spostata all'interno della chiesa di San Martino (quartiere agli antipodi del Carminello), ove tuttora si trova.

Ed ogni anno, oltre ai solenni festeggiamenti del 16, anche alla vigilia, quindi il 15 luglio, si fa qualcosa di bello. Vale a dire gli altarini in onore della Madonna del Carmine in molte vie del centro storico. Una reminiscenza della cultura pastorale e agricola. Tradizione quasi ormai scomparsa, purtroppo. Sono rimasti davvero in pochi i fedeli che in onore della Madonna del Carmelo, alla vigilia adornano l'altarino. Fatto di un'immagine della Vergine, un Crocifisso, fiori e tovagliette di lino ricamate a mano. Una tradizione, come dicevamo, che si sta perdendo. Ma che è ancora viva nei ricordi di chi continua a farla e anche di chi, per un motivo o per un altro, non la fa più.

Era una festa lunghissima che durava per due giorni, proprio come quella in onore dell’Achiropita. Si iniziava nel pomeriggio con la preghiera, che durava per tutta la notte tra il 15 e il 16. Ovviamente era festa per l’anima ma anche per rinsaldare i rapporti di vicinato attraverso la convivialità. Agli altarini delle veglie si portava anche qualcosa da mangiare, per vivere insieme questo momento di particolare fede religiosa in onore della Vergine. Il giorno della Processione della statua della Madonna del Carmine, questa passava davanti agli altarini e vi faceva una piccola sosta. Un particolare curioso, che in molti ricordano. Vi era anche un personaggio indimenticato, mastro Gennarino "u coraràr", che vendeva dei particolari petardi di cartone che venivano poi accesi al passaggio della statua della Madonna del Carmine. Un momento molto atteso, soprattutto tra i tanti ragazzini che partecipavano alla processione con gioia e convivialità.

Cosa è rimasto di tutto questo? Purtroppo poco. A dire la verità – causa la pandemia da Covid-19 – di tutto questo oggi non c’è nulla. Ma si spera sempre che, facendo leva su quegli sprazzi di memoria che ancora rimangono e resistono, presto si possa ritornare a celebrare questa e tutte le altre ricorrenze religiose che a Rossano, a Corigliano-Rossano, al Sud rimangono gli unici veri momenti di festa comunitaria.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.